OLIVIERO TOSCANI: LA COMUNICAZIONE SOCIALE IN AZIENDA, PRIMA CHE ESISTESSE

Raccontare Oliviero Toscani significa raccontare la storia della comunicazione sociale in Italia: il suo sodalizio con Benetton ha permesso al fotografo di veicolare valori e messaggi politici attraverso una pubblicità che non era nata per farlo

di Maurizio Ermisino

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Raccontare Oliviero Toscani, il famoso fotografo scomparso lunedì scorso dopo una lunga malattia, non significa solo raccontare un grande artista, ma la storia della comunicazione sociale in Italia. Anzi, ancora di più: significa raccontare la comunicazione sociale d’azienda quando ancora non esisteva, quando ancora non si parlava di corporate social responsability, di cause related marketing, di purpose. Tutti nomi di cui oggi addetti ai lavori e aziende si riempiono la bocca. Tutte pratiche ormai codificate, ormai entrate nella normale comunicazione d’azienda. Ma in quei lontani anni Ottanta e Novanta nessuno pensava che le aziende dovessero fare comunicazione sui valori, ma solo vendere prodotti. Solo fare pubblicità. Da quando nasce il sodalizio tra Oliviero Toscani e Benetton, infatti, nel 1982, il fotografo italiano capisce che quegli spazi acquistati dall’azienda sulle pagine dei giornali e dei cartelloni erano un’enorme cassa di risonanza su cui parlare dell’attualità. Non era una persona da cose scontate, Toscani. D’altra parte, quando a soli 14 anni aveva accompagnato il padre a Predappio, per le esequie di Mussolini, iniziò a scattare e non si soffermò sulla cerimonia, ma sulle espressioni del volto della moglie Rachele. E quella foto finì sul Corriere della Sera.

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Benetton Group. “ Angelo e diavolo”, 1991. Credits: Oliviero Toscani

Sui cartelloni pubblicitari si vedeva il mondo

Quello scatto a Donna Rachele mostrava uno sguardo diverso, sul particolare più che sul totale, su ciò che gli altri non vedono mentre guardano tutti nella stessa direzione. Così come nella collaborazione con Benetton. Mentre tutti, sui cartelloni, esponevano i loro prodotti, Oliviero Toscani metteva ciò che vedeva nel mondo: i cambiamenti della società, i problemi, le opportunità, il disagio. Così immagini forti, che non sarebbero mai uscite, in grado di scuotere le coscienze, apparivano lungo le strade di tutta Italia a caratteri cubitali. Per la prima volta e con la potenza di fuoco di una grande azienda.

La fine del rapporto con Benetton

Per la prima volta, in pubblicità, si parla così di contrasto al diffondersi dell’AIDS, di abolizione della pena di morte, di lotta all’omofobia. E ancora di mafia e di pace. Proprio una coraggiosa campagna contro la pena di morte portò alla fine del rapporto con Benetton, nel 2002 (sarebbe poi tornato nel 2017-18): l’utilizzo di fotografie di reali condannati a morte diede il via una serie di azioni di ritorsione contro l’azienda. Toscani si era spinto troppo oltre: ma non è mai stata nelle corde del personaggio l’idea di fermarsi, di darsi dei limiti. Negli anni seguenti le sue campagne (come quella per RaRe, dedicata all’omofobia, e Nolita Pocket, contro l’anoressia) andranno spesso a sfidare i principi dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria.

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Benetton Group. “Cuori”, 1996. Credits: Oliviero Toscani

Oliviero Toscani: lo shockvertising

Chi ha vissuto gli anni Novanta, quelli in cui è esplosa la comunicazione di Toscani per Benetton, sa che ogni campagna era un evento e ogni sua nuova creazione era come il sequel di un libro o di un film. Certo, l’opinione pubblica non era spesso d’accordo, a livello etico, con l’idea alla base di queste campagne. Per alcuni, la pubblicità avrebbe dovuto restare tale, per altri l’idea di dare risalto a dei valori poteva anche essere un fine nobile, ma le immagini erano spesso troppo scioccanti: si parlò infatti di shockvertising (shock advertising). Per altri ancora, la pratica sarebbe stata scorretta: perché i messaggi di carattere sociale avrebbero dato dei vantaggi alla marca che li veicolava. La Corte Federale di Francoforte ha deliberato che la descrizione fotografica di miserie e disgrazie abbia causato un sentimento di solidarietà verso il brand Benetton, a cui quei sentimenti di sgomento portano notorietà.

Contro il razzismo

Sono molte le campagne di Toscani per Benetton ad aver lasciato il segno. È famosa quella che ritrae un bambino bianco e uno nero uno accanto all’altro, ma con una glossa provocatoria: il bianco con i riccioli biondi, l’altro con capelli acconciati come a formare due corna e ad evocare un angelo e un diavolo, bene e male, per una campagna che vuole, con la provocazione, mettere alla berlina chi ancora etichettava le persone secondo la razza. Una campagna contro il razzismo tornata in un’altra immagine, quella di due mani, una bianca e una nera, legate insieme da delle manette. Contro il razzismo c’è anche la foto che ritrae tre cuori, perfettamente uguali, con le scritte: bianco, nero, giallo. È famosa la foto del bacio tra un prete e una suora, ancora un gioco tra bianco e nero e anche una riflessione sulla castità del clero.

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Benetton Group. “Preservativi”, 1991. © Oliviero Toscani

La campagna per la sensibilizzazione sull’AIDS

Tra le iniziative più famose di Toscani c’è la sensibilizzazione sull’AIDS. È del 1991 la scioccante e commovente immagine di un malato di AIDS, a letto, ormai in fase terminale, con accanto la sua famiglia che lo abbraccia e si stringe intorno a lui. La luce e l’espressione del soggetto, la composizione degli elementi intorno e i colori ne fanno quasi un’immagine degna di un’iconografia sacra. Più pop, ed egualmente forti, sono le immagini dei preservativi colorati (che in maniera geniale si legano al brand, United Colors Of Benetton), che in una versione vanno a comporre i cinque cerchi olimpici. A proposito di colori, gioca invece in modo beffardo con la moda, un messaggio contro la guerra: in scena ci sono pantaloni e maglietta, ma sono dei calzoni mimetici e una t-shirt sporchi di sangue di un soldato vittima di guerra. A proposito di composizione, l’immagine per la campagna Omicidio della mafia sembra davvero quella di un quadro, che potrebbe essere quello di Goya.

Contro la pena di morte

La campagna più nota e controversa è probabilmente quella già citata contro la pena di morte, Sentenced To Death, del 2000, che ritraeva una serie di persone ospitate nel braccio della morte. La campagna ebbe un successo planetario. Ma lo Stato del Missouri lo accusa di aver ritratto queste persone con l’inganno: non avrebbe specificato che le immagini erano destinate a un uso commerciale. E Benetton, per evitare il boicottaggio di negozi e prodotti, terminò il suo rapporto con Toscani.

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Benetton Group. “Delitto”, 1992. Concept: Oliviero Toscani. Credits: Franco Zecchini/Magnum

L’anoressia e Razza umana

C’è stata vita dopo Benetton per Toscani. Altre campagne memorabili furono la campagna choc del 2007 contro l’anoressia nervosa, per il brand Nolita, che ritraeva la modella Isabelle Caro, fortemente colpita dalla malattia: il suo corpo nudo e segnato apparve in una serie di gigantografie in molte città. La modella morì tre anni dopo. Il 2007 è anche l’anno di Razza Umana, una delle sue campagne più importanti: una serie di immagini raffiguranti volti di tutte le etnie, espressioni, stati sociali, culture. Persone provenienti da tutto il mondo per dire che la razza umana è una e una sola. In proposito, aveva dichiarato: “In Razza Umana mi interessa la ripetitività dell’immagine, non la virtuosità della fotografia. Mi piace la ripetizione meccanica, come quella di una fototessera dalla quale emerge l’irripetibilità dell’essere umano. Per spiegare la nostra personalità non c’è niente di meglio che una fototessera: non serve andare dallo psicanalista, basta osservare quella piccola immagine e sappiamo chi siamo”.

 

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