OROMO: IN ETIOPIA LA REPRESSIONE È VIOLENTA
Ieri a Montecitorio, con il “Manifesto democratico del popolo etiope oppresso” chiedono aiuto al Governo contro l’eccidio dei connazionali in Etiopia
15 Gennaio 2016
«Chiediamo aiuto al Governo italiano. Chiediamo all’occidente di non sostenere ulteriormente la dittatura Tigre inviando denaro e armi. Non siamo politici, siamo Oromo. Ci rivolgiamo a Italia ed Europa perché la nostra gente in Etiopia sta morendo».
A parlare è Mohamed Aga Yussuf, presidente dell’associazione Oromo, che ha organizzato ieri a Roma, in Piazza Montecitorio, una manifestazione pubblica per richiamare l’attenzione del Governo sulla grave situazione che stanno vivendo i connazionali etiopi nella regione dell’Oromia.
L’Oromia è la regione più estesa e popolosa dell’Etiopia – Paese formato da oltre settanta nazioni e nazionalità – abitata prevalentemente dagli Oromo, primo gruppo etnico con oltre 40 milioni di abitanti ( circa il 32% della popolazione del paese) e dalla minoranza Amhara.
Gli Oromo stanno vivendo, ormai dal 2014, una persecuzione in nome del cosiddetto “Addis Ababa Master Plan”, piano di espansione della capitale Addis Abeba – enclave all’interno dei territori Oromo – portato avanti dall’attuale governo, nelle mani della minoranza Tigre, composto da circa due milioni di abitanti nella parte nord-occidentale dell’Etiopia.
In nome dell’ “Addis Ababa Master Plan”, gli Oromo continuano a subire la confisca delle terre che hanno occupato per oltre tremila anni. Così contadini rimasti senza nulla, famiglie sradicate, studenti hanno risposto ribellandosi all’appropriazione delle scarse risorse della zona da parte del governo e alla vendita di quei terreni ai paesi esteri. Una ribellione a cui il governo ha risposto con la forza militare. Il risultato è stato, solo nell’ultimo mese, la detenzione di oltre 4mila persone e la morte di altre 140. Persone normali, studenti, bambini, padri, famiglie. Numeri destinati a salire, come spiega Yussuf: «Gli scontri proseguono, si continuano a mietere vittime e chi si ribella viene condotto in carcere, affronta interrogatori, torture, deportazioni, omicidi. I sopravvissuti vengono allontanati dalle loro terre, dalle loro case, privati delle loro già scarse risorse». Così gli Oromo, popolo storicamente dedito all’agricoltura, composto di piccoli proprietari terrieri che dal lavoro della terra hanno da sempre tratto il proprio sostentamento, è costretto ad affrontare la fame. «Non siamo contro l’espansione della capitale, ma in questo modo i terreni vengono venduti a cinesi, arabi, indiani e l’Oromia viene privata di tutto e, di fatto, gli Oromo si sono trasformati in proletariato agricolo, ridotti all’indigenza, anche perché non trovano in Etiopia alcuna forma di sostegno», spiega Aga Yussuf, che con l’associazione Oromo ha redatto il “Manifesto democratico del popolo etiope oppresso”, un documento indirizzato a governo italiano e rappresentanza in Italia della Commissione europea, con il quale sollecita la comunità internazionale a dare sostegno alla popolazione etiope contro il terrorismo di stato portato avanti dalla minoranza Tigre.
Il manifesto ha l’obiettivo di fornire una corretta informazione sull’urgenza di un intervento appropriato da parte della comunità internazionale per porre un freno a questa situazione. In particolare gli Oromo chiedono un sostegno nella costruzione di un sistema di governo pacifico e democratico improntato a legalità, giustizia, rispetto dei diritti umani attraverso libere elezioni. Prima che sia troppo tardi.
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