OSSERVATORIO SULLE MIGRAZIONI: LE CRITICITÀ NEL LAZIO

Un sistema di accoglienza in degrado, una macchina amministrativa ingolfata e Roma tra le prefetture con i ritardi più gravi. La fotografia dell'Osservatorio sulle Migrazioni a Roma e nel Lazio, 19° rapporto di Idos e Istituto S. Pio V

di Laura Badaracchi

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Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio«Il sistema di accoglienza continua a contare posti inutilizzati e mal distribuiti e, nella Città metropolitana di Roma, soffre di un eccessivo accentramento di posti e persone in poche strutture, spesso di grandi dimensioni e gestite da enti profit: un approccio mercificatorio che estende ai Cas (Centri di accoglienza straordinaria) quanto avvenuto per i Cpr, Centri di permanenza per i rimpatri», definiti «centri-pollaio». Lo denuncia l’Osservatorio sulle Migrazioni a Roma e nel Lazio, 19° rapporto curato dal Centro Studi e Ricerche Idos insieme all’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e presentato nel pomeriggio del 19 giugno alla Sala della Protomoteca in Campidoglio. Nel 2022 gli stranieri residenti nel Lazio, dopo il calo del 2021, sono tornati a registrare una lieve crescita (+2,6%; in Italia +2,2%) e sono 634.045, l’11,1% della popolazione totale e il 12,3% degli stranieri residenti in Italia. Di conseguenza le acquisizioni di cittadinanza italiana registrano un +44,4%, attestandosi nel 2022 a 12.769: il 6% delle 213.716 registrate in tutto il Paese. «Crescono anche i permessi di soggiorno (421.703, +6,9%), principalmente per via dei nuovi rilasci, quasi raddoppiati nel 2022 e pari a 41.760 (il 9,3% di quelli concessi in Italia). Il 40,7% dei nuovi permessi è stato riconosciuto per motivi di asilo/protezione (17.010, +618,6%), nell’83,7% dei casi a profughi ucraini (14.235). Gli altri principali motivi dei nuovi rilasci sono per il 25,4% la famiglia (10.587, +8,6%) e per il 12,6% il lavoro (oltre 5 mila, +51,5%)».

Un sistema di accoglienza in degrado

Nervo scoperto e nodo da sciogliere? L’accoglienza di richiedenti asilo e profughi, «non tanto per la dimensione degli arrivi (rimasti stabili), quanto per lo smantellamento e il degrado strutturale del sistema di accoglienza, che decreti legge e capitolati di spesa svuota-servizi hanno finito per spezzare radicalmente in due: i centri Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), gestiti dai Comuni e generalmente ritenuti più virtuosi e funzionali all’inserimento, coprono ormai solo il 33,2% dei posti del Lazio (in Italia 36,7%), mentre il restante 66,8% è in capo ai Cas (Centri di accoglienza straordinaria), dove vengono relegati per mesi i richiedenti asilo in attesa di risposta, privati di servizi fondamentali, tra cui l’insegnamento della lingua italiana», osserva il rapporto. I dati sono impietosi: a fine 2022 i posti nei Cas erano 6.779 e, «contrariamente alla retorica dell’“invasione”, per il 3,4% risultavano inutilizzati nell’ultimo giorno dell’anno (228 posti vuoti), nonostante diversi grandi centri – come i Cas di Anzio e Fiano Romano – superassero la capienza massima accogliendo più persone rispetto ai posti». Due primati negativi per Roma: la Città metropolitana «ospita i Cas con la capienza media più alta d’Italia e ha gli unici due Cas del Paese con più di 300 posti: uno da 433 a Rocca di Papa e uno da 380 nella Capitale. Mancando una programmazione efficace, si opera in emergenza e si privilegiano le grandi strutture e i grandi enti gestori che, grazie a economie di scala, ammortizzano i costi e massimizzano i profitti a scapito di standard di trattamento dignitosi». Così fra i 52 enti gestori del Lazio si sono imposte «vere e proprie multinazionali dell’accoglienza e della detenzione, attive anche in altri Stati europei, che insieme a diverse altre grandi società amministrano quasi il 24% dei posti». Ponte Galeria risulta uno dei Cpr «più problematici in Italia», a motivo di «una progressiva privatizzazione dei servizi e un processo degenerativo che oggi rischia di essere esteso anche ai Cas e ai richiedenti asilo, facendo della detenzione amministrativa e dell’accoglienza straordinaria un unico grande sistema di isolamento sociale e punitivo dei migranti».

Lavoro: Roma tra le prefetture con i ritardi più gravi

Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio
Allo Sportello unico della prefettura di Roma sono pervenute 17.371 istanze. A oltre 3 anni dal termine di presentazione delle domande dovevano ancora esserne processate il 44,5%, più di 7.800 personesenza risposta e senza diritti

Sul fronte lavoro, «dei lavoratori che hanno ottenuto il nulla osta e il visto, ad attendere ancora di poter entrare in regione sono poco più del 16% per l’anno 2022 e poco più del 39% per il 2023 (a livello nazionale le quote sono, rispettivamente, del 6% e 29%). Inoltre, nel 2022 meno del 28% dei nulla osta si è trasformato in contratto di soggiorno (1.341 su 4.812). Una situazione particolarmente critica per la prefettura di Roma, dove il tasso di conversione è di appena lo 0,6% (10 contratti su 1.536 nulla osta)», denuncia l’Osservatorio. «Lentezze amministrative e controlli poco efficaci rendono i decreti flussi, per come gestiti fino ad oggi, uno strumento molto problematico che, da canale di ingresso legale, si trasforma in leva di produzione di irregolarità. Una macchina amministrativa ingolfata e la carenza di personale hanno anche inficiato la regolarizzazione del 2020 e, tra le prefetture con i ritardi più gravi, vi è ancora una volta Roma, al cui Sportello unico sono pervenute 17.371 istanze, ma che a fine settembre 2023 (a oltre 3 anni dal termine di presentazione delle domande) doveva ancora processarne il 44,5%, lasciando più di 7.800 persone – e i relativi datori di lavoro – senza risposta e senza diritti».

Servizio civile universale: 117 domande da giovani provenienti da 43 Paesi

Segnali di speranza arrivano da Claudio Tosi, coordinatore servizio civile Csv Lazio, che nel capitolo “Servizio civile universale con giovani migranti: molto più di un compito, un viaggio condiviso” racconta come opera la rete Giovani energie di cittadinanza, promossa da CSV Lazio per permettere ai giovani di fare un’esperienza di servizio civile in progetti che siano occasione di crescita e di formazione, oltre che di servizio concreto alla comunità, che conta 206 enti (quasi esclusivamente piccole associazioni di volontariato) e considera preziosa per tutti gli attori coinvolti l’apertura ai giovani di origine immigrata all’interno del Servizio civile universale (Scu). «Da quando il processo di domanda si è automatizzato e si è persa la possibilità di incontrare e conoscere e orientare i giovani nella scelta dei progetti, abbiamo deciso di aprire nelle Case del volontariato del Lazio sportelli rivolti a tutte e tutti, ma specificatamente pensati per giovani di origine straniera. Grazie al supporto dei volontari della Rete Scuolemigranti per la diffusione dell’informazione e alla flessibilità degli operatori delle Case per avere orari di apertura adatti anche a chi va a scuola, lavora o vive fuori mano, abbiamo tenuto aperti sportelli con i quali accogliere, orientare e seguire i giovani a presentare la domanda». Ragazzi e ragazze raccontano di «essere stati adeguatamente supportati dagli operatori degli enti, che li hanno accompagnati durante tutte le fasi iniziali, sottolineando una particolare cura nell’accoglienza. Continuare il percorso, questo è il vero scoglio per molti degli inserimenti che faticosamente si avviano, ma spesso si interrompono di fronte alle iniziali difficoltà. A meno che non scatti un senso di solidarietà, di inclusione». Quest’anno, «a fronte di 1.372 domande per i nostri 42 progetti, abbiamo accolto e finalizzato 117 domande da giovani provenienti da 43 Paesi, con una leggera maggioranza femminile, una bella presenza dall’Europa dell’Est con romeni, albanesi e ucraini particolarmente numerosi e il segno delle esperienze positive degli anni passati, che vedono moltiplicarsi le domande di afghani e camerunensi», riassume Tosi.

OSSERVATORIO SULLE MIGRAZIONI: LE CRITICITÀ NEL LAZIO

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