PANDAS: PICCOLE VITE SOSPESE DI CUI DOBBIAMO PRENDERCI CURA

Piccole Vite Sospese è il primo documentario italiano sulla sindrome PANS/PANDAS, basato sul libro omonimo di Cinthia Caruso. Di Stefano Moretti, è stato fortemente voluto da PANDAS Italia ODV e premiato al festival Uno sguardo raro

di Maurizio Ermisino

Pasadena, California, gennaio 1986. La sonda Voyager per la prima volta raggiunge e sorvola Urano. Nel laboratorio della Nasa un gruppo di scienziati sta seguendo la missione della sonda nello spazio. Tra loro c’è Chiara, una giovane scienziata italoamericana. La macchina restituisce numeri troppo grandi. Gli scienziati passano la notte a fare prove, ore e ore di controllo. Fino a che scoprono una cosa che sembra incredibile. Urano balla da solo, ruota facendo le capriole intorno al sole. Un’evidenza era stata sconfessata metodo scientifico. Lombardia, marzo 2014. I bambini sono a scuola e Chiara è assopita sul divano. Il telefono squilla. È la scuola di Giacomo, suo figlio sedicenne. A scuola, a pranzo, si è sentito male. Giacomo manifesta dei sintomi molto strani: dermatite, mal di testa, pensieri intrusivi, una sorta di allucinazioni, comportamenti ossessivo compulsivi. E un attaccamento alla madre: è angosciato dall’ansia di un pericolo imminente. Chiara pensa agli anni passati alla NASA, al metodo scientifico. Legge senza sosta, giorno e notte, i database degli articoli medici. E scopre questa malattia: Pandas. L’ipotesi è che in alcuni soggetti l’infezione da streptococco attivi degli anticorpi che attaccano il sistema nervoso centrale. Quei sintomi sono gli stessi che manifesta suo figlio. La storia di Chiara, un nome di fantasia, è quella che apre il film Piccole Vite Sospese, il primo documentario italiano di natura scientifico/narrativa sulla sindrome Pans/Pandas, basato sul libro di Cinthia Caruso intitolato Piccole vite sospese, pubblicato dalla casa editrice Carocci nel 2020. Il film, di Stefano Moretti, è stato fortemente voluto dall’associazione PANDAS Italia ODV e ha vinto il premio Menzione speciale Ricercatori IFO e il Premio Miglior Lungometraggio al festival Uno sguardo raro – Rare Disease International Film Festival, sul cinema dedicato alle malattie rare. È un film da vedere e far vedere, per informare i genitori e metterli in condizione di agire subito: perché con la terapia adatta questa sindrome si cura.

Se Giacomo non fosse stato figlio di una scienziata?

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Il libro di Cinthia Caruso intitolato Piccole vite sospese, pubblicato dalla casa editrice Carocci nel 2020

Chiara è un nome di fantasia. Ma la storia è vera. E come è andata a finire? Chiara chiede il test dello streptococco. Il medico rifiuta di fare il test e prescrive a Giacomo degli psicofarmaci, che lo fanno stare sempre peggio. Giacomo non può avere vita sociale e tornare a scuola. Via internet, Chiara trova un medico, a Empoli, che capisce l’entità della sindrome e le dice di andare in Città del Vaticano ad acquistare la penicillina che serve per curarla: in Italia non è importata perché non ha mercato. Dopo tre, quattro iniezioni gran parte dei sintomi scompaiono. Dopo cinque settimane Giacomo torna a scuola: ha 17 anni, è un ottimo studente e va matto per la pasta al ragù. Chiara da allora gira il mondo per raccontare la sua storia. Chiara ha avuto il coraggio di mettere in discussione quelle diagnosi e ha potuto dare al figlio immediatamente una stabilita psicologica. Se il disturbo si fosse cronicizzato nel tempo sarebbe stato difficile curarlo. Ha sentito una sorta di responsabilità di diffondere la conoscenza per aiutare le persone. La scoperta nasce dagli ostacoli, non è un percorso semplice. Cristoforo Colombo scoprì l’America perché la vecchia rotta per l’Asia era troppo scomoda. Ma la cosa che qui dobbiamo chiederci è: se Giacomo non fosse stato figlio di una scienziata avrebbe avuto un altro destino? È per questo che nasce un’associazione come PANDAS Italia ODV. Ed è per questo che nascono tutte le associazioni del mondo che si stanno occupando di questo.

 Pans: non solo streptococco

È stata la neuroscienziata Susan Swedo, nel 1998, a notare che in alcuni bambini si stavano manifestando dei sintomi molto simili: dei problemi nei movimenti, dei tic, dei comportamenti strani come il lavarsi le mani e andare spesso in bagno, la paura del buio, la paura a stare da soli. Si tratta di comportamenti ossessivi e non motivati. Ma manifestavano anche crisi di agitazione e di collera, disturbi del sonno, rush cutanei, comportamenti ossessivo-complusivi. I loro gesti, la scrittura e il disegno si modificavano fortemente. Attivavano movimenti delle dita strani, come se suonassero il piano. Spesso erano disturbi da post streptococco. Ma non è solo lo streptococco a causare questi problemi, possono essere tanti fattori. Nel settanta per cento dei casi si manifesta con un’infezione che riguarda il sistema nervoso: la cosa capita a soggetti geneticamente predisposti.  Per questo negli ultimi anni si parla di Pans, quando questi disturbi sono causati da una serie di fattori, non necessariamente un’infezione. Quando la Pans viene innescata da unno streptococco, siamo nel caso di Pandas.

È importante che questa malattia venga riconosciuta

È importante parlarne. È importante farla conoscere. È importante che questa malattia venga ufficialmente riconosciuta. Ancora non lo è, ma ci siamo quasi. Perché solo con il riconoscimento i bambini potranno accedere alle cure. Non intervenire subito vuol dire cronicizzare questo disturbo. Prima si fa la diagnosi e la terapia migliore è il risultato. Gli psicofarmaci, che in questi casi spesso vengono prescritti, causano più effetti collaterali che benefici. E devono essere usati solo per pochi bambini, che non rispondono alla terapia cognitivo comportamentale, che è la migliore da usare in questi casi. Oggi per curare la sindrome Pandas/Pans si usa ciò che si usa per le malattie autoimmuni: si tratta di approcci terapeutici complessi messi in atto da personale esperto, e da equipe multidisciplinari.

 Chi trova il medico giusto riesce a salvare suo figlio

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Il film, di Stefano Moretti, è stato fortemente voluto da PANDAS Italia ODV e ha vinto il premio Menzione speciale Ricercatori IFO e il Premio Miglior Lungometraggio al festival Uno sguardo raro – Rare Disease International Film Festival

Nel toccante documentario appare anche Giuliana Galardini, fondatrice e prima presidente di PANDAS Italia ODV. Quella di suo figlio è un’altra storia emblematica. Il figlio era all’asilo nido, e stava sempre per conto suo con il cappello in testa. Era un bimbo che si ammalava tante volte, e spesso la pediatra non riusciva a risolvere il problema. A sei anni e mezzo si prende una tonsillite e comincia a lavarsi le mani. Rompe le scatole in classe, va sempre in bagno. Gli psichiatri dicono che i genitori non vanno d’accordo e i suoi comportamenti sono dovuti quello. Il pediatra dice alla madre che è meglio se fa vedere il figlio da un prete. Da non credere. Ma, in seguito a una broncopolmonite, Giuliana vede che, dopo un trattamento con antibiotico, il bambino non si lava più le mani. E da qui si è arrivati vicini alla soluzione. Ma chi non è stato preso in tempo, non esce di casa da anni, e non ha una vita normale. I disturbi sono molto diversi. C’è chi ha dei tic. Chi è schizofrenico. Chi trova il medico giusto riesce a salvare suo figlio.

È come se il mio cervello fosse all’interno di una gabbia

Antonella Bertolini, Presidente di PANDAS Italia ODV, nel documentario racconta la storia di suo figlio. La problematica è stata scoperta a 13 anni, ma è stata diagnosticata un’altra cosa: i medici non conoscevano la Pandas ed è stato trattato per il disturbo ossessivo compulsivo. Quando prendeva l’antibiotico vedeva dei miglioramenti, quado la cura terminava tornava ad accentuarsi il disturbo. Antonella ci racconta una frase, emblematica, che le ha detto suo figlio: “è come se il mio cervello fosse all’interno di una gabbia”. Non ha sbagliato: è davvero dentro una gabbia. Ma un bambino piccolo fa fatica a fartelo capire. A un certo punto l’antibiotico non fa più effetto. C’è bisogno di infusione di immunoglobuline. Una volta fatte, il ragazzo stava bene. Ma le infusioni vanno ripetute. E la terapia è costosissima. «Chi è benestante può permetterselo, ma chi non può?» si chiede nel film Antonella Bertolini. «Esiste un diritto ad essere curato. Cosa fa il genitore, non lo cura? Sono soldi. Sono tanti soldi». Per questo servono le associazioni. Per questo serve il riconoscimento. Il trattamento fa la differenza. La ricerca fa la differenza.

 Non possono più dire “lasci perdere, questa malattia non esiste”

 Il lavoro di PANDAS Italia ODV è quello di far rete tra i clinici italiani ed europei, tra i clinici e il ministero. «Serve il riconoscimento» spiega nel film Giuliana Galardini. «Non possono più dire: lasci perdere, questa malattia non esiste. Se uno è fortunato trova il medico. E questo è il nostro compito. Quello per cui siamo nati. Fino a quando avrò voce e vita e non riuscirò ad avere il riconoscimento e una cura, combatterò come un guerriero» dice Antonella Bertolini. «L’ho promesso a me stessa, a mio figlio e anche ai bambini. L’associazione è la voce dei bimbi». «Non sarà sempre così» aggiunge Giuliana Galardini. «Le cose cambiano. È come quando si partorisce: c’è tanto dolore e poi il bimbo nasce. Noi genitori abbiamo bisogno di bravi psicoterapeuti altrimenti diamo di matto. Non puoi pensare di aver messo al mondo un bambino sano e poi di colpo ti sembra un mostro.  Vedere la storia di altri bambini cono la stessa malattia ti dà la forza di andare avanti».

Pandas: un tavolo al Ministero della Salute

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Premio Uno sguardo raro 2023

L’associazione, e la rete, stanno combattendo da anni per il riconoscimento e da poco si è aperto un tavolo di lavoro al Ministero della Salute. Entro la fine di novembre, primi di dicembre, si dovrebbe stilare un documento definitivo per il riconoscimento della patologia. Chi trova il medico giusto riesce a salvare suo figlio, dice Giuliana Galardini nel film. Ma, le chiediamo, se un genitore oggi si rivolge a un pediatra, quanti sono i medici consapevoli, quelli che conoscono la sindrome? «Sono ancora pochi, secondo me un po’ meno della metà» risponde la fondatrice dell’associazione. «A volte sono i medici che ce li inviano, riconoscono la malattia ma non sanno trattarla. Parlo spesso con i genitori o con professionisti, come psicologi, che ci contattano. Dicono di aver riconosciuto che un bambino che seguono potrebbe avere la Pandas, ma dove potrebbe andare? Questa malattia è molto invisa. Alcuni medici all’inizio si sono entusiasmati, poi all’improvviso hanno cambiato strada, dicono che non esiste. È qualcosa di strano».

L’importanza della scuola

Il grande lavoro delle associazioni viene fatto verso le istituzioni, il ministero, i medici. Ma è importante anche fare un lavoro con le famiglie. Come fare? «Con gli strumenti e la rete» risponde Antonella Bertolini. «Noi mamme cosa abbiamo fatto? Abbiamo acceso un computer». «Nel mio caso fu proprio un’intuizione, mi permetto di dire, venuta da qualche altra parte» aggiunge Giuliana Galardini. «Per questo vogliamo avere la divulgazione» aggiunge Antonella Bertolini. «Più la facciamo più il documentario va in rete, più ci saranno congressi, più i pediatri apriranno gli occhi». «Per noi è già tanto avere un tavolo di lavoro aperto dal Ministero dalla Società italiana di Pediatria» continua Antonella Bertolini. «Abbiamo appena avuto una riunione non solo con il Ministero, ma anche con AIFA sezione malattie rare. E siamo riusciti a coinvolgere anche la scuola, perché l’insegnante ha il bambino con sé tutto il giorno. E quando vede che c’è questo cambiamento così repentino dall’oggi al domani chiede alla famiglia che cosa sta succedendo. La rete è fondamentale».

Una speranza per il futuro

Stefano Moretti è riuscito a creare un film perfetto, unendo narrazione, divulgazione scientifica e storie personali. Come ha fatto? «Ascoltando il materiale», ci risponde. «Era tutto già contenuto in uno stato lievemente più embrionale, nel libro di Cinthia Caruso, Piccole vite sospese. Il motivo per cui sono stato contattato è stato che questa pubblicazione era avvenuta un attimo prima della pandemia. Lo scopo primario che il libro aveva, che era divulgativo, diffusione di consapevolezza intorno alla PANDAS, era venuto meno. non era stato possibile fare nessuna presentazione. Sia Cinthia che PANDAS Italia si chiedevano come poter divulgare in maniera efficace. Inizialmente avevano pensato a un podcast. Leggendo il libro ho intuito che c’era una componente di immagine molto forte e questo si sarebbe potuto meglio celebrare con le illustrazioni. A queste abbiamo affiancato una parte scientifica che nascesse più dal cuore, che fosse meno testo scritto e più parola. L’immenso e ricchissimo bagaglio emotivo che le storie portano con sé ha completato il puzzle e ha dato un enorme valore aggiunto in termini di presa sullo spettatore». Ma la cosa che ci piace del film è che ha trovato il tono giusto, un tono pacato, sereno. «È una regola drammaturgica di base: non ha senso mettere in scena alcun conflitto o momento buio se, prima di aprirgli le porte della sala, non si dà allo spettatore una speranza. Anche qui era già tutto nel materiale. E il passaggio dal libro al film è che, nel frattempo, per fortuna, si è arrivati alla maggior consapevolezza. Siamo prossimi a una legittimazione e un riconoscimento».

PANDAS: PICCOLE VITE SOSPESE DI CUI DOBBIAMO PRENDERCI CURA

PANDAS: PICCOLE VITE SOSPESE DI CUI DOBBIAMO PRENDERCI CURA