FRANCESCO, IL PAPA DELLA FRATELLANZA

Credo sinceramente che Francesco sia stato un grande Papa. Scomodo, amato tanto quanto criticato, per certi versi di rottura, a volte contraddittorio. Un papa che avuto il merito di fare rumore. E, soprattutto, di avviare processi

di Paola Springhetti

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Primo papa latino-americano, primo papa gesuita, primo papa a scegliere lo scomodo nome di Francesco (manifesto programmatico di una chiesa povera per i poveri), primo uomo della modernità a salire sul soglio papale dopo che il precedente aveva dato le dimissioni, e dunque era ancora vivo. Di lui si è detto di tutto: che aveva collaborato con i generali della dittatura argentina, che la sua elezione non era lecita, che era l’antipapa. Ma lui ha tirato dritto, riempiendo i ricordi della gente  – credenti e non credenti – di immagini inaspettate: lui che, già eletto papa, va a pagare di tasca sua la casa in cui era stato ospitato per il conclave; lui che decide di abitare della Domus Santa Marta, rifiutando di trasferirsi negli storici appartamenti papali; lui che, nel 2015, apre la Porta santa del Giubileo straordinario della Misericordia non nella Basilica di San Pietro, ma a Bangui, in Centrafrica, in quel momento uno dei Paesi più insanguinati nel mondo; lui che, da solo in una Piazza San Pietro deserta a causa della pandemia, il 27 marzo 2020, dice: «Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari: tutti chiamati a remare insieme».

Siamo tutti sulla stessa barca

Già, siamo tutti sulla stessa barca. Nasce da questa convinzione la spinta innovativa che l’ha fatto tanto amare, ma anche tanto criticare e odiare, al punto che alcuni lo hanno definito eretico e miscredente. Era stato eletto con il mandato, prima di tutto, di riformare la curia vaticana: ha lavorato per la trasparenza economica, intervenendo sullo Ior, sulla gestione dell’Obolo di San Pietro e istituendo una segreteria vaticana per l’economia; ha creato un Consiglio di Cardinali, per il governo della curia; ha introdotto norme più severe contro la pedofilia. Ha dato più spazio ai laici e aumentato il numero di donne in ruoli di responsabilità nelle strutture della curia. Ma il cambiamento nella Chiesa passa soprattutto da altri processi che ha innescato e sviluppato. Il dialogo interreligioso, ad esempio, che raggiunge il culmine nel 2019 nell’incontro ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, con il grande imam di Al-Azhar, al Tayyb: in quell’occasione la firma del documento sulla “Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.

Il Papa dell’accoglienza 

Il tema della fratellanza, del resto, è alla base del suo insegnamento. Lo declina insieme a quello dell’ecologia nella “Laudato Si’”, nel 2015, coniando il concetto di “ecologia integrale”, che sottolinea chiaramente il legame tra il prendersi cura del creato e il rispetto dei diritti umani: non ci si può prendere cura della casa comune senza prendersi cura delle persone che la abitano, visto che sono le logiche di dominio tecnocratico a causare sia la distruzione nella natura che lo sfruttamento delle persone e delle popolazioni più deboli. Segue, nel 2020, la “Fratelli tutti” in cui propone una fraternità aperta, che supera tutte le frontiere – geografiche, sociali o culturali che siano. Ed esorta a costruire una società basata sull’amore fraterno e su quella che definisce “amicizia sociale”, nella quale ogni persona è accolta e valorizzata. Siamo tutti sulla stessa barca, che lo vogliamo o no.

Francesco ha declinato il tema della fratellanza nel suo profondo e sincero interesse per quelle che ha definito “periferie esistenziali”, oltre che per quelle geografiche, periferie che lo hanno portato ad una serie di gesti importanti: il viaggio a Lampedusa nel 2013, e poi quello a Lesbo, l’isola su cui sbarcano i migranti che scappano da guerre e violenze del Medio Oriente. Le visite in carcere, tra cui le più recenti: l’apertura della porta santa a Rebibbia, nel dicembre 2024, o l’ultima visita a Regina Coeli, per il giovedì Santo (tra l’altro pericolosissima perché era stato dimesso da poco dall’ospedale e non avrebbe dovuto stare in mezzo alla gente). L’apertura, oltre che ai divorziati, al mondo LGBTQ+, iniziata nel 2018 con le parole dette all’omosessuale cileno Juan Carlos Cruz: «Che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei», e poi continuate in diverse udienze e incontri con persone omosessuali o trans.

Le ultime parole di Papa Francesco sono state per la pace

Siamo tutti sulla stessa barca significa anche che la Chiesa è come un «ospedale da campo», che deve accogliere tutti. Un’idea che ha dato molto fastidio: una parte della Chiesa non era disposto a seguirlo e su alcuni temi ha dovuto fermarsi (ad esempio sul diaconato alle donne) o fare marcia indietro. Ma ciò nonostante è un’idea che ha lasciato segni indelebili, anche grazie al più grande processo che ha innescato e che speriamo venga portato a compimento nonostante la sua morte: il cammino sinodale, iniziato nel 2021, con l’obiettivo di coinvolgere tutte le chiese in un percorso che le renda più capaci di comunione, accoglienza, efficacia nel rispondere alle sfide del terzo millennio. La vera innovazione passerà da qui, da questo processo dal basso, che ormai non si può più cancellare. Di lui ricorderemo anche l’impegno per la pace e quelle parole, consegnate durante la benedizione Urbi e Orbi della Pasqua 2025: «Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo. L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo». Le ultime, che non è riuscito a pronunciare, ma che ci ha regalato facendole leggere.

Immagine di copertina: Alfredo Borba

FRANCESCO, IL PAPA DELLA FRATELLANZA

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