PARKINSON: NON CHIAMATEMI MORBO
“Non Chiamatemi Morbo, storie di resistenza al Parkinson” è il titolo della mostra fotografica promossa dalla Confederazione Parkinson Italia al Corner–Maxxi di Roma fino al 22 maggio
14 Maggio 2022
«In Italia, esistono poco meno di cento organizzazioni che si occupano di Parkinson, e ciò ci dice che, questo mondo, è estremamente frammentato, e non riesce a far sentire la propria voce. Pur essendo la seconda malattia neurologica (dopo l’Alzheimer n.d.r.) e nonostante il numero delle persone colpite da Parkinson sia in aumento, siamo ancora poco incisivi». Esordisce così Giangi Milesi, presidente della Confederazione Parkinson Italia, durante l’inaugurazione della mostra fotografica Non Chiamatemi Morbo, per sottolineare l’importanza della campagna sociale che da due anni la Confederazione sta promuovendo in diverse città italiane. Presente al Museo Nazionale d’arte del XXI Secolo a Roma, dal 6 al 22 maggio, la mostra fotografica, composta dalle foto-storie-vere di Giovanni Diffidenti, è un viaggio all’interno del mondo del Parkinson. Scopo di questo evento è quello di far conoscere la malattia attraverso i racconti delle persone che con questa patologia convivono. La mostra fotografica ha già fatto tappa in 18 città, e già 5000 visitatori hanno potuto ascoltare le 43 storie che compongono l’esposizione. Scriviamo “ascoltare la mostra” perché, quelle di Giovanni Diffidenti, sono foto che parlano attraverso le parole lette da Claudio Bisio e Lella Costa. Grazie a un qr code apposto a margine delle foto, e l’apposita app, è possibile riprodurre la voce di Mrs e Mr Parkinson.
I numeri del Parkinson in Italia
Secondo le stime ufficiali, in Italia circa 230mila persone sono colpite dal Parkinson ma, secondo Milesi, il numero è sottostimato innanzitutto perché datato, e poi perché esistono «stime basate sul consumo di farmaci che parlano di circa 600.000 persone coinvolte.» Il Parkinson è una malattia che va combattuta anche facendo in modo che più persone possibili sappiano cosa sia realmente, e la mostra fotografica “parlante” è lo strumento scelto per far sì che si contrasti quella che il presidente della Confederazione chiama ignoranza. «Quest’ignoranza sui numeri reali della malattia, sommata all’ignoranza su cosa sia veramente il Parkinson, – perché molti credono che se non mi trema la mano allora non ho il Parkinson – è qualcosa che va superato. Il Parkinson si manifesta in diversi modi e informare il grande pubblico vuol dire aiutare a far riconoscere la malattia, il che si traduce in diagnosi precoce e nel conseguente inizio di una terapia che migliora la qualità della vita.» Invece, insiste Milesi, molti rinnegano la patologia «perché lo fanno? Perche c’è stigma: se sei morboso, sei portatore di qualcosa di simile alla peste e dunque da evitare. È ora di abolire questa parola, che esiste solo nella lingua italiana.»
La malattia che diventa Mrs. e Mr. Parkinson
Quasi ogni persona con Parkinson personalizza la propria malattia. Quasi tutti la chiamano per nome: Bruno Lauzi, in una lettera aperta, l’apostrofava come Mr Parkinson; il filoso Andrea Bonomi gli ha dedicato un libro dal titolo “io e Mr Parky”; Vincenzo Mollica, invece, lo chiama fratello Parkinson. Per questo motivo gli ideatori della mostra fotografica hanno deciso di raccontare la malattia, personificandola, attraverso il suo punto di vista. Roberto Caselli, curatore dei testi che accompagnano ciascuna immagine, parla di «tentativo di raccontare il Parkinson in maniera diversa, attraverso un sistema che lascia parlare i malati, filtrando le loro esperienze attraverso Mrs. e Mr. Parkinson, che sono due figure immaginarie. Abbiamo quindi deciso di raccontare la patologia attraverso gli occhi di sé stessa, la quale si ritrova a vedere e vivere le reazioni delle persone nei suoi confronti, reazioni spesso sgomente.»
La campagna Non Chiamatemi Morbo, ha avuto il merito, sostengono i promotori, di aver contribuito da un lato a sensibilizzare il grande pubblico su questa tematica, e dall’altro lato ha contribuito a infondere coraggio a chi, per paura del pregiudizio, tendeva a nascondere la malattia, negandosi le cure. Ha inoltre avuto il pregio di mettere in rete diverse associazioni che si occupano di Parkinson rendendo la loro azione più decisiva.