PER LA STRADA. I VOLONTARI CHE CONTINUANO A OCCUPARSI DI CHI NON HA CASA
Non possono più distribuire pasti caldi, ma forniscono comunque la cena agli homeless di Termini e nelle altre stazioni. Grazie ai volontari e ai fornitori
10 Aprile 2020
«Gli ultimi volontari li ho coinvolti pochi giorni fa, in piena emergenza, su un terrazzo. Li ho visti e ho chiesto: “Che cosa fate lì?” “Prendiamo aria. E lei?” “Preparo la cena per questa notte. Mi volete aiutare?”. Li ho forniti di guanti e amuchina e hanno iniziato. E poi sono venuti anche in stazione per la distribuzione del cibo. Come dico sempre, il mio slogan è “se mi conosci mi eviti”». Ileana Melis è una che non demorde, come non demorde l’associazione di cui è vicepresidente, Per la Strada, che da 25 anni il sabato e la domenica distribuisce la cena ai senza fissa dimora di Termini e Ostiense, grazie a 350 volontari organizzati in venti gruppi.
Ovviamente, anche Per la Strada ha dovuto adattarsi all’emergenza e non è stato facile perché, spiega Melis, «l’assistenza ai senza fissa dimora è impegnativa, perché in realtà sta dentro una filiera: prevede il recupero delle risorse, il reperimento dei volontari e la loro formazione, il contatto con i donatori, che in genere sono grossisti o grossi negozi che ci danno cibo e poi ovviamente la preparazione, la distribuzione eccetera».
I volontari satellite
Il cibo viene stoccato dall’associazione e poi distribuito ai venti gruppi in cui è suddivisa. I gruppi poi lo utilizzano per fare i panini. «Infatti non possiamo più offrire la cena, con un primo piatto caldo, come invece facevamo prima. I pasti caldi venivano preparati nelle parrocchie, oppure dalla Fondazione il Faro, oppure dai volontari satellite, ognuno dei quali cucinava tre o quattro chili di pasta: tutti lo stesso formato, con la stessa tecnica di cottura che permette di farla arrivare non scotta alla stazione, con lo stesso tipo di sugo. Ma ora possiamo contare solo sui volontari satellite e in più dobbiamo cercare di ridurre i contatti e gli spostamenti ed è difficile preparare la pasta in tanti posti diversi, nonostante l’impegno».
Sono volontari satellite quelli che lavorano da casa, ad esempio «la signora anziana, sola a casa, quasi prigioniera di se stessa, che chiede di dare una mano, come ha fatto altre volte in parrocchia o in associazione. Le viene consegnato il materiale per fare i panini e se manca qualche cosa lo aggiunge lei, comprandolo, e poi ci fornisce il numero di buste, quindi di pasti, che avevamo concordato. Alcuni erano volontari già da prima dell’emergenza, altri si sono aggiunti ora».
Ogni busta contiene un panino, possibilmente un secondo panino o un pezzo di pizza, un dolce e un succo di frutta. Se ci sono, anche uno yogurt, una merenda, o dei dolcetti in più. Alcuni erano volontari già prima, altri si sono aggiunti ora.
«Per fortuna i volontari non abbiamo avuto problemi con gli spostamenti», continua Melis, perché anche prima che arrivasse l’ordinanza della Regione, noi ci siamo comunque mossi nelle ore in cui c’è meno gente in giro – ora di pranzo, la sera… chi portava le cose in sede, chi consegnava il cibo alle signore, chi passava a ritirare per distribuire… – però sapevamo che, se ci avessero fermato, potevamo dire “sto portando del cibo agli indigenti”. Certo, cerchiamo di fare tutto con responsabilità».
Il Forum del Volontariato per la Strada
Attraverso il Forum del Volontariato per la Strada, l’associazione si coordina con una sessantina di associazioni – compresa Croce Rossa, Sant’Egidio e così via – e si turna nei vari luoghi della città dove c’è bisogno. «È grazie a questo che a Roma non si muore di fame», spiega Ileana Melis, «anche se questo periodo è particolarmente difficile, perché alcuni hanno dovuto sospendere il servizio e anche noi ai nostri volontari anziani, oppure con bambini piccoli in casa, abbiamo detto di stare a casa. Questo implica che, se una sera a Tiburtina non c’è nessuno che offre la cena, tutti quelli di Tiburtina si spostano a Termini, che è la stazione più vicine e che noi ci ritroviamo un giorno a sfamare 120 persone e un altro a sfamarne 280. Però ormai, grazie al coordinamento e all’esperienza, siamo in grado di prevedere gli spostamenti».
Il rapporto con i fornitori
Per fortuna, i grossisti continuano a donare. «Ci danno generi alimentari che la gente in quel periodo non compera, magari perché in quel periodo c’è una grande campagna pubblicitaria per altri prodotti, o perché è cambiata la stagione, eccetera. Ma non si tratta solo di ritirare la merce, è importante coltivare il contatto, o meglio il rapporto, tra il donatore e noi: raccontare quello che succede, le risposte che abbiamo… sono cose importantissime. È successo che ci hanno donato migliaia di boccette di shampoo monodose, che abbiamo dato ai centri di accoglienza. A gennaio ci hanno dato 12 scatole di mascherine, che sono state davvero un regalo della Provvidenza. Ci hanno regalato perfino i sacchi dell’immondizia, che non è una sciocchezza. Ognuno fa quello che può».
I senza fissa dimora che Per La Strada aiuta sono stati sensibilizzati e ora sono consapevoli della situazione e dei pericoli che corrono, infatti «hanno paura, molti hanno le mascherine, perché le associazioni sono riuscite a dargliele, e continuano a chiederle». Anche questo è un impegno importante che le associazioni si sono assunte.
Le foto di questa pagina sono tratte dal sito perlastrada.org
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