COSA PENSANO GLI ITALIANI DELLA POVERTÀ EDUCATIVA?
È un problema grave, che incide sullo sviluppo del Paese. Ma non è vero che riguarda solo il Sud e che coinvolge soprattutto gli adolescenti
di Redazione
19 Novembre 2019
Questo articolo è liberamente tratto da Redattore Sociale
La stragrande maggioranza degli italiani considera grave il fenomeno della povertà educativa un fenomeno grave nel nostro Paese: sono 9 su 10 a pensarla così e per l’83% degli intervistati le azioni di contrasto sono importanti per lo sviluppo del Paese. Lo dice l’indagine demoscopica realizzata da Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, in vista della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre e presentato presso la sede di Acri a Roma.
LA PERCEZIONE DEL PROBLEMA. Il 68 per cento degli italiani dichiara di aver sentito parlare di povertà educativa minorile, anche se il 25 per cento degli intervistati ammette di non sapere effettivamente di che cosa si tratti. Appena un quarto degli intervistati cita tra i fattori di causa il mancato accesso agli asili nido ed ai servizi per l’infanzia. Le apprensioni dei cittadini si focalizzano sull’evoluzione emergenziale del fenomeno, sui casi estremi in cui gli esiti della povertà educativa, negli anni dell’adolescenza, si manifestano in fenomeni di violenza, dipendenze o fallimenti. Del resto, le maggiori preoccupazioni avvertite dagli italiani, con riferimento ai minori, sono fenomeni per lo più adolescenziali: la dipendenza da smartphone e tablet (66%); bullismo o violenza (61%); la crescente diffusione della droga (56%), l’aggressività nei comportamenti (52%).
LE CAUSE. L’opinione pubblica punta il dito, in particolare, sulla disattenzione dei genitori (76%). Due intervistati su tre citano le condizioni di disagio sociale (67%), di svantaggio economico (64%), di conflittualità familiare (62%). Il 59 per cento segnala il degrado dei quartieri di residenza fra le cause della povertà educativa. Inoltre, circa uno su due segnala la frequenza scolastica irregolare, gli stimoli inadeguati, le scarse occasioni culturali e del tempo libero, l’uso eccessivo dei social network. Tutte dimensioni rappresentate anche nei progetti di contrasto realizzati con il Fondo.
L’approfondimento di indagine ha confermato i limiti effettivi che bambini ed adolescenti scontano in Italia nell’accesso alle più compiute esperienze di crescita. L’unica dimensione di apprendimento non curriculare dichiarata dalla maggioranza degli intervistati (60%) è lo sport. Solo metà dei ragazzi, negli ultimi 12 mesi, ha partecipato a spettacoli, presso cinema o teatri. Il 58% dichiara che i figli, nell’ultimo anno, non hanno letto libri. Il 72% non ha potuto fruire del tempo pieno a scuola. Meno di un quinto, infine, ha frequentato l’asilo nido: un servizio di primaria importanza.
NON SOLO IL SUD. «Abbiamo promosso questa indagine sulla percezione del fenomeno della povertà educativa», spiega Carlo Borgomeo, presidente di Con i Bambini, «per confrontarci non solo con i dati rilevati dal nostro Osservatorio e con la domanda che arriva prepotentemente dai territori, ma anche con la percezione del fenomeno nell’opinione pubblica. Il fatto che per la quasi totalità degli intervistati la povertà educativa minorile sia un fenomeno grave e che incide direttamente sullo sviluppo del Paese ci fa capire che, anche se con alcune sfumature, il livello di preoccupazione sulla dimensione del problema è ampiamente diffuso e sentito. Credere però che sia un fenomeno che riguarda solo il Sud (63%) o gli adolescenti (56%) è un errore prospettico: la povertà educativa, seppur marcata in molte aree meridionali e tra i giovanissimi, come dimostrano i tanti progetti avviati sul territorio nazionale, anche se con diversa gravità riguarda tutto il Paese e intacca il futuro dei ragazzi già dalla prima infanzia. È proprio da qui che dovremmo affrontare e che affrontiamo il fenomeno».
Per la maggior parte degli italiani (63 per cento) intervistati da Demopolis le probabilità di un ragazzo nato da una famiglia a basso reddito di avere successo sono oggi più basse rispetto a 20 o 30 anni fa. Neanche la scuola basta più da sola. Del resto, secondo l’indagine, solo l’11% degli intervistati concorda sull’assunto che la scuola sia l’unica istituzione deputata alla crescita dei ragazzi, mentre emerge una nuova consapevolezza, in seno all’opinione pubblica, almeno in termini di dichiarazione di principio: la responsabilità della crescita dei minori è di tutta la comunità (46%).
COME COMBATTERE LA POVERTÀ. «La povertà educativa è strettamente legata a quella economica, come viene percepito anche dal 64 per cento dei cittadini, ma il fenomeno ha una portata più ampia. Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile rappresenta una forte innovazione per il Paese, per dare un futuro a minori e famiglie», ha dichiarato il vice ministro Stefano Buffagni, Presidente del Comitato di Indirizzo Strategico del Fondo. «È inaccettabile che un milione e 200 mila minori siano costretti a vivere sotto la soglia di povertà e che in numero ancora maggiore abbiano negate le opportunità di costruire un domani migliore. Stiamo lavorando come Governo per permettere alle tante famiglie di uscire fuori da questa condizione con interventi concreti sul territorio rafforzando il ruolo delle comunità educanti. Come Mise anche attraverso il rilancio delle imprese per garantire lavoro e sviluppo.
«I dati dell’indagine di Demopolis confermano che tra gli italiani è largamente diffusa la consapevolezza che il contrasto alla povertà educativa minorile è cruciale per lo sviluppo del Paese» ha commentato Francesco Profumo, Presidente di Acri. «Questa è una delle idee alla base dell’avvio del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, promosso da Fondazioni di origine bancaria, Governo e Forum Nazionale del Terzo settore, che proprio su questo fronte ha stabilito di intervenire. Perché lo sviluppo sostenibile passa dall’intreccio di dinamiche economiche, sociali e ambientali. Offrire ai giovani opportunità concrete per formarsi e crescere liberi, coinvolgendo le comunità, è la chiave su cui puntare per contribuire a contrastare la povertà».
IL RUOLO DEL TERZO SETTORE. «Una delle questioni più gravi che riguardano bambini e ragazzi di oggi è la mancanza di pari opportunità nell’accesso ai servizi– ha commentato Claudia Fiaschi, Portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore. I numeri sulla povertà educativa minorile nel nostro Paese sono allarmanti ed in forte crescita. Nel 2005 era assolutamente povero il 3,9% dei minori di 18 anni, un decennio dopo la percentuale di bambini e adolescenti in povertà è triplicata, e attualmente supera il 12% (dati Openpolis- Con i Bambini). Il Terzo settore ha un ruolo di primo piano nel rifondare una cultura educativa, che accompagni l’inserimento delle nuove generazioni nelle comunità, offrendo loro un miglioramento delle condizioni di vita ed una prospettiva di futuro».