LA FOTOGRAFIA COME RISCATTO SOCIALE. UNA MOSTRA AL MAXXI DI ROMA
Si intitola "Picture of Life" e raccoglie le immagini scattate dai ragazzi in situazione di esclusione sociale. Perché la fotografia insegna a guardare il mondo
14 Dicembre 2017
«Dietro il progetto Picture of Life c’è una sana follia, una grande passione di chi decide di fare dell’impegno sociale una sorta di missione del proprio lavoro. Il progetto nasce a Napoli, una città difficile, in un periodo difficile. Quattro anni fa stavamo in piena crisi: tagli alle risorse, tagli al welfare, disoccupazione, insomma problematiche storiche e ataviche. Si è deciso di sperimentare nelle difficoltà, perché se funzionava a Napoli doveva per forza funzionare in qualsiasi altra parte del mondo. È stata una sperimentazione, una sfida vinta dai ragazzi principalmente».
A dirlo è Vincenzo Morgera, presidente dell’associazione Jonathan di Scisciano (Napoli), comunità di recupero che svolge prevalentemente attività a favore dei minori a rischio, durante la conferenza stampa della mostra Picture of Life – La fotografia come forma di riscatto sociale, visitabile al museo MAXXI di Roma dal 14 al 20 dicembre. Il progetto Picture of Life nasce nel 2014 grazie a una partnership tra Manfrotto, l’associazione Jonathan Onlus e il Ministero della Giustizia – Dipartimento della Giustizia minorile e di Comunità.
PERCHÈ LA FOTOGRAFIA. Picture of Life negli anni ha ottenuto un successo tale da essere ripetuto in altre città del mondo, con il coinvolgimento da parte di Manfrotto di diverse associazioni in Italia, UK, USA, Cina, e Sudafrica. La mostra, che è inserita nel programma dell’evento Passeggiate Fotografiche Romane del Ministero dei Beni Culturali, ripercorre la storia del progetto attraverso 40 foto scattate dal 2014 a oggi dai ragazzi che hanno vissuto situazioni di disagio ed esclusione sociale, a cui è stata data la possibilità di frequentare dei laboratori con fotografi professionisti messi a disposizione dall’azienda che produce strumenti per la fotografia, il video e l’intrattenimento.
«Picture of life contribuisce a rendere le nostre persone orgogliose di partecipare e Manfrotto e ci consente di attrarre nuovi talenti, che dovendo scegliere tra diverse aziende per cui lavorare, preferiscono il fatto di poter lavorare con un’azienda che fa dell’etica, dei valori aziendali, dei diritti, un principio fondante. Sapere che tramite la fotografia c’è l’opportunità per persone che sono state meno fortunate di noi, di poter trovare una strada migliore, ci rende più ricchi come persone», ha spiegato Marco Pezzana, amministratore delegato di Manfrotto. Il successo di Picture of Life, ha aggiunto Pezzana, «è legato alla natura della fotografia, perché la fotografia oggi più che mai è un linguaggio di condivisione universale. La fotografia ha consentito in tutto il mondo, a chi ha vissuto delle condizioni di disagio sociale, la possibilità di raccontarsi. Con Jonathan ho conosciuto dei ragazzi fantastici, che avevano una storia difficilissima da condividere. La fotografia da un lato è disciplina e apprendimento tecnico, quindi aiuta ad imparare, ma dall’altro lato in maniera più strutturata, insegna anche a raccontarsi».
«L’esperimento, partito con la collaborazione del Ministero della Giustizia in Italia, l’anno prossimo ci porterà insieme per alcune delle capitali europee e speriamo in altre città del mondo. Questo è motivo di grande soddisfazione, perché è bello vedere che aziende, istituzioni e Terzo settore italiano, possano nel mondo portare una proposta innovativa che per una volta ci vede primi», ha concluso l’Ad di Manfrotto.
IMPARARE LE REGOLE. A sottolineare l’importanza della fotografia come strumento di riscatto sociale anche Gemma Tuccillo, capo dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità. «La fotografia è uno dei tanti campi al quale sempre più i giovani si avvicinano al mondo esterno, cominciando a valorizzare tanti passaggi, che nel loro percorso di devianza sono stati tralasciati. Per fotografare ci vuole attenzione: porre attenzione nelle cose non è di solito da ragazzi e neanche da adulti, a volte.
Questo è un modo per imparare delle regole e cominciare a capire che dall’osservanza delle regole vengono fuori delle cose belle, delle cose realizzate con passione ed entusiasmo», ha affermato Tuccillo, che in conclusione del suo intervento ha voluto raccontare un piccolo aneddoto. «C’è un ragazzo che è riuscito a fare, non della fotografia in questo caso, ma dello sport il suo futuro, la sua vita, il suo investimento, dopo un momento molto difficile perché condito anche da un passaggio detentivo. La cosa molto bella è che sull’uscio della struttura detentiva disse al direttore: “Lo so, adesso la palla passa a me”».
Progetti come Picture of Life sono importanti per offrire ai giovani detenuti delle alternative una volta scontata la pena, per costruire un ponte tra questi ultimi e il resto della società. L’apprendimento di un mestiere, non necessariamente quello di fotografo, può rappresentare davvero una forma di riscatto e far sì che molti giovani non ritornino a percorrere una via sbagliata.
LA PENA E I MALI SOCIALI. Ne è convinto anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che nel corso del suo intervento ha voluto sottolineare l’assurdità di credere che «i mali sociali» possano essere «curati solo con strumenti penali». «Questa illusione è dovuta a un grande esorcismo che la società fa, perché in qualche modo pensa che la reclusione sia un modo per affrontare problemi che riguardano direttamente il contesto sociale. Siamo passati da una fase in cui si è indugiato troppo su una posizione sociologistica, in cui tutti i mali erano colpa della società, a una fase iniziata negli anni ’90 ed esplosa recentemente, nella quale la dimensione sociale non conta più niente ma tutto è ascrivibile alla responsabilità individuale, come se le condizioni di tutte le persone fossero le stesse, come se il contesto fosse irrilevante rispetto alle scelte che una persona è chiamata a fare», ha detto Orlando, secondo il quale «il lavoro di riconnessione che si può realizzare, anche con forme artistiche, è molto importante».
Per quanto riguarda la fotografia, Orlando ha spiegato: “Credo che consenta a chi la pratica di soffermarsi sui dettagli e di vedere il mondo con uno sguardo nuovo, più attento e più responsabile. Le fotografie, come quelle presenti nella mostra, sono un forte riscatto anche per la cittadinanza». «Credo che la fotografia sia anche un modo di esprimere il vissuto, un racconto interessante, come può essere quello di un migrante. Questi ormai vengono visti dalla nostra società come un elemento di disturbo dell’arredo urbano. Credo che se ognuno di noi, anche quelli portati alla xenofobia, conoscessero i vissuti delle persone, molti atteggiamenti sarebbero diversi», ha concluso il ministro, che al termine della conferenza stampa ha consegnato ad alcuni ragazzi l’attestato di frequenza del corso Picture of Life, tenuto da Manfrotto School of Xcellence, e ha ricevuto in regalo un treppiedi prodotto dall’azienda.