POVERTY WATCH 2022. LA GRAVE IMPENNATA DELLA POVERTÀ
Presentato a Roma il quarto rapporto sulla Povertà in Italia e in Europa a cura di Cilap Eapn Italia. Ancora troppa la distanza tra Nord e Sud Italia
25 Gennaio 2023
È stata presentata nei giorni scorsi a Roma l’edizione 2022 del Poverty Watch, quarto rapporto sulla Povertà in Italia e in Europa a cura di Cilap Eapn Italia. Solitamente gli eventi che vi si svolgono trattano di economia e scienza, ma questa volta si parla di povertà ed esclusione sociale in Italia e in Europa.
Gandhi diceva che la globalizzazione deve iniziare dal villaggio, invece è iniziata dall’alto con le conseguenze che l’India di oggi è sì ricca, ma ha fatto milioni di poveri che 40 anni fa non erano tali. In Pakistan un povero non diventa mai un barbone. Quando è venuto in Italia ha visto che il povero diventa non umano, diventa un senza tetto che perde tutto.
Covid, guerra, povertà
La povertà ha subìto un’impennata gravissima a causa dell’emergenza Covid e, ancora oggi, a causa dell’invasione Russia in Ucraina, come ha ben approfondito nel Poverty Watch 2022 l’economista Martina Arachi insieme a Vincenzo Maesano della Cooperativa Sociale Coriss di Catanzaro. Il Covid ha lasciato un’inflazione che sta quasi azzerando i progressi degli ultimi anni. A maggio 2022 l’inflazione aveva raggiunto il 7,3%, mentre il limite imposto dall’Europa è stare entro il 2%. Questo sta abbattendo il Pil reale di quasi 3 punti percentuali. I miglioramenti che si stavano ottenendo, anche grazie alla ripresa dal Covid e all’aiuto del Reddito di emergenza, del Reddito di cittadinanza, della Pensione di cittadinanza, hanno avuto effetti positivi, che tuttavia si stanno azzerando anche a causa della crisi energetica. In Italia l’8,3% delle persone non è in grado di pagare le spese energetiche, un valore al di sopra della media europea che è dell’8,2%. Certo stiamo meglio rispetto al 2015 dove il dato era del 15%.
L’invasione dell’Ucraina ha peggiorato questa situazione soprattutto per i prezzi dell’energia e del gas. Il Governo italiano ha messo in atto alcune misure, ma ancora non si vedono soluzioni. Vedremo in futuro che ricaduta avranno nel lungo periodo. Le famiglie che non riescono ad affrontare le spese sono quelle con uno a più minori a carico, monoreddito e spesso supportate da benefici assistenziali, che vivono nelle regioni del Sud. Situazioni nelle quali uscire dalla povertà è difficile. In molti casi sono famiglie senza reddito, composte da inoccupati, che vivono di assistenza pubblica o privata. I gruppi che vivono in condizioni svantaggiate sono le famiglie che vivono al sud e nelle isole, le donne e i bambini, senza tralasciare gli stranieri che sebbene siano a rischio di povertà non hanno possibilità di accedere ai contributi statali. Nel 2022 sono 180 mila gli stranieri che non sono ricaduti nella povertà grazie al Reddito di Cittadinanza, ma molti di più ne avrebbero bisogno. Il gap di genere in Italia supera di quasi 5 punti percentuali la media europea, ed è il paese tra quelli europei con il più alto gap di genere. Spicchiamo negativamente anche per la percentuale di NEET.
Di livelli assistenziali e disparità Nord Sud
«Può essere che la famiglia sia ancora un valore che unisce. Certamente i giovani vanno via solo dopo aver raggiunto una sicurezza economica. La vera disparità tra Nord e Sud riguarda i livelli assistenziali». A parlare è Vincenzo Maesano, della Cooperativa Coriss di Catanzaro, che lavora con e per disabili, minori in difficoltà, donne, migranti e gestisce la comunità di accoglienza per minori Furfanti, case famiglia per disabili, le cosiddette “dopo di noi”.
La criticità maggiore, sottolinea, riguarda la distanza tra ente gestore e servizi. «Ad esempio, il dopo di noi dovrebbe viaggiare sullo stesso binario dei servizi sociali; per gli ospiti il dopo di noi è sicuramente una opportunità, perché, oltre a non essere soli, possono seguire attività diverse e continuare a studiare, trovare momenti di socializzazione e svolgere attività idonee. Nella comunità di accoglienza Furfanti i ragazzi possono continuare o riprendere a studiare, finire il periodo di messa alla prova e avviare percorsi di autonomia per quando avranno raggiunto la maggiore età o finito il periodo di accoglienza. Anche in questo caso c’è distanza con i servizi, manca una la comunicazione strutturata e la delega è pressoché totale».
Poverty Watch 2022: le sfide e le priorità
La situazione è andata via via peggiorando per diversi fattori: la parte economica ha un peso rilevante, come sottolinea Alessandro Scassellati Sforzolini, tra i contributi al Poverty Watch 2022, ricercatore e volontario dell’associazione FOCUS – Casa dei Diritti Social di Roma, che porta avanti, tra l’altro, una scuola di italiano aperta tutti i giorni escluso il lunedì, accanto ad uno sportello informativo di bassissima soglia rivolto ai migranti che arrivano a Roma.
«L’Italia è un paese, forse insieme alla Grecia, nel quale i salari, dal 1990, sono progressivamente diminuiti rispetto all’economia reale, laddove, ad esempio, in Germania sono aumentati del 30%. Un paese immobile, diviso tra Centro-Nord e Sud, nel quale si sta decidendo sull’autonomia differenziata, nonostante abbiamo 21 sistemi sanitari. È ben diverso se ci si cura in regioni come l’Emilia Romagna, rispetto alla Calabria».
Sui giovani Scassellati Sforzolini sottolinea come i Neet tra i 15-29 anni sono al livello più alto in Europa e che, anche chi non è Neet, se volesse andare via di casa avrebbe difficoltà a trovare un alloggio a prezzi ragionevoli. «Sono anni che non si costruiscono case popolari. Anche gli studenti universitari hanno le stesse difficoltà, pochi sono i campus e le case in affitto hanno costi elevati anche 500/600 euro mensili per una stanza. Dall’equo canone si è passati ad una liberalizzazione del mercato della casa, così come è stato per il mercato del lavoro, che ha prodotto solo precari: questo significa impossibilità a costruirsi una famiglia, andare via di casa».
L’attuale governo di destra ha scelto di criminalizzare i poveri, i migranti, i giovani (decreto rave ad esempio) con la decisione di ridurre il RdC. Purtroppo manca una visione complessiva di cosa significhi essere poveri, che non è solo una questione economica, ma si uniscono disagio psichico, famiglie numerose, problemi di abitazione e anche problemi di lavoro. Anche il ceto medio è in sofferenza e in grave declino. Il piccolo commercio, l’artigianato, i servizi di prossimità hanno subito i grandi centri commerciali e la grande distribuzione organizzata. Il RdC in una prospettiva di crisi globale (guerre, carestie, cambiamenti climatici, la guerra fredda tra Usa e Cina con l’Europa in mezzo) è un argine. Anche i grandi consessi del capitalismo (Davos, Wto) stanno dicendo che le crisi si aggraveranno; mentre il governo intende rimuovere l’unico ammortizzatore sociale che in qualche modo non ha fatto cadere nella povertà almeno 3 milioni persone come il RdC. L’Italia è uno strano paese, dove non si ribella nessuno: la crisi finanziaria del 2008-2010, una ripresa nel 2019, la batosta della pandemia nel 2020, nel 2021 la crisi energetica e nel 2022 la guerra in Ucraina, da una ripresa del PIL del 9% siamo passati al 6%, ora si parla di 0 virgola. In questo paese si è discusso in questi anni della tenuta del sistema paese, ma inteso come sistema economico, ma per tutto il resto? La povertà è a rischio per tutti: basta ammalarsi e non essere in grado di curarsi, una separazione difficile, perdere la casa. Si finisce in strada senza accorgersene. Questa è l’esperienza che come associazione abbiamo. Si tratta di persone normali che uno choc della vita le porta a vivere in una condizione di povertà. Ci vogliono politiche che ti aiutino a “rimetterti in senso”, che ti accompagnino fino a riprendere una vita dignitosa.
L’Unione europea spinge perché si affrontino queste situazioni come il salario minimo ad esempio con la direttiva del 2021. Questo governo ha deciso di non legiferare. L’Italia arriva sempre dopo rispetto alle sollecitazioni che arrivano dall’Europa.
Il Censis nel suo ultimo rapporto ha parlato di un paese melanconico: “che è abitualmente o occasionalmente in uno stato di malinconia; mesto, triste, depresso” (vocabolario Treccani).
Già da questi primi interventi si capisce quali sono le priorità che emergono dal PW 2022: lo scollamento tra servizi territoriali e enti gestori (le cooperative sociali o il Terzo settore in genere), manca quella integrazione di cui si parla dagli anni ’80: integrazione socio-sanitaria, integrazione tra le diverse politiche: sociali, sanitarie, educative, del lavoro. Quando parliamo di Sistema Territorio o Sistema Paese nel sociale intendiamo l’integrazione tra le diverse politiche rappresentate nelle istituzioni sia a livello centrale sia territoriale. Così dovrebbe essere, ma così non è.
Altro tema toccato è quello sul Reddito minimo, come è stato detto il governo intende ridurre il RdC. Noi ci occupiamo di reddito minimo sin dal 1992, con i primi incontri europei su questo argomento. Abbiamo criticato il RdC, prima di questa misura c’era il Rei. La nostra critica nei confronti di questa misura è stata verso il cosiddetto “workfare to work”, l’accettazione di un lavoro in cambio del beneficio economico. Dei beneficiari del RdC (circa 3 milioni) solo 600 mila sono occupabili: in grado cioè di poter svolgere un lavoro. Sono persone con bassa scolarizzazione, che devono seguire percorsi di formazione o riqualificazione. Ma quale è l’offerta? di quale lavoro si tratta? Lavoro precario, spesso manuale. La seconda “gamba” del RdC è appunto il lavoro, ma si tratta di inclusione attiva. Concetto non semplice da spiegare e far comprendere. I Centri per l’impiego non sono degli uffici di collocamento, come si intendevano negli anni ‘70 o ’80. Sono dei centri dove si fa informazione su come ci si deve approcciare ad un lavoro, si fa orientamento, si definiscono e si mettono a punto i Curricula. Ma non si fa matching: non si fa incontrare l’offerta con la domanda. Anzi il beneficiario deve attivarsi in maniera autonoma. E questo concetto è difficile da far capire a chi vede i centri per l’impiego come uffici di collocamento con una lista d’attesa. Forse è arrivato il momento di rivedere il ruolo degli attuali CPI. C’è da dire, come ha sottolineato qualcuno, che nei paesi del Nord Europa il reddito minimo resta anche quando a governare è la destra. Esattamente il contrario di quanto avviene qua. Inoltre c’è uno stigma nei confronti dei percettori di RdC che non viene solo da chi governa, ma anche dal semplice cittadino. Manca la comprensione e la solidarietà nei confronti di chi è povero.
Massimo Crucioli, già Presidente di Eapn interviene dicendo che «questo Sistema Italia è sì sbilanciato verso il sistema economico, ma quello che dobbiamo dire è che abbiamo lavorato 10 anni tra il 1990 e il 2000 per partorire una legge, la 328 (Sistema integrato dei servizi socia-assistenziali), che forse doveva arrivare 10 anni prima, visto che dal 2001 tutto è cambiato. Il punto vero è che non siamo capaci di mettere in atto quello che facciamo. La legge 381/92 sulla cooperazione sociale è stata presa a modello in tutta Europa. Facciamo grandi e dettagliate elaborazioni che svaniscono quando cambiano i governi e non sempre in meglio come vediamo».
Poverty Watch 2022: le testimonianze
Giulia Segna ha incontrato le persone in povertà, perché il Poverty Watch 2022 non è solo numeri e statistiche, ma per capire la povertà bisogna anche parlare con le persone che la vivono direttamente o indirettamente. Quest’anno abbiamo incontrato le buone prassi, coloro cioè che fanno delle attività che riducono la povertà, che si impegnano ogni giorno per contrastare povertà ed esclusione sociale, non eliminarla, ma almeno ridurla.
Nel Poverty Watch 2022 abbiamo riportato due buone prassi e una testimonianza: la prima è quella dell’Associazione Nonna Roma, che segue circa 8mila nuclei familiari, (anziani, giovani, stranieri, single) è un banco del mutuo soccorso con un emporio solidale (zona Palmiro Togliatti); Officine civiche (Ciampino) dove si possono portare generi di prima necessità. La caratteristica del lavoro di Nonna Roma è che le persone vanno direttamente a ritirare i pacchi previa telefonata o sms. Non fanno distribuzione porta a porta.
La seconda buona prassi è a Napoli, dell’Associazione San Camillo che in città gestisce 26 Laboratori Educativi Territoriali per minori che hanno famiglie svantaggiate: spesso i genitori sono assenti (qualcuno in carcere), le mamme non hanno strumenti adeguati per aiutarli nei compiti, qualcuno è straniero e non parla italiano. Sono definiti bambini di strada, che pur avendo una casa sono abituati a stare fuori tutto il giorno anche in età precoce. La caratteristica dell’associazione San Camillo è non demonizzare la strada, ma considerarla un bene comune che va trasformato in luogo educativo. A volte ci riescono, come fanno anche i Maestri di Strada.
La testimonianza è quella di Mirko Grga che dopo oltre 50 anni di vita in un campo (via Salviati), vive in un monolocale a Montesacro. Sta bene nella casa, ma gli manca il senso di comunità che viveva nel campo. I vicini di casa non sanno che è Rom, ma intende dirglielo prima o poi. Ha raccontato che i vicini gli hanno consigliato di non stendere la biancheria fuori alla finestra (abita al piano rialzato) perché passano “gli zingari” che portano la portano via, anche se non è mai successo. A proposito dei pregiudizi.