PREMIO CARLO CASTELLI. LA SCRITTURA COME RISCATTO PER I DETENUTI
A Torino la premiazione del Premio Castelli, concorso letterario dedicato ai detenuti delle carceri italiane. La scrittura come opportunità di recupero al centro della 15ma edizione. Un’occasione di riflessione su problematiche troppo spesso ignorate dal nostro sistema carcerario
06 Ottobre 2023
La scrittura come «mezzo di recupero e trasformazione, che aiuta i detenuti a esplorare e condividere le loro esperienze, a ricostruire legami con il mondo esterno e a intraprendere un nuovo percorso di vita». Nelle parole di Paola Da Ros, Presidente Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, è racchiusa l’idea alla base del Premio Carlo Castelli, dedicato ai detenuti delle carceri italiane e promosso dalla stessa Federazione, con il patrocinio del Ministero della Giustizia. Presso Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino si è svolta il 29 settembre scorso la premiazione della XVI edizione del concorso. Una serata speciale, nel giorno del 25° anniversario dalla scomparsa del volontario carcerario Carlo Castelli, a cui è stato intitolato il premio.
I vincitori del Premio Carlo Castelli
Diario Dentro, pensieri dalla mia cella il tema di quest’anno. Partendo dalla routine quotidiana dei detenuti, una sequenza inarrestabile di giorni monotoni, i partecipanti hanno immaginato un futuro diverso, elaborando il dolore del passato.
Al primo posto Quelle mani sfiorite, un monologo, una profonda riflessione dentro la propria cella, di notte. L’autrice ripercorre momenti tragici (“fare l’elenco di tutto ciò che non ho avuto sarebbe impossibile”) tramite la descrizione di un dettaglio: le mani. “Quelle tue mani che un giorno si sono sporcate, non di lavoro, ma di vita”. Solo alla fine della narrazione si leva una speranza di libertà: “il mio pensiero non avrà mai una prigione”.
Scene di una prigionia, il racconto secondo classificato, descrive la vita carceraria con una dualità di visioni: il giorno, caratterizzato da rumori assordanti, e la notte, in cui il silenzio è spezzato solo da qualche detenuto in sofferenza. Il testo riflette sulla povertà spirituale precedente alla detenzione e pone una domanda inquietante: “Mi chiedo se, a lungo andare, questa ristrettezza di spirito si impossesserà anche di me…”.
Terzo classificato I se, un racconto toccante che narra di un tragico evento all’interno del carcere di notte. È la storia di Elena, che assiste a un suicidio nella sua cella. Un tema, purtroppo, drammaticamente attuale, che porta il lettore a riflettere sui “se” che sembrano non avere fine.
«Nei prossimi mesi, ci impegneremo a diffondere e condividere questi testi nelle scuole, nei seminari e all’interno delle comunità, perché la forza della scrittura è trasformatrice. Ogni opera che giunge alla Federazione porta con sé pesanti fardelli, storie di rei e vittime che non dobbiamo mai dimenticare. Queste storie richiedono cura, rispetto e attenzione costante. Nulla deve andare perduto» ha spiegato Giulia Bandiera, Delegato Nazionale Settore Carcere e Devianza.
Carceri italiane: suicidi e sovraffollamento tra i principali problemi
Il tema al centro del terzo racconto classificato consente di ricordare come nel 2022, in Italia, il numero di suicidi in carcere sia stato il più alto dal 1990. Ottantaquattro in totale, quasi un suicidio ogni cinque giorni. Nel corso del 2023 sono già stati 53, come riportato da ristretti.it. Un trend preoccupante, considerando che dagli anni ’60 a oggi il tasso sia aumentato del 300%. Una questione che spinge a interrogarsi sull’effettiva efficacia rieducativa del carcere così come concepito ai giorni nostri. Strettamente legato al tema dei suicidi in carcere quello del sovraffollamento e della salute mentale. Ancora su ristretti.it si legge come l’Italia detenga il record del tasso di sovraffollamento penitenziario in Europa e, allo stesso tempo, presenti lo scarto maggiore tra suicidi dentro e fuori dal carcere. Un caso, in tal senso, è quello degli Stati Uniti, dove fino a 30 anni fa il tasso di suicidi era simile al nostro. Da lì la decisione di istituire un ufficio ad hoc per la prevenzione dei suicidi in cella, con conseguente riduzione del 70%. A questo si aggiunge la ristrettezza di personale e strutture dedicate al trattamento della salute mentale dei detenuti. Secondo una rilevazione dell’Associazione Antigone, nel corso del 2022 è emerso che le diagnosi psichiatriche gravi ogni 100 detenuti fossero 9,2 (quasi il 10%). «Accanto ai numeri delle persone con una diagnosi medicalmente definita – si legge nel rapporto dell’associazione – vi sono il 20% (il doppio dei detenuti con diagnosi) dei detenuti che assumeva stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi ed addirittura il 40,3% sedativi o ipnotici. A fronte di questo le ore di servizio degli psichiatri erano in media 8,75 ogni 100 detenuti, quelle degli psicologi 18,5 ogni 100 detenuti».
Immagine in copertina di Roberto Faccenda