ECCO COME LE NUOVE NORME SULLA PRIVACY RIGUARDANO LE ASSOCIAZIONI
Sono un adempimento, ma aiutano a lavorare meglio. L'importante è coglierne il senso. Intervista ad Alberto Pattono
di Redazione
07 Novembre 2018
Nel 2016 il Parlamento Europeo ha approvato un Regolamento sulla raccolta e la gestione dei dati personali in tutti i Paesi dell’Unione. Il General Data Protection Regulation (GDPR) (in italiano Regolamento generale sulla protezione dei dati) è entrato in vigore nel maggio scorso me riguarda tutti coloro che in qualche modo raccolgono dati. Della privacy per le associazioni abbiamo parlato con Alberto Pattono, giornalista professionista, consulente di associazioni e società scientifiche nel settore della salute, specializzato nel divulgare temi complessi (e ammettiamolo anche mi po’ noiosi) in settori come la finanza pedonale, la salute e le normative fiscali e burocratiche.
Perché le organizzazioni del Terzo settore, che sono in maggioranza piccole o piccolissime, devono preoccuparsi del GDPR?
«Tutte le organizzazioni europee che “maneggiano” dati personali sottostanno al GDPR, anche quelle non europee se trattano, questo è il termine corretto, dati di cittadini dell’Unione europea. Non ci sono clausole “de minimis”. Anche la più piccola associazione deve porsi il problema della protezione dei dati personali di cui dispone. Direi anzi che il mondo delle associazioni è più coinvolto rispetto a quello delle aziende. Molte imprese trattano solamente con altre imprese, mentre le associazioni vivono del contatto con altre persone: assistiti, soci, volontari, donatori… Nuotano nei dati personali!».
Vero, ma gli adempimenti burocratici in capo a una organizzazione no profit sono tanti, per quali ragioni è così importante il GDPR?
Quindi bisogna adeguarsi perché prima o poi qualcuno ci chiederà conto della nostra adesione al GDPR.
E il famoso consenso?