AFFIDO FAMILIARE: NON UN ISTITUTO IN CRISI, MA UNA RISORSA DA CONOSCERE
L’affido familiare presenta ancora molti ostacoli, ma è un arricchimento per chi accoglie e chi viene accolto. L’esperienza dell’associazione Dalla parte dei Bambini
24 Luglio 2017
«Dalla parte dei Bambini Onlus si occupa di diffondere e promuovere la cultura dell’affido familiare come intervento sociale», dice Karin Falconi, responsabile del progetto AFFIDIamoci e counselor dell’associazione.
«La nostra mission è quella di trovare una casa per ogni bambino che ne ha bisogno, che sia per sempre o solo per un periodo di tempo. Crediamo esistano famiglie per ogni bambino e non vogliamo arrenderci nemmeno quando i bambini sono un po’ grandicelli, diversamente abili o hanno avuto storie particolarmente dolorose e traumatiche.
IL PROGETTO. Noi sappiamo che da qualche parte c’è una famiglia “matta” che aspetta uno dei nostri bimbi speciali e non ci fermiamo fino a che non l’abbiamo trovata. La nostra ricerca parte dalla creazione di una rete di famiglie accoglienti su tutto il territorio nazionale; i casi dei nostri bimbi ci arrivano grazie alla collaborazione con servizi sociali, associazioni, asl, centri affido e tribunali dei minori di tutta Italia”. AFFIDIamoci, realtà sulla genitorialità individuale, è uno dei tanti progetti portati avanti dalla onlus impegnata, sul territorio nazionale (e internazionale), nella promozione e nel sostegno all’accoglienza dei minori ritenuti “difficilmente collocabili”.
Nello specifico, il progetto AFFIDIamoci ha l’obiettivo di far conoscere ai single la possibilità ed il diritto di essere genitori affidatari nei mille modi in cui si può scegliere di farlo, ovvero in base alle proprie disponibilità di tempo e di cuore. «Tutti, infatti, possono prendere un minore in affido e garantire finalmente a un bambino di crescere in una famiglia: single (al di là del proprio orientamento sessuale), coppie sposate e non (con e senza figli)». Nell’affido, infatti, non sono richiesti requisiti particolari né anagrafici, tanto meno economici, anzi, in merito a questi ultimi, sarà proprio il Comune a erogare un contributo a sostegno del genitore affidatario.
L’AFFIDO FAMILIARE. L’accoglienza di un minore – che può riguardarlo dal suo primo giorno di vita fino al diciottesimo anno d’età – può essere a tempo determinato o sine die (ovvero a tempo indeterminato, laddove non sia possibile il suo rientro nella famiglia di origine), ma ci sono affidi per tutti i vissuti e tutte le esigenze: diurni, residenziali (H24 ore), solo di alcuni pomeriggi la settimana… «L’importante, al di là dell’affido al quale si sceglie di aprirsi, è tenere sempre presente quello che gli operatori di Dalla Parte dei Bambini Onlus non si stancano mai di ripetere a chiunque si avvicini a questo percorso, ovvero ciò che effettivamente contraddistingue l’affido dall’adozione: il mantenimento e il rispetto del legame con la famiglia d’origine. Questo deve essere sempre presente nel genitore affidatario, anche se si tratta di un affido sine die: il legame si ha nel rispetto del vissuto del minore, nel rispetto del rapporto con la sua famiglia di origine, nel facilitare (laddove sia possibile) gli incontri periodici con i genitori biologici. La famiglia affidataria dovrà infatti sempre attenersi al progetto che i servizi sociali hanno disegnato sul singolo minore, e da lì facilitare i rapporti con la famiglia di origine, se previsti».
IL LAZIO. Nel Lazio sono presenti quasi 2000 minori affidati a 200 strutture residenziali (soprattutto comunità di tipo familiare), sono 1250 i minori affidati a famiglie, persone singole e parenti affidatari (dati aggiornati al 2009). «Nel 2015 la Regione Lazio, dal punto di vista dell’accoglienza, ha cominciato un graduale “risveglio” stanziando circa 80mila euro», racconta Alessia Onorati, referente del Lazio dell’associazione, consulente Affidi e adozioni speciali. «Proprio quest’anno è ripartito il Polo Affido di Cerveteri, progetto promosso dalla città metropolitana Roma Capitale, a cui hanno afferito i Comuni di Civitavecchia, Santa Marinella, Tolfa, Ladispoli e Fiumicino.
Il progetto ha sostenuto varie forme di affidamento, da quello residenziale a quello diurno e, per chi si è offerto come affidatario, ha proposto un percorso formativo in cui ha trattato non solo gli aspetti prettamente legislativi, ma soprattutto quelli psicologici ed emotivi legati all’affidamento familiare», continua Alessia Onorati. Per arrivare all’affido bisogna, infatti, seguire un corso informativo, formativo e conoscitivo di 2-3 mesi, con alcuni incontri di gruppo ed altri individuali con psicologi ed assistenti sociali.
«Sempre quest’anno i servizi sociali di Ladispoli, insieme all’associazione Dalla Parte dei Bambini Onlus e alla Cooperativa Pixi, hanno fatto partire il progetto pilota di corso formativo e informativo sull’affido familiare, patrocinato dal Comune di Ladispoli.
Ha avuto un ottimo riscontro: ha raccolto 7 partecipanti single e 8 coppie, non solo di Ladispoli ma anche di paesi limitrofi. Il corso è totalmente gratuito ed i professionisti che lo conducono lo fanno a titolo volontario. «È stato un percorso di consapevolezza di grande successo, coppie formate già stanno per avere l’abbinamento con i bambini: questa è la conclusione perfetta del corso. Noi dell’associazione (tutte donne) siamo molto attive, stiamo rappresentando un canale di accelerazione. Non ci occupiamo assolutamente dell’abbinamento finale famiglia affidataria/affidato, ma proponiamo ai Tribunali le famiglie o i single del nostro data base che ci sembrano adatti a “quel” minore da poco segnalatoci dagli organi preposti».
LE CRITICITÀ. «L’affido non è un istituto in crisi: va semplicemente conosciuto. Purtroppo non esistono promozione e diffusione della cultura dell’accoglienza che permetta a tutti di conoscere il diritto/dovere di poter dare un sostegno a tempo determinato a un minore. Ad esempio tanti single, in una genitorialità inappagata, scappano all’estero, senza neppure sapere che potrebbe esserci la possibilità di viversi una genitorialità diversa, altra, a tempo o per sempre. Bisogna offrire a tutti il diritto di saperlo perché, al di là della difficoltà dell’ipotetico distacco, della temporaneità, della possibilità e della forza che si possiede nel far uscire di casa un bambino dopo un lasso di tempo cospicuo, bisogna dare a tutti gli strumenti per valutare la possibilità di accogliere o meno. Noi mettiamo in grado le persone di prenderla in considerazione. Utilizziamo tutti i mezzi per far conoscere queste realtà, soprattutto i social network che funzionano benissimo per reclutare single e coppie che all’inizio del percorso verranno formate, poi verrà fatta loro una proposta di abbinamento, infine verranno sostenute», spiega Karin Falconi.
«Un altro problema è che le famiglie e i single disposti a diventare affidatari sono “parcheggiati”, hanno fatto corsi (con la Asl, con i servizi sociali del Comune, o con un’associazione di riferimento, la nostra o altre), ma attendono anche 2 anni senza ricevere nessuna proposta di abbinamento. Le persone spesso si demotivano, si rassegnano, si perdono. Associazioni come la nostra nascono anche per questo motivo: cercare di velocizzare questo processo di abbinamento mantenendo un rapporto continuativo e di fiducia prima, dopo e durante l’esperienza di affido con la famiglia affidataria».
Altre criticità importanti sono legate alla mancanza di supporto alle famiglie affidatarie quando sono già presenti bambini biologici, che «subiscono una deprivazione dello spazio e dell’affetto e ne va tenuto conto. Un altro problema è la mancanza di supporto alle famiglie biologiche, che poi permetta il rientro del minore. L’affido nasce come sostegno temporaneo e così dovrebbe tornare ad essere, questo deve essere l’obiettivo di tutti noi che ce ne occupiamo. Perché ciò succeda bisogna supportare le famiglie biologiche, per permettere il rientro del minore: ciò purtroppo non accade come dovrebbe».
Ogni affido è a sé, non sempre viene mantenuto il rapporto con la famiglia d’origine, dipende da caso a caso, bisogna considerare molte variabili. «È importante avvicinarsi all’affido con la forma mentis che è temporaneo e bisogna mantenere i rapporti d’origine. Anche se nel 75% dei casi ormai l’epilogo di un affido è sine die. Un affido funziona se è presente un’armonia tra nucleo familiare biologico e quello affidatario, per non far sentire il bambino in un limbo eterno: questa situazione di doppia appartenenza è irrisolta, ma se la vive in armonia ne sentirà molto meno il peso. L’affido sine die spesso non è gestito bene, si ha paura a dichiarare l’adottabilità del minore», continua la responsabile del progetto.
Altre gravi mancanze da sottolineare sono l’assenza di un quadro statistico aggiornato e di una Banca Dati nazionale, che permetterebbe a tanti bambini di andare in affido anche fuori regione.
FARE RETE. Quando entra un bambino affidato in una famiglia, sul momento l’impegno è complesso, da qui nasce l’importanza di un lavoro di rete tra associazioni, famiglie con esperienze simili, professionisti, istituzioni. Ma a lungo raggio ci si sorprende di come l’affidamento si riveli magicamente come un vero e proprio ritorno ed arricchimento emotivo. «Le risposte più significative, che meglio descrivono il valore aggiunto di una simile esperienza per una famiglia normale -con risorse e strumenti normali-, vengono dai figli biologici delle famiglie affidatarie, che spesso faticano inizialmente ad accettare la nuova situazione familiare. Faticano a condividere lo spazio emotivo e materiale con il nuovo arrivato, l’attenzione dei propri genitori ma, negli anni, da adulti, sono i primi a raccontarne l’arricchimento ed i valori portati da quegli “intrusi” che nel frattempo hanno imparato a chiamare “fratelli”. L’accoglienza a lungo andare è un dono, si riceve tutti i giorni senza accorgersene» conclude Karin Falconi.
Per avere informazioni o entrare nel data base dell’associazione Dalla parte dei Bambini Onlus: falconikarin@gmail.com; mammemattedpdb@gmail.com. Per segnalazioni ed emergenze: 339/8322065.
Immagine di copertina: Photo via Visual hunt
Una risposta a “AFFIDO FAMILIARE: NON UN ISTITUTO IN CRISI, MA UNA RISORSA DA CONOSCERE”
da “Avvenire”
26 agosto 2015 pagina 2
GENITORI SEPARATI, I FIGLI POSSONO VEDERE ENTRAMBI
Gentile direttore,
il nuovo caso di un padre separato “fuggito” col figlioletto porta in evidenza un grande problema. In una condizione di separazione dei genitori i figli minori si trovano sfortunatamente a maggiore rischio di disgregazione familiare. E hanno ancor piu bisogno di cura, di attenzione e di tempo complessivo da parte di entrambi i genitori. Bisogna fare in modo che i figli minorennis siano aiutati aa poter frequentare l’uno e l’altro proprio genitore in maniera elastica o, almeno, paritaria. Silvio Pammelati Roma