RIETI. SANT’ERASMO IL CORTILE: UN PICCOLO MONDO ANTICO EQUO E SOLIDALE
Un pollaio sociale con l’uovo sospeso, una No Kill Zone dove gli animali possono riprodursi liberi senza essere macellati, un orto i cui prodotti in eccedenza sono destinati al fabbisogno sociale. Accade al Lago di Paterno
30 Luglio 2022
«Il cortile per noi ha un senso da sempre. È quella parte di micro-vita che si ricostituiva all’interno della famosa aia sociale, dove i contadini di riunivano, parlavano, lavoravano, barattavano. Noi abbiamo voluto dare questa concezione al nostro progetto». Così Federica Paolucci, per tutti Nanina, presidente de Il Guazzabuglio OdV, ci ha presentato la nuova fase del progetto Sant’Erasmo Il Cortile, di cui Il Guazzabuglio, associazione di volontariato di Rieti, è capofila. Il progetto Sant’Erasmo Il Cortile sta crescendo nel tempo, nelle attività, nei numeri. «Riguarda le fragilità, intese come disabilità, cioè dei giovani disabili adulti, ma anche inteso come disagio a livello economico». Ma quello che è davvero speciale è che Sant’Erasmo sta costruendo una sorta di «piccolo mondo antico», un mondo agricolo incontaminato, autosufficiente e sostenibile. E, soprattutto, solidale. «È una catena che stiamo costruendo anno dopo anno» ci spiega Federica Paolucci. «È tutto un progetto di vita sociale, che parte dalla realizzazione di un’unica grande area bonificata dai volontari, dalle plastiche e dai rifiuti. È al lago di Paterno, nella zona delle antiche terme di Tito Flavio Vespasiano. In questo pezzo di terra, che il progetto Sant’Erasmo ha in comodato, sta avendo una sorta di rigenerazione urbana e agro-pastorale. Abbiamo cercato di mantenere questo posto selvaggio come l’abbiamo trovato, ma lo stiamo migliorando dal punto di vista urbano. Cerchiamo di mettere dei pannelli solari, in modo che abbia dell’energia in modo naturale. E stiamo cercando di attivare delle telecamere di controllo per tenere gli animali protetti».
No Kill Zone: nessuno verrà macellato
Una delle cose originali di questo progetto è la No Kill Zone. «Il progetto sta crescendo, stiamo affinando il tiro, cercando di creare un’area di allevamento, di mucche pezzate rosse, in un comparto No Kill» ci spiega Paolucci. «Che cosa vuol dire? Che tutti gli animali che entrano a Sant’Erasmo, comprese le fattrici, non sono destinati alla macellazione. Non credo che sia una presa di posizione a favore dei vegani, a favore di chi non mangia la carne, o contro chi vive sul commercio delle carni. È una sorta di clausola che abbiamo messo all’interno dello statuto delle nostre associazioni. Creare una sorta di oasi di riproduzione dove gli animali vivono liberi, in 10mila metri di terreno, con ripartizioni in stalli a seconda del momento. Ma sono liberamente felici, perché si riproducono e non vengono uccisi. Per noi è un motivo di vanto». «Stiamo cercando, in un mondo in cui si stanno spingendo in tecniche e atteggiamenti molto disumanizzanti, di restare umani» riflette Federica Paolucci. «In un mondo ultratecnologico, che certamente ha la sua importanza, abbiamo cercato di creare questo piccolo mondo rurale in cui volontari, messi alla prova, amici e simpatizzanti, concorrono tutti alla tutela massima del territorio».
Il pollaio sociale: così l’uovo è sospeso
Il cuore del progetto Sant’Erasmo Il Cortile è un orto sociale dove le eccedenze vengono redistribuite. Così come a ottobre-novembre, quando ci sarà la raccolta delle olive, una quota parte dell’olio verrà destinata a chi ne ha bisogno. E poi c’è il pollaio sociale, che è la prosecuzione dello stesso concetto. «Abbiamo quasi finito un grande pollaio sociale dove verranno messi voltatili di varia tipologia, dalle galline alle quaglie, alle faraone» ci spiega la presidente de Il Guazzabuglio OdV, «e grazie al quale le uova prodotte verranno destinate al fabbisogno dei nuclei fragili che lo richiederanno, o anche degli stessi volontari. Le galline allevate all’aperto, in maniera del tutto naturale, producono uova di qualità che noi destiniamo all’uovo sospeso». L’uovo sospeso allora è un’altra idea di solidarietà, in linea con l’attività de Il Guazzabuglio e di Sant’Erasmo degli ultimi anni. «La nostra è una fattoria sociale dove mettiamo a disposizione quello che abbiamo in più: tutto quello che produciamo e va in eccedenza lo riconvertiamo al fabbisogno sociale» ci spiega Nanina. «Sant’Erasmo persegue la linea iniziata tre anni fa della condivisone delle derrate alimentari, della rivalutazione del territorio, e dell’uso delle energie alternative pannelli solari. Cerchiamo di creare un piccolo indotto, producendo da noi tutto ciò che ci seve: fieno, paglia, foraggio e tutti i semi. Stiamo mettendo in moto una specie di economia circolare del Sant’Erasmo». Insieme a mucche e polli è aumentata anche la famiglia degli asini: dopo un asino bianco dell’Asinara, sono arrivate due asine grigie. «Il nostro concetto di sociale diventa sempre più ampio e cerca di coprire vari settori, dagli alimenti alla distribuzione, alla ricerca di scorte alimentari da redistribuire» ci spiega Federica Paolucci. «E ci siamo specializzati nell’accoglienza socio-affettiva e allo stesso tempo abbiamo occupato volontari che vogliono fare questo percorso».
I messi alla prova: gli strumenti per una vita normale
Grazie al nuovo bando Comunità Solidali 2020, il progetto Sant’Erasmo Il Cortile vede una canalizzazione dei nuovi ragazzi «messi alla prova», persone in arrivo dal carcere e inserite in una pianificazione che ha il fine di farli entrare nel mondo del lavoro. «Da noi avviene una formazione sul campo che serve poi a farli entrare nel mondo del lavoro» ci spiega Nanina. I messi alla prova sono nove, i volontari otto, più i tutor e persone volontari oro, quelli che insegnano ai volontari ciò che va fatto. In tutto ci sono 20-24 persone. «I messi alla prova vengono rieducati a un senso civico diverso attraverso dei percorsi green che hanno ben altro valore sociale rispetto alla pena» ci spiega Nanina. «Riabilitare un ragazzo che ha commesso un reato, oggi come oggi, dentro le carceri italiane, vuol dire vederlo peggiorato a fine pena, e non averlo rieducato, ma rimandarlo nella società senza nessuno strumento per liberarsi di quello che ha fatto. Noi gli diamo gli strumenti e la possibilità per riabilitarsi in maniera alternativa alla pena detentiva. C’è gente disperata che si rivolge a noi. Una persona che è appena uscita dal carcere si è trovata senza lavoro, senza la moglie. E con il pregiudizio sulle spalle. In un piccolo centro come il nostro ti riconoscono tutti. Noi vogliamo prendere queste persone e dare loro degli strumenti, quell’aiuto che li traghetta verso la vita normale».