PROGETTO SOCRATES: LO SPORT È PER TUTTI
Il Progetto Socrates è una palestra popolare che promuove il diritto allo sport e alla salute. La trovate al Fusolab, nel quartiere Alessandrino
18 Gennaio 2016
Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveria, noto a tutti come Socrates, è stato un calciatore brasiliano – era il capitano della nazionale che abbiamo sconfitto ai mondiali del 1982 – ma è stato famoso per molte altre cose fuori dal campo. Il suo impegno politico e culturale, nello sport e nella vita di tutti i giorni, ne ha fatto un simbolo. Ha fatto la storia, ad esempio, l’esperimento di autogestione della sua squadra, il Corinthians di San Paolo. A lui si ispira il Progetto Socrates, la nuova palestra popolare nata dall’esperienza di Fusolab e PalMeta, che da qualche mese opera in via della Bella Villa 94, nel quartiere Alessandrino (quinto Municipio) di Roma. L’autogestione e la partecipazione sono alcuni dei principi cardine dell’attività di una palestra in cui ognuno può trovare la sua dimensione ideale, spaziando tra le classiche attività con gli attrezzi ai corsi di yoga, swing, tango, dal tai chi fino al dance hall e al crossfit. Il tutto a prezzi estremamente competitivi e popolari: l’abbonamento annuale costa 135 euro, il mensile 25 euro, molti dei corsi costano solo 35 euro.
Ma non pensate a una situazione improvvisata. Si tratta di una vera palestra, con i migliori attrezzi e macchinari disponibili oggi, e con i migliori insegnanti. Il progetto infatti unisce due realtà che da qualche anno abitano i locali adiacenti all’Ipercoop, il Fusolab, locale multifunzionale nato dall’omonima associazione di promozione sociale, e PalMeta, vera e propria palestra nata con un posizionamento particolare, quello della ginnastica metabolica. Da questa estate le due realtà si sono unite in un’associazione sportiva dilettantistica, affiliata alla Uisp, e la palestra si è così riposizionata con il Progetto Socrates.
Benessere, non culto dell’immagine
In questo modo, la palestra, che si trova al piano terra e ha uno spazio di 150 metri quadri, può contare sulla grande sala del primo piano del Fusolab, che nasce come sala concerti e da ballo. Fusolab ci mette la sua grande esperienza di comunicazione e penetrazione sul web, oltre alla sua ispirazione “sociale”. «Fusolab e la palestra sono arrivati insieme in questo posto» ci spiega Dario Minghetti, Presidente di Fusolab. «Per varie vicissitudini ognuno ha portato avanti le sue cose da solo. Però poi abbiamo capito che l’unica strada era quella di mettere a fattor comune le energie. Fra poco l’affitto del posto sarà tutto a carico di Fusolab. E a questo punto a noi interessava che tutte le attività fossero coordinate e che ci si potesse mettere il nostro marchio. Ci siamo chiesti se la palestra e lo sport popolare potessero rientrare negli obiettivi del Fusolab. Ci siamo detti che ne valeva la pena. E abbiamo riscritto il quadro generale. Sia per il posto in cui stiamo, sia per i valori alla base delle nostre esperienze personali, abbiamo pensato che lo sport popolare, cioè accessibile, che mira al benessere fisico ma anche alla formazione dei cittadini e delle persone, fosse la chiave giusta». È una palestra diversa dalle altre. «Ci siamo specializzati nella ginnastica metabolica, con una fascia dedicata a persone di una certa età con problemi di obesità o vascolari» ci spiega Massimiliano Torre, gestore della palestra. «Abbiamo iniziato a puntare forte sul cross training, una disciplina che va per la maggiore, un concentrato che unisce attività aerobica e anaerobica, pesi e corpo libero, dove si lavora per circuiti». Quello di Via della Bella Villa è un luogo pensato per tutti. Ma è una palestra particolarmente amata dalle donne. «L’ambiente è rilassato e non competitivo», ci spiega Torre. «Ho molte ragazze che in altre palestre non andrebbero, perché si sentirebbero osservate e giudicate, magari per qualche chilo di troppo. Abbiamo minorenni e donne di settant’anni. Vengono con piacere, trovano un ambiente familiare dove è completamente scomparsa la classica frequentazione delle palestre, maschile e giovane, dove le donne si sentono osservate». Qui le donne trovano la zumba e il pilates, attività tipicamente femminili, o la ginnastica metabolica, pensata più per gli anziani, come la posturale. «L’ambiente delle palestre può infastidire qualcuno, ci possono essere strafottenza, discorsi di un certo tipo», spiega Minghgetti. «Non è che qui si debbano fare solo discorsi colti. Ma è chiaro che uno che parla male di un rifugiato viene accompagnato fuori. Anzi, qui ci sono degli stranieri che vengono a fare palestra. Non sono ancora molti: il discorso del costo è discriminante».
Fare scintille per accendere fuochi
La funzione sociale della palestra può diventare sempre più importante. «Qualche giorno fa è venuta una funzionaria della Asl Roma B che vorrebbe sviluppare un progetto per far fare attività a ragazzi con dei problemi cognitivi e fisici», ci racconta Torre. Ma la cosa che ci ha impressionato è che tutto questo è possibile senza finanziamenti pubblici, solo con una gestione accurata, e un grande lavoro che va al di là delle tariffe di mercato. Si lavora anche per molte ore con compensi ridotti. In un certo senso, si fa volontariato. «In questa cosa mettiamo tanto amore, tanto tempo e tanta energia, e certo non lo facciamo per i soldi che incassiamo alla fine del mese», racconta il responsabile. «Io sto qui dieci ore al giorno». «L’idea di Socrates è quella dello sportivo cittadino», spiega Minghetti. «È importante lo sport, l’agonismo, il dare il meglio, ma non può essere staccato dal mondo in cui vivi. E tu, come sportivo, non puoi che essere anche un cittadino. La sua squadra, il Corinthians, ha fatto un esperimento assurdo: l’autogestione. Votavano tutto tutti insieme: presidente, dirigente, allenatore, giocatori, magazzinieri. Le decisioni per due anni si sono prese insieme. E hanno vinto il campionato». Ma come è possibile l’autogestione in una palestra? «L’autogestione nel nostro caso si declina in un comitato allargato di gestione, che vuole includere nel futuro sempre più gli insegnanti ma anche gli utenti. L’idea è coinvolgere chi viene qui nel miglioramento di questa realtà». Fusolab ha preso una palestra e l’ha fatta diventare qualcos’altro. «Gli ha dato un’altra veste e obiettivi ulteriori» spiega Minghetti. «Ci chiediamo se Fusolab migliori la vita del quartiere. Poi vediamo che chi si iscrive ai corsi viene da tutta Roma. E noi dobbiamo incontrare il quartiere. I corsi per bambini e la palestra sono un modo per incontrarlo: chi viene in palestra è tutta gente di qui. E questo ci ha permesso di entrare ancora di più nella missione del Fusolab».
In questo modo Fusolab diventa sempre più in punto di riferimento per il proprio territorio. «Il nostro obiettivo è sempre stato capire se il Fusolab, un posto di aggregazione e di formazione, potesse migliorare un quartiere come lo fa chi mette a posto un lampione» spiega Minghetti. «I primi anni sono stati molto duri, abbiamo dovuto riconvertire una struttura che era vuota, era stata pensata come luogo per uffici. È stato un percorso molto lento, con la cittadinanza. È un progetto diverso: non è una palestra, non è una scuola, non è un locale, non è una biblioteca e non è un centro sociale. È un mix di esperienze che la gente all’inizio fatica a capire». Ora l’idea è quella di allargare l’offerta alle fasce un po’ più giovani. «Mi ricordo quando a sedici anni passavo il tempo seduto sul tubo del gas sotto casa a fare niente», racconta Minghetti. «Alcuni percorsi li ho incrociati dopo. Se fosse accaduto prima forse qualche cosa sarebbe cambiata. Io vorrei che oggi qualcuno avesse questa scintilla. Poi da questa potrebbe accendersi un fuoco. Oppure rimanere una scintilla. Noi vogliamo fare scintille che accendano dei fuochi, qui in periferia».