TUTTI A SCUOLA: SOLO UNA COMUNITÀ EDUCANTE PUÒ VINCERE LA POVERTÀ EDUCATIVA
Contro la povertà educativa minorile occorre una strategia integrata basata sull'accesso a risorse e servizi di qualità e sul diritto dei minori a partecipare
21 Maggio 2019
«In Italia il numero dei poveri assoluti (cioè le persone che non riescono a raggiungere uno standard di vita dignitoso) continua ad aumentare, passando da 4 milioni 700mila del 2016 a 5 milioni 58mila del 2017, nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale. Dagli anni pre-crisi ad oggi il numero di poveri è aumentato del 182%. Da circa un lustro, la povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età, decretando i minori e i giovani come le categorie più svantaggiate (nel 2007 il trend era esattamente l’opposto). Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono 1 milione 208mila (il 12,1% del totale) e i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): oggi quasi un povero su due è minore o giovane». (Rapporto Caritas 2018 su povertà e politiche di contrasto).
Amartya Sen definiva la povertà: “L’incapacità di tradurre le proprie capacità in funzionamenti ossia quando non si ha accesso alle risorse necessarie per realizzare un livello di vita adeguato in una società e in un contesto specifico. O peggio ancora, quando le risorse per i funzionamenti sono così esigue da indebolire fortemente le capacità, come avviene, per esempio, quando un bambino non può andare a scuola, o la deve abbandonare, o è costretto a lavorare in età precoce, o quando la malnutrizione incide sullo sviluppo fisico e, in taluni casi, anche intellettivo”.
POVERTÀ MATERIALE E POVERTÀ EDUCATIVA. La connessione della povertà materiale con la povertà educativa emerge da questa definizione, per il tramite dei concetti di “capacità” e di “funzionamenti”. Se è ormai accreditata l’ipotesi che il problema maggiore non sia la disponibilità di risorse, ma la loro distribuzione e che le disuguaglianze riproducano la povertà materiale, ancora non lo è altrettanto l’idea che le capacità individuali siano tanto dipendenti dal contesto di provenienza e dalla libertà, intesa come abilità sostanziale di scelta, cioè dalle condizioni che permettono di tradurre le capacità in funzionamenti.
La povertà educativa è un fenomeno complesso che non trova ancora una lettura condivisa e ritenuta soddisfacente e, in questo senso, sono molto importanti gli apporti che le sperimentazioni territoriali possono dare.
Il progetto Tutti a Scuola si propone di contribuire a una lettura contestualizzata del fenomeno, cercando di cogliere nella realtà sociale i segni della povertà educativa ed approcciando pragmaticamente agli adolescenti e alle famiglie che vi rimangono impigliate, per poi operare una riflessione su quanto sperimentato e contribuire quindi alla raccolta di dati che l’Impresa Sociale Con I Bambini sta avviando e al dibattito che ha aperto. L’Impresa Sociale Con I Bambini, in collaborazione con la Fondazione Openpolis, infatti, ha istituito un Osservatorio sulla povertà educativa che cura una banca dati che dà conto anche delle realtà di quartiere, arricchendo quei dati aggregati solitamente a livello nazionale o, al massimo, regionale. Questo dettaglio di conoscenze potrà costituire una base per la programmazione locale di servizi ed opportunità.
Il dibattito sulla povertà educativa, negli ultimi due anni, è stato suscitato grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, alimentato dalle Fondazioni di origine bancaria e gestito dall’Impresa Sociale Con i Bambini, che ha assegnato risorse, tramite bandi, per 120 milioni di euro l’anno per 3 anni, a partire dal 2016. Il Fondo è stato rinnovato nel 2019, pur se con minori risorse.
TUTTI A SCUOLA CONTRO LA POVERTÀ EDUCATIVA. è un progetto selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, sul bando adolescenza per il territorio della Regione Lazio.
Il contributo che Tutti a scuola vuole dare per spezzare il circolo vizioso di riproduzione della povertà educativa consiste nel contrastarne i meccanismi di riproduzione e nello stimolare le comunità locali ad assumere su di sé la dignità e la responsabilità di sentirsi “Comunità educante”.
Molti studi correlano la disponibilità di accesso alle risorse sociali e ai servizi la possibilità di non soggiacere a un destino segnato, quando si nasce in una costellazione che prevede già uno scivolamento verso la marginalità e l’irrilevanza sociale.
L’Unicef ha definito la povertà educativa minorile come quella situazione in cui i bambini “Sperimentano mancanza di risorse materiali, spirituali ed emozionali necessarie a sopravvivere, svilupparsi e prosperare”
Ma le determinanti della povertà educativa hanno ormai una genesi conosciuta:
- struttura della famiglia: monogenitori o coppia con tre o più figli a carico
- bassa intensità lavorativa
- disoccupazione di lungo periodo/dequalificazione, riduzione di capacità e abilità
- livello di istruzione
- un genitore nato all’estero
- abbandono scolastico
La povertà dei bambini tende a generare bassa istruzione e questa conduce a disoccupazione e bassi salari; lo stato di disoccupazione determina inevitabilmente un’atrofia delle conoscenze e un deterioramento di quelli che sono i general skills. Si parla di scarring effect o effetto cicatrice, secondo il quale, tra i migliori indicatori del rischio di un futuro stato di disoccupazione, vi è la pregressa storia di disoccupazione di un individuo.
Il Pilastro europeo dei diritti sociali afferma “I minori hanno diritto a essere protetti dalla povertà. I bambini provenienti da contesti svantaggiati hanno diritto a misure specifiche tese a promuovere le pari opportunità”. L’articolo 3 della nostra Costituzione ha posto questo principio a fondamento della democrazia italiana e in capo alla Repubblica il dovere di rimuovere “ogni ostacolo”.
Per contrastare la povertà educativa minorile occorre dunque agire con una strategia integrata e multidimensionale di lotta ai vari tipi di povertà basata su tre pilastri: l’accesso a risorse sufficiente, l’accesso a servizi di qualità; il diritto dei minori a partecipare alla vita sociale.
Se la società dà attenzione ai giovani, offrendo loro servizi adeguati, li spingerà ad aver cura, a loro volta, di se stessi e trans-attivamente, di coloro che se ne sono occupati, in un circolo virtuoso di solidarietà e responsabilità sociale che coinvolge tutti i cittadini. (La povertà minorile ed educativa, 2018).
Intendiamo quindi la povertà anche educativa, come mancanza delle opportunità di imparare, sperimentare, formarsi e sviluppare competenze cognitive, che produce una spirale che inevitabilmente conduce al peggioramento delle condizioni inziali in quanto corrode le capacità e in particolare quella di tradurre le capacità in funzionamenti.
Secondo la teoria dei giochi, nessun giocatore può tentare una strategia se non tenendo conto delle strategie altrui, ovvero, ogni essere vivente, quando deve prendere delle decisioni, lo fa sempre in modo interattivo: il risultato delle sue scelte, e quindi la sua soddisfazione, dipendono anche dal comportamento di altri.
Considerando l’adolescenza si immette un concetto di asimmetria che porta alle responsabilità educative. In un contesto sociale gli attori non sono tutti pari, gli adulti hanno specifiche responsabilità verso i minori e le policy possibili per contrastare la povertà educativa devono tenere conto sia della dimensione ineluttabilmente collettiva e conflittuale di un contesto sociale, sia della necessità di svelare le regole del gioco affinché tutti possano giocare le proprie opportunità, soprattutto gli elementi deboli.
Il progetto Tutti a scuola propone di costruire le condizioni per rendere un contesto sociale adeguato a favorire la partecipazione al gioco dei soggetti in età evolutiva, con responsabilità, e mirando attivamente all’interruzione del circolo vizioso di riproduzione della povertà educativa.
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