SENZA FISSA DIMORA E SENZA RESIDENZA: QUALI SARANNO LE CONSEGUENZE?
Una delibera del Comune di Roma passa ai Municipi l'anagrafe dei senza fissa dimora. Tante le perplessità delle associazioni che se ne occupano da anni: i loro diritti saranno garantiti?
11 Aprile 2017
Le procedure relative all’anagrafe dei senza fissa dimora diventano materia esclusiva dei Municipi di Roma. A deciderlo è stata la Delibera n° 31 approvata dalla Giunta capitolina lo scorso 3 marzo 2017, che ha ignorato le preoccupazioni delle cinque grandi associazioni che da anni affiancavano il Comune nell’erogazione gratuita di questo servizio.
In un comunicato congiunto Caritas di Roma, Comunità di Sant’Egidio, Esercito della Salvezza, Focus-Casa dei Diritti sociali e Centro Astalli evidenziano come «l’eccessiva mole di lavoro e la non adeguata preparazione degli impiegati dei Municipi possano non assicurare il diritto di residenza a tutti i richiedenti».
«È normale che l’iscrizione anagrafica sia materia di competenza dei Municipi, spiega Lorenzo Chialastri, responsabile area immigrati Caritas di Roma, «ma è difficile che una realtà complessa come quella della Capitale permetta di soddisfare tutte le richieste. Parliamo di persone vulnerabili che difficilmente riescono ad approcciarsi alle istituzioni e, in questo senso, le associazioni riuscivano a creare dei punti di mediazione».
Solo con l’iscrizione anagrafica, i senza fissa dimora (italiani e stranieri) possono richiedere un documento di identità, esercitare il diritto di voto, ottenere l’assistenza sanitaria o richiedere la cittadinanza. Ma, senza una residenza, dove far recapitare i diversi documenti, questi diritti non possono essere esercitati. «Molte delle persone che ci chiedono aiuto, vivono in subaffitto e, per legge, non possono richiedere la residenza; poi ci sono quelli che hanno una casa, ma ai quali il proprietario non vuole fare un contratto; o, ancora, gli stranieri, a cui viene negato un rapporto di lavoro perché privi di un’abitazione stabile».
Anagrafe dei senza fissa dimora: i diritti non devono risentirne
E per questi casi specifici le associazioni come operavano? «Innanzitutto ascoltando queste persone e capendo quali erano i loro limiti e bisogni. Si valutava se era possibile richiedere la residenza nei loro contesti e, se i tempi erano lunghi, venivano temporaneamente registrati in una delle sedi delle stesse associazioni, così da poter ricevere per posta tutti i documenti necessari. Oggi, ci chiediamo, ogni sede di Municipio riuscirà a gestire questa mole di corrispondenza postale relativa ad ogni singola richiesta?».
A Roma sono circa 20mila le persone a cui è stata data l’opportunità di iscriversi all’anagrafe, 18mila non più “invisibili” grazie al lavoro delle associazioni sul territorio e solo 2mila per opera delle strutture comunali. Di fronte a questi dati, la delibera sull’anagrafe dei senza fissa dimora ha senz’altro rappresentato un “repentino cambiamento” lasciando spiazzate le diverse realtà di volontariato. «Il tutto», continua Chialastri, «sarebbe stato facilitato da un accompagnamento di percorso: con la segreteria dell’assessora Baldassarre ci saremmo dati dei tempi per lavorare insieme e, una volta messe in campo le linee guida per il trattamento di questi soggetti sensibili, saremmo usciti di scena per far lavorare le istituzioni competenti».
Non c’è solo il rischio che la troppa burocrazia, in mano ai Municipi, rallenti le procedure di iscrizione, ma questi tempi lunghi potrebbero invogliare i soggetti anche a scegliere vie “privilegiate” che alimenterebbero la compravendita di residenze. «Abbiamo già chiesto l’introduzione di box informativi nei pressi degli uffici municipali che erogheranno il servizio, possibilmente con personale che parli francese e inglese per assistere gli stranieri. Come Caritas di Roma vigileremo affinché a tutte queste persone vengano garantiti i loro diritti. La delibera, purtroppo, ci costringe a “dirottarli” al Municipio di competenza, ma assicureremo loro adeguata assistenza soprattutto nei casi in cui non riusciranno ad accedere all’iscrizione. Diciamo e parliamo tanto di integrazione senza renderci conto degli ostacoli che continuiamo a generare».