PSICOLOGIA E DIGITALE: NUOVE RISPOSTE PER I PIÙ GIOVANI

Si chiama Twende la piattaforma online che avvicina i nativi digitali al sostegno psicologico, in un ponte tra virtuale e reale

di Ermanno Giuca

Psicologia e tecnologie digitali insieme per andare incontro ai bisogni dei più giovani.
È la scommessa di Simone Barbato e del suo team di lavoro orientato ad integrare sempre più gli strumenti classici della psicologia con le più recenti innovazioni digitali.

Psicologia digitale
«La consulenza psicologica online non può sostituire quella tradizionale, ma è un mezzo in più per intercettare un nuovo disagio»

Ma in che modo il web, le chat o la virtual reality possono affiancare il lavoro quotidiano dei professionisti? Una risposta è Twende, una piattaforma online – di cui Simone è direttore tecnico – che consente agli utenti dai 18 ai 35 anni di mettersi rapidamente in contatto con professionisti qualificati e di iniziare un percorso gratuito di consulenza psicologica in chat.

«È un servizio facilmente accessibile», spiega Simone, «immediato nella navigazione e che mette a disposizione dell’utente uno spazio, protetto e gratuito, di 4 sessioni da un’ora ciascuna. L’obiettivo è quello di avvicinare le persone alla psicologia e di superare eventuali barriere territoriali o economiche che si possono incontrare all’ingresso, oltre all’imbarazzo – purtroppo ancora diffuso – di sentirsi etichettati quando ci si rivolge allo psicologo». I primi dati raccolti dalla giovane piattaforma confermano questo dato: 1 persona su 3 che ha utilizzato Twende non è mai stata dallo psicologo.

Psicologia digitale: Twende è un ponte tra virtuale e reale

Anche se il primo approccio del professionista avviene online, terminate le quattro sessioni via chat, paziente e professionista possono concordare il loro percorso in studio. «La consulenza psicologica online non può, e non deve, essere sostitutiva rispetto a quella tradizionale», afferma Barbato, «ma può essere un mezzo in più, uno strumento al passo coi tempi in grado di accogliere e di intercettare un disagio nuovo, un disagio che le nuove generazioni esprimono con maggiore facilità più attraverso il web e le chat istantanee, che non di persona. Twende vuole costruire un ponte tra l’online e l’offline. Lo schermo, grazie al suo effetto disinibente, può rappresentare un mezzo efficace per creare un clima di fiducia e facilitare un accesso in studio dallo psicologo».

psicologia digitale
«Per le nuove generazioni la mediazione tecnologica è fisiologica: il web è necessario per “raggiungere” i più giovani e fornire loro supporto psicologico»

Rappresentando un fenomeno ancora giovane, l’e-therapy trova ancora molte resistenze da parte di professionisti e ricercatori. Per Simone, però, il fenomeno della psicologia digitale non può essere ignorato perché esiste e permette di analizzare e progettare nuove modalità d’intervento. Tra queste anche la Virtual Reality (realtà aumentata) che aiuta i pazienti ad immergersi in scenari verosimili. «Il vantaggio principale dell’esposizione in VR», continua lo psicologo, «viene dalla possibilità di manipolare molte delle variabili dello scenario in cui si immergerà l’utente. Questo permette di lavorare, ad esempio, sulle convinzioni disfunzionali in una situazione simile a quella in vivo, ma controllata. Così facendo si potranno sperimentare performance di successo, intervenendo sull’intensità degli stimoli proposti».

Investire sulla psicologia digitale è aprire gli occhi su una realtà – quella dei nativi digitali – che quotidianamente media le relazioni interpersonali con strumenti di comunicazione (smartphone, tablet, iwatch). «Interagire con le nuove tecnologie è divenuta una componente integrante dell’identità dei giovani e persino dei giovanissimi. Grazie ai dispositivi touch-screen che abbattono la barriera linguistica, anche i bambini con poco più di un anno possono interagire in modo efficace coi new media. È quindi evidente che l’ipotesi di un mutamento dell’organizzazione cognitiva di questi ragazzi risulti più che plausibile. Va poi considerato che le nuove generazioni vivono come fisiologica la mediazione tecnologica (lo smartphone è la prosecuzione del braccio). Il web, quindi, diventa un ambiente necessario per “raggiungere” i più giovani e fornire loro supporto psicologico. Per questa e altre ragioni, la cultura psicologica andrebbe aggiornata così come gli strumenti d’intervento a disposizione dello psicologo 2.0, lo psicologo digitale».

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