QUELLI DI REFOODGEES, CHE SALVANO IL CIBO DAL MACERO E LO DANNO A CHI HA BISOGNO
Un sabato pomeriggio al mercato Esquilino con i volontari che contrastano lo spreco, ma anche l'isolamento
30 Ottobre 2020
Se c’è una cosa che il coronavirus non è ancora riuscito a fermare, è l’impegno silenzioso ma costante di alcune realtà a favore dell’inclusione, del dialogo e della condivisione. Nonostante il distanziamento. Nonostante la crescente diffidenza. Un impegno che l’associazione ReFoodgees ha scelto di perseguire puntando sul cibo, vissuto come veicolo di incontro non solo con le persone, ma anche tra culture.
Siamo a Roma, al mercato Esquilino, ed è qui che ogni sabato pomeriggio, dalle 16.30 alle 18.30, si riuniscono i volontari di questa realtà, con l’obiettivo di salvare dal macero il cibo invenduto per poi redistribuirlo gratuitamente ai passanti.
«L’associazione è nata nel 2019, ma in realtà il nostro progetto, che si chiama Roma salva cibo, ha avuto inizio due anni prima al mercato dell’Alberone, dove insieme ad altri due volontari abbiamo cominciato a raccogliere l’invenduto di frutta e verdura rimasto sui banchi, purtroppo sempre più spesso destinato ai rifiuti», racconta Viola De Andrade Piroli, presidente di ReFoodgees. «L’idea ha funzionato e dopo circa un anno siamo passati a un mercato decisamente più grande, quello dell’Esquilino, dove ogni sabato salviamo dai 700 ai 1000 kg di cibo per redistribuirlo».
Contro lo spreco, contro l’isolamento
L’iniziativa, che punta alla promozione di un’economia circolare e solidale, nasce da un incontro di Viola con il giornalista e attivista Paolo Hutter, presidente dell’associazione Eco dalle Città, che già a Torino, al mercato di Porta Palazzo, portava avanti un progetto analogo. Ed è proprio sulla scia di questo modello che si è costituita la squadra di ReFoodgees, composta attualmente da circa 20 volontari, tra i quali diversi rifugiati e richiedenti asilo. Come Keita Soumaila, giovane ragazzo del Mali: «Collaboro con loro da due anni», racconta. «Nonostante il mio lavoro di notte come panettiere, ogni settimana vengo al mercato per dare una mano».
Un gruppo eterogeneo quindi che, sotto allo stesso gazebo, porta avanti un obiettivo comune: creare uno spazio di contrasto non solo allo spreco, ma anche all’isolamento, all’esclusione e alla discriminazione. Come? Proponendo, parallelamente all’attività di recupero del cibo, dei momenti di socializzazione e incontro: «Almeno un sabato al mese organizziamo eventi musicali o artistici, ma anche laboratori di riciclo creativo rivolti a bambini e adulti», spiega Viola. «Da sempre, nelle nostre attività, cerchiamo di far emergere l’importanza della condivisione».
Nonostante il Covid
Dimensione, quest’ultima, che ha orientato l’operato di ReFoodgees anche durante il lockdown imposto dall’emergenza coronavirus: dopo un iniziale stop, anche l’associazione è infatti scesa in campo, offrendo un sostegno a quanti si trovavano in situazioni di vulnerabilità sociale ed economica. «Non potendo più proseguire con l’attività di distribuzione, abbiamo deciso di offrire il nostro contributo collaborando con Portici Aperti, una rete di realtà solidali attive sul territorio dell’Esquilino, che ha sostenuto circa 200 famiglie», racconta Federico, uno dei volontari. «Grazie all’invenduto che ci veniva donato dai commercianti del mercato, abbiamo potuto preparare delle cassette che venivano poi consegnate a quanti si trovavano in difficoltà a causa dell’emergenza. Tutto ciò ha dato una risposta immediata al nostro desiderio di sentirci utili per qualcuno».
Anche per questo, già da luglio, i volontari di “ReFoodgees” sono tornati completamente operativi, rimodulando il servizio secondo le misure anti-Covid. «L’auspicio è che si riesca non solo a far crescere il progetto, coinvolgendo sempre più persone, ma anche a sensibilizzare sul tema del consumo consapevole», spiega ancora Federico. «Il cibo viene infatti consegnato a chiunque si avvicini con la propria busta, indifferentemente dall’estrazione sociale».
Un impegno, quello di ReFoodgees, che non si arresta neanche con l’avanzare della pandemia: «Ciò che più conta oggi è unire le forze, perché più siamo e meglio stiamo», conclude Viola. Ed è proprio grazie a esperienze di questo tipo che scopriamo quanto preziosa sia la condivisione che viene dal confronto, nonostante le differenze.
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