RACCONTI DAL CARCERE: I GIORNI DA RECLUSI IN UN PODCAST

Racconti dal carcere è il podcast dell’associazione Antigone che raccoglie le voci dei detenuti a Rebibbia Nuovo Complesso. I suoni inquietanti di dentro e quelli persi lì fuori, gli odori che mancano, il tempo che non passa mai, la speranza

di Laura Badaracchi

6 MINUTI di lettura

Si chiama Racconti dal carcere il podcast dell’associazione Antigone curato da Stefano Bocconetti e Federica Delogu. Raccoglie le voci delle persone detenute nel penitenziario romano di Rebibbia Nuovo Complesso che fanno parte della redazione di Jailhouse Rock, trasmissione radiofonica curata da Antigone e condotta (nonché ideata nel 2010) da Patrizio Gonnella e Susanna Marietti, in onda ogni sabato dalle 16.30 alle 17.30 su Radio Popolare e altre radio italiane. Al programma collaborano i detenuti di Rebibbia e Bollate (Milano) che fanno il Giornale Radio dal Carcere (Grc), mentre la redazione di Rebibbia è protagonista del podcast.

Racconti dal carcere: frammenti di una quotidianità reclusa

Racconti dal carcereOgni lunedì esce una nuova puntata, della durata di circa 5-7 minuti, con le voci dei reclusi che raccontano la quotidianità e aspetti specifici della loro esistenza dietro le sbarre. La prima puntata parte dalla domanda “Che cos’è il carcere?”; la seconda s’intitola “Il carcere e gli affetti (fuori)”, perché «per le persone recluse la tutela dell’affettività è come tendere un filo verso l’esterno. I legami affettivi si mantengono attraverso telefonate di 10 minuti, lettere, email e poche ore al mese di colloquio in presenza» e Fabio, con una lunghissima detenzione alle spalle, sintetizza: «Il carcere è un rovina-famiglia, sostanzialmente ». Il terzo episodio, Le parole del carcere, spiega come il penitenziario abbia «un suo linguaggio. È un vocabolario rimpicciolito, infantilizzante, o che comprende parole arcaiche o che esistono solo là dentro». Qualche esempio? «La domandina, scopino, spesino, cancellino: tutti nomi che finiscono con –ino, nomi piccoli», spiegano Stefano, Fabio, Mauro e Giuseppe. Nella quarta puntata il tema scelto riguarda “Il tempo recluso”, che dietro le sbarre «non passa mai. Poi, però, ci sono dei momenti in cui diventa velocissimo. Senza orologio in carcere è quasi impossibile stare».

Il racconto di suoni prima sconosciuti

Online da lunedì 3 giugno, la quinta puntata parla de “I suoni e gli odori del carcere”: «Quando si entra in carcere si entra una dimensione sensoriale diversa dall’esterno. Ci sono suoni che esistono solo in quel luogo, il rumore delle porte e dei blindi, le chiavi di ferro che tintinnano. E i suoni di fuori, in molti casi non ci sono più. Anche gli odori sono diversi». Un detenuto racconta: «Quando ti hanno portato per la prima volta in carcere, la chiusura del cancello alle spalle è il rumore più brutto che una persona può assaporare, se si può dire assaporare». E ancora, «la mattina alle 7 microfono: Giardinieri! Fabbri! Cucina! Scrivano! Portavitto! Un microfono in sezione che è assordante, ti fa svegliare e buttare giù dal letto». I suoi del carcere «ti ricordano sempre dove ti trovi: l’udito si adatta a riconoscere i nuovi suoni», dice la narratrice. «Quel suono della porta che si chiude Fabio l’ha sentito 15 anni fa: da allora non è ancora mai uscito in permesso e ha imparato a riconoscere ogni rumore dentro». Rumori mai conosciuti prima, come la battitura alle sbarre della finestra «per vedere se è stata segata o meno. Il blindo che si chiude è un tintinnio di chiavi e di passi. La notte conosci i rumori degli agenti che vengono a visionarti».

E di quelli che non ci sono più

Racconti dal carcere
Tutte le puntate del podcast Racconti dal carcere sono su Spotify e sul sito del rapporto Antigone.

Entrato da pochi mesi in cella, Stefano svela i rumori dei pensieri che rimbombano costantemente nella sua testa e lo spaventano durante le ore notturne, quando la mente va a «cosa accade fuori, cosa ti stai perdendo, se qualcuno sta soffrendo la tua lontananza, i mancati gesti di affettività che ricevi solamente quelle poche volte al mese quando vedi i familiari o fai la chiamata o ricevi la posta all’indomani. Quelle poche ore di sonno vengono disturbate da questi rumori costanti». Ci sono anche suoni che si portano «sempre nel cuore, come le feste con i tuoi familiari – riprende Fabio –, quello che è un suono che non riesci a togliertelo via: i tuoi figli che ti chiamano, tua moglie che ti chiama». A Stefano manca anzitutto sentire il rumore «della macchinetta del caffè e la mia ragazza che mi portava il caffè a letto la mattina. Subito dopo mi manca il rumore del carrello della spesa che facevamo insieme decidendo cosa mangiare a pranzo e cena, prendere la macchina per portare al parco il nostro cagnolino, l’autobus e la metropolitana presi la domenica per andare a pranzo dai miei genitori, parlare con mio padre al telefono e l’avviso che mi ha sempre fatto: “Studia, studia, studia, è importante”… l’unico rumore che mi sono portato qui dentro, perché me lo continua a dire anche tramite e-mail. Mi manca il rumore della quotidianità, che qui dentro si è trasformato in altri rumori». Per quanto riguarda gli odori in carcere, «costano 4.50 euro e sono due carote, una cipolla e un po’ di prezzemolo. Ci sono due appuntamenti quotidiani: uno alle 10.30 e uno alle 18.30, quando passa il vitto del carcere», dice Stefano. E Fabio: «La fobia, quando passa quel carrello del mangiare, è un trauma. Ti manca il profumo di un figlio, di una moglie, l’odore di zagare, del fiore di mandarino, del mare, della salsedine. Al primo permesso premio, quando sarà, mi auguro di vedere il mare». A Stefano manca «l’odore delle distese di grano, dei cereali che vengono raccolti, il ricordo della campagna e di mio nonno».

Immagini Associazione Antigone

 

RACCONTI DAL CARCERE: I GIORNI DA RECLUSI IN UN PODCAST

RACCONTI DAL CARCERE: I GIORNI DA RECLUSI IN UN PODCAST