IMPAURITI E INCATTIVITI, GLI ITALIANI CHIEDONO PIÙ STATO
Secondo il Rapporto Censis 2020 in tanti hanno deciso che "meglio sudditi che morti" e vedono nell'intervento statale un salvagente.
04 Dicembre 2020
Per imboccare il sentiero di un nuovo sviluppo che faccia uscire non solo dagli aspetti emergenziali della crisi, ma anche da quelli strutturale, è necessario ripensare anche «le attribuzioni di ruolo, identità, funzioni e responsabilità di quello che, impropriamente, chiamiamo Terzo settore: un po’ attori e progettisti dell’intervento sociale, un po’ ammortizzatori dell’inefficienza pubblica e privata, in parte dipendenti dalle risorse esterne e in parte imprese chiamate a vivere di mercato, destinatari d’impegni pubblici ma anche indifferenti alla selezione competitiva, custodi di una cultura di responsabilità sociale i cui confini sono più che mai incerti». Lo dice il 54° Rapporto Censis sulla situazione sociale Paese/2020, presentato questa mattina on line (i materiali si possono trovare a questo link).
Le altre direzioni da imboccare decisamente, secondo il Rapporto Censis 2020, sono:
- un nuovo schema fiscale, perché quello attuale è complesso ma soprattutto iniquo e pone «a carico degli onesti l’illegalità degli evasori».
- un ridisegno del sistema industriale e degli investimenti a sostegno della produzione, dell’innovazione, delle esportazioni, superando la logica contingente dell’aiuto indistinto a tutti.
- un ripensamento strutturale dei sistemi e sottosistemi territoriali, affrontando finalmente il problema del Mezzogiorno, ma anche la questione settentrionale, visto che anche la zona più produttiva del Paese rischia di diventare una periferia dei sistemi produttivi nordeuropei.
Questi i nodi da affrontare, dicevamo, per superare problemi strutturali che indeboliscono il nostro Paese e hanno fatto sì che l’emergenza ci trovasse impreparati. L’emergenza non li ha creati, li ha solo resi più drammaticamente evidenti.
La sfiducia e la resa
Gli italiani hanno paura (il 73% indica nella paura il sentimento prevalente) e non hanno fiducia nelle capacità di farcela: né nelle proprie, né in quelle dello Stato, né in quelle del mondo produttivo. Per questo, secondo il Rapporto Censis 2020, hanno adottato la posizione del “Meglio sudditi che morti”: disposti ad aggrapparsi allo Stato – di cui pure non si fidano – come a un salvagente e perfino a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva (58%) e spesso a rinunciare ai propri diritti civili (38,5%) per un maggiore benessere economico.
Oltre che impauriti, gli italiani appaiono incattiviti: Il 77% chiede pene severe per chi non rispetta le regole per la prevenzione del contagio ed pensa che chi ha sbagliato nell’emergenza (politici, dirigenti della sanità eccetera), deve pagare per gli errori commessi. Il 57% chiede il carcere per i contagiati che non rispettano la quarantena. Il 31% non vuole che venga curato chi si è ammalato per comportamenti irresponsabili. E per quasi la metà dei giovani gli anziani devono essere curati solo dopo di loro.
Paura e risentimento provocano il riaffacciarsi di posizioni che si credevano orami definitivamente superate: è inquietante che il 44% degli italiani si dichiari favorevole all’introduzione della pena di morte, ma soprattutto che questo dato sia leggermente superiore tra i giovani.
I divari crescono
Gli italiani sono convinti che l’emergenza e il lockdown abbiano danneggiato maggiormente le persone più vulnerabili e ampliato le disuguaglianze sociali (90%) e che il solco profondo tra garantiti (e i supergarantiti: i 3,2 milioni di dipendenti pubblici e i 16 milioni di percettori di una pensione) e non garantiti sia diventato ancora più profondo (86%).
Chi ha pagato si più – inutile dirlo – sono i giovani e le donne: nel terzo trimestre sono già 457.000 i posti di lavoro persi da queste due categorie, equivalenti al 76% del totale della loro occupazione, già bassa da anni nel nostro Paese.
Ma le disparità si vedono anche in altri ambiti e in modo particolarmente evidente nella scuola: solo l’11,2% dei dirigenti scolastici intervistati dal Censis ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Ad aprile, nel 18% degli istituti mancava all’appello più del 10% degli studenti. Tutto questo ha aumentato la povertà educativa, problema già grave nel nostro Paese (ne abbiamo parlato qui)
La richiesta di “più Stato”
Come abbiamo già visto, secondo il Rapporto Censis 2020 i cittadini chiedono oggi un maggior intervento pubblico per superare una crisi che non ha precedenti; il mito della creatività e dello spirito d’iniziativa degli italiani, che hanno permesso si superare le crisi precedenti, non basta più. Il rischio adesso è troppo alto, le condizioni di debolezza strutturali troppo incancrenite.
Serve più assistenza socio sanitaria sui territori, per gli anziani, per le famiglie con malati cronici o disabili. Serve più scuola e più investimenti in formazione. Politiche familiari che aiutino a contrastare l’inverno demografico che anche nel 2019 è stato gelido e che facilitino la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro d elle mamme.
Servono, soprattutto, riforme strutturali, come quelle indicate sopra. Perché tutti questi problemi ce li avevamo già prima, e non è con interventi contingenti che si possono superare.