CENSIS: SONNAMBULISMO RINUNCIATARIO O INNOVAZIONE SOLIDALE?
Alcune riflessioni sul compito del volontariato a fronte del rapporto Censis 2023
di Claudio Tosi
05 Dicembre 2023
Come da 57 anni accade, il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese viene presentato nella prestigiosa sede del CNEL, a Villa Lubin, e con schiettezza ci conferma quella sensazione di immobilismo di fronte al declino annunciato che ognuno di noi può sentire su sé stesso o verificare guardandosi intorno. Massimiliano Valerii, il Direttore generale del Censis, ci dà l’immagine con la quale il Censis è solito sintetizzare il tratto saliente della situazione della società italiana. Quest’anno è quella dei sonnambuli.
Un quadro di disarmo identitario e politico
Il quadro è crudo, in Italia reagiamo con insipienza di fronte ai foschi presagi, siamo di una colpevole irresolutezza, ci sono molti fattori che si confermano negativi o mostrano dei trend pericolosi verso i quali non stiamo agendo con sufficiente piglio. I temi li si conosce, a partire dalla questione Demografica che prevede meno quattro milioni di residenti per la fine del decennio, con un acuirsi dei trend di denatalità e senilizzazione. Numeri e tendenze, ci viene da commentare, di fronte ai quali nessun discorso contro i migranti ha senso: servono braccia per il lavoro, presenze per tenere su la popolazione, figli per contrastare la denatalità. Il trend attuale porta al 2050 una previsione di meno 8 milioni di lavoratori, senza i 5 milioni di migranti presenti oggi in Italia, il vuoto diverrebbe una voragine. Il Censis ci mette in guardia da un disarmo identitario e politico, si vive in un clima di insicurezza perché ci si è rassegnati al declino: la paura dell’immigrazione; il debito pubblico verso i 3000 miliardi; la paura di una guerra attiva; il timore di una inconsistenza del welfare che non coprirà più pensioni e sanità. Questi elementi invece che una reazione istituzionale e collettiva hanno sin qui generato una preoccupante inerzia paralizzante.
Manca il Pane Metaforico
Ci si accontenta, ricorda Valerii, di piaceri minori e consolatori, il lavoro non è al primo posto e non è considerato veicolo di ascesa sociale, anche se l’occupazione cresce soprattutto nei contratti a tempo indeterminato quasi come se i datori volessero fidelizzare i propri addetti temendo di non trovarne altri. La globalizzazione è cambiata, si torna a produrre in patria e (friendshoring) si fa comunella con i paesi amici. I Territori riprendono posto e spazio. Come cavalcare questa tendenza per dare forza a un Paese come il nostro in cui gli investimenti per le aree interne non vengono programmati? Le famiglie tradizionali sono solo il 52%, diminuiscono i matrimoni e il 10% sono con almeno un coniuge straniero. I Diritti civili non vengono riconosciuti dalle leggi: adozioni da parte di singoli, matrimoni di coppie omosessuali, lo Jus soli, lo Jus culturae e addirittura l’Eutanasia sono tutte scelte che hanno la maggioranza di favorevoli tra la popolazione, ma che non vengono adottate come leggi dello Stato. Le generazioni divergono, ma il dissenso è senza conflitto. Gli espatriati (5.9 mln) sono più degli stranieri arrivati in Italia (5 mln) e per il 60% sono sotto i 35 anni. Gli anziani soli sono il 37% e destinati a malattie croniche e alla non autosufficienza. Il rapporto Censis afferma che in questo momento in Italia rischiamo di sapere troppo, di poter analizzare tutta la nostra situazione ma di non trarne vantaggio per mancanza di “Pane Metaforico” (non di solo pane vive l’uomo, d’altronde), di ideali di attivazione e riscatto. Ma per dare forza propulsiva all’immaginario collettivo serve forse svegliarsi da questa situazione catatonica in cui tutte le paure sono giustificate e che porta spesso i decisori politici ad assecondarle anche quando l’analisi dei fatti dimostra che è proprio la paura quella che blocca e impedisce il riscatto.
Contro il sonnambulismo un investimento collettivo
E qui è utile inserire una riflessione che parte dall’ascolto di voci già attive, come sono ad esempio quelle degli enti del Terzo settore riuniti nella campagna Sbilanciamoci, che il 29 Novembre hanno presentato la cosiddetta Controfinanziaria in cui analizzano la Legge di Bilancio proponendo soluzioni a costo zero per usare la spesa pubblica per i diritti, la pace e l’ambiente. Avere paura dello scoppio di una prossima guerra e temere per la completa privatizzazione del welfare, come denuncia il Rapporto Censis, deve portare ad armarci e fare tutti una assicurazione sanitaria? O non è più lungimirante spostare i fondi dalla difesa al welfare e finanziare in maniera stabile il servizio civile e la cooperazione internazionale? Piangere per la fuga dei cervelli e intanto pagare i master all’estero dei propri nipoti è funzionale a combattere lo spopolamento culturale o sarebbe più saggio investire collettivamente nella dignità degli insegnanti, nella manutenzione delle scuole e nelle residenze universitarie? Questioni di questo tipo potrebbero costituire una risposta al quesito che ci ha posto il Presidente del Censis, Giorgio De Rita concludendo la presentazione del 57° Rapporto.
Ripartire dai corpi intermedi e dal volontariato
Il nostro è un paese ricco, ha argomentato De Rita, ma arretrato e in difficoltà; stiamo andando quasi bene ma le radici soffrono, non ricevono ossigeno, sono in stand by e non si attivano. Se un movimento ancora c’è, è quello dello Sciame, avanziamo spinti da una forza pregressa e senza un centro, in poche parole dissipiamo una energia precedentemente accumulata. L’idea della crescita rimane, ma senza fissare tappe intermedie, obiettivi da raggiungere, parametri condivisi. Ci accontentiamo dello zero virgola… Qual è il senso? Le grandi transizioni non tengono, tutti i piani fatti e progettati sono fermi e non ci trainano. La politica dei Bonus soddisfa il singolo, ma non dà indicazioni collettive. Lo Sciame ha energia, ma si disperde e non si ricompatterà. E allora, come ha anche ricordato Renato Brunetta, Presidente del CNEL in un lungo e ispirato intervento, si deve ripartire dai corpi intermedi, dalle forze del lavoro, del sindacato e del volontariato, che hanno dimostrato di saper interpretare più di altri le analisi e il messaggio del Censis. Per il Presidente del CNEL la sfida oggi è quella di saper affrontare lo “stress virtuoso” del PNRR, le sue tempistiche rigorose e il complesso impianto burocratico per consolidare la strada dell’innovazione e, grazie a riflessioni come quelle offerte dal Rapporto Censis, dare densità sociale alle strategie politiche. Al volontariato, alle pratiche di solidarietà e di cittadinanza che mette in piedi accogliendo e formando i giovani negli enti e con il servizio civile è affidata una sfida cruciale, perché, come ci ha indicato Giorgio De Rita, è dai giovani che verranno le spinte che modificheranno le nostre radici, che permetteranno di affrontare l’incertezza dando una direzione e tornando a dare anima al nostro agire. Per nostro conto ci auguriamo che strumenti critici come quelli offerti dalla Controfinanziaria 2024 di Sbilanciamoci, tutta ragionata e promossa dalle forze e dalle sensibilità del Terzo Settore, ci aiutino a portare la nostra spesa pubblica e il nostro agire collettivo verso i diritti, la pace e l’ambiente.