RAPPORTO INAPP, NEL NOSTRO PAESE IL LAVORO RESTA PRECARIO E POVERO
Presentato a Roma il Rapporto Inapp 2022: bassi salari, bassa produttività e la chimera della sostenibilità. Mulè: «Sono i giovani la categoria più esposta al crescente rischio di disagio e povertà»
10 Novembre 2022
L’Italia è l’unico paese dell’area OCSE in cui il salario medio annuale è diminuito nel trentennio 1990-2020 (-2,9%), sette su dieci dei nuovi contratti sono a tempo determinato, l’11,3% dei lavoratori è in part time involontario (la media OCSE è 3,2%). Inoltre, il 10,8% degli occupati è sotto la soglia di rischio povertà e solo l’8,6% delle imprese ha adottato politiche in tema di sostenibilità. Sono solo alcuni dei dati presentati nel Rapporto Inapp 2022 – Lavoro e formazione, l’Italia di fronte alle sfide del futuro, presentato alla Camera dei Deputati.
Tra criticità strutturali e ritardi
«Con la fine della fase più buia della pandemia e l’avvio di una più controllata convivenza con il virus, si sono ripresentati con maggior durezza nel mondo del lavoro problemi in passato non risoluti e in molti casi neanche affrontati», ha spiegato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche. «Infatti, la necessità di tamponare con urgenza le lacerazioni più acute generate nel corpo sociale dalla pandemia, ha fatto concentrare spesso attenzione e impegno su misure di carattere emergenziale a scapito di analisi e interventi sulle criticità strutturali. Passata la tempesta, le criticità strutturali riemergono con forza, alimentate anche dal deterioramento delle relazioni economiche internazionali e dal riaccendersi dell’inflazione, in larga misura conseguente della guerra in Ucraina».
Alla base delle decisioni che devono essere prese deve esserci una profonda scientifica dei problemi che si intende risolvere. Lo scenario del mondo del lavoro che nel Rapporto Inapp viene descritto mostra, nel corso del 2021, una crescente quota di occupazione atipica, all’interno di un volume occupazionale complessivo lentamente risalito ai livelli pre crisi pandemica. A questa caratteristica si associano ritardi nell’accumulazione di capitale umano e rallentamenti nella crescita della produttività. Un impulso decisivo dovrebbe provenire dalla formazione «dove però alla ricca offerta di percorsi non corrisponde un’altrettanto forte partecipazione e dove le competenze acquisite rivelano spesso problemi di allineamento con le esigenze produttive», ha continuato Fadda. «Le condizioni del mercato del lavoro sono, al tempo stesso causa ed effetto dell’andamento dell’economia nel suo insieme. Politiche del lavoro e politiche economiche complessive devono essere attuate in maniera integrata». Molta confusione concettuale esiste ancora per quanto riguarda lo smart working. «Il lavoro svolto da remoto è soltanto una parte del lavoro intelligente (“smart”), il quale consiste nella combinazione di fasi di lavoro svolte da remoto con fasi di lavoro svolte in presenza. In questo quadro deve realizzarsi una nuova gestione degli spazi aziendali, non più attribuiti agli individui ma alle funzioni, non più ore lavoro ma risultati ottenuti con responsabilità dei gruppi», ha dichiarato il presidente Inapp.
Lavoro precario e povero
Nel 2021 il 68,9% dei nuovi contratti sono a tempo determinato (il 14,8% a tempo indeterminato). Nell’insieme l’83% delle nuove assunzioni sono rappresentate dal lavoro atipico (tutte le forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time), con un aumento del 34% negli ultimi 12 mesi. Il tasso di “lavoro povero” è stato costante, con un valore medio dell’11,3% e una distanza rispetto all’Unione Europea superiore in media del 2,1%. Questo tasso riguarda quei lavoratori che sono in una famiglia a rischio povertà, ovvero con un reddito disponibile equivalente al di sotto della soglia di rischio povertà. L’8,7% dei lavoratori percepisce una retribuzione annua lorda di meno di 10mila euro, solo il 26% dichiara redditi superiori a 30mila euro. Nell’ultimo decennio i salari sono diminuiti dell’8,3%.
Nel Rapporto si parla anche di fabbisogni di professioni e competenze. Nel 2021, solo 22,8% delle imprese italiane avverte la necessità di adeguare le conoscenze e le competenze di specifiche figure professionali, nel 2017 erano un terzo. I lavoratori formati
Atipicità, precarietà, politiche passive
Terminata l’emergenza Covid-19, molto resta ancora da fare in questa nuova fase, come evidenzia lo stesso Rapporto Inapp. «Proprio per questo è molto apprezzabile il lavoro che porta oggi a questo nuovo Rapporto Inapp, che intende analizzare e soffermarsi sulle sfide future che attendono l’Italia in materia di lavoro e formazione, in questa delicata congiuntura internazionale», ha affermato l’Onorevole Giorgio Mulè, Vicepresidente della Camera dei Deputati. «Nonostante l’emergenza sanitaria abbia favorito i processi di innovazione tecnologica nelle modalità di organizzazione e svolgimento del lavoro, resta purtroppo immutato il quadro di fondo. Esso, infatti, rimane caratterizzato da una crescente atipicità, precarietà delle forme di occupazione, della prevalenza delle politiche passive su quelle attive del lavoro, oltre che dalle note problematiche che colpiscono i salari, più bassi rispetto alla media OCSE». Sono i giovani «la categoria più esposta al crescente rischio di disagio e povertà», ha affermato l’Onorevole Mulè.
Una nuova stagione delle politiche del lavoro
«Io credo nel confronto, nel dialogo e nella collaborazione con quei soggetti, con quegli istituti che possono portare competenze e soprattutto anche analisi profonde e approfondite di quelli che sono i fenomeni emergenti. La complessità del lavoro presentato sia evidente già nel titolo scelto, che mette insieme lavoro, formazione e futuro», ha detto Marina Elvira Calderone, Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali. «I problemi non possono essere affrontati solo da un punto di vista, ma sono sistemici, quindi richiedono anche azioni sistemiche, tanto più all’indomani della pandemia in cui le richieste per far fronte alla transizione sono differenti rispetto a quelli a cui eravamo abituati in passato. La pandemia ci ha cambiato il punto di osservazione, di analisi e soprattutto le prospettive future. Il professor Fadda ha parlato della necessità di pensare ad una nuova stagione delle politiche del lavoro. La digitalizzazione e l’attuazione del Recovery Plan sono già da sole delle sfide che, per dimensione, ampiezza e opportunità, disegnano con precisione il perimetro del cambiamento in cui tutti noi ci stiamo muovendo», ha continuato la Ministra Calderone. «Le competenze di base non possono più bastare in un mercato in continua e accelerata evoluzione. Il nostro mercato del lavoro sconta almeno due deficit strutturali: il disallineamento ancora profondo dell’offerta formativa rispetto alla richiesta di competenza che proviene dalle imprese e il cattivo funzionamento del meccanismo di incontro tra domanda e offerta di lavoro».
Immagine di copertina: Roberto Ferrari