SALUTE, MALATTIE RARE: UN’ITALIA SPACCATA IN DUE
Presentato a Roma il Rapporto MonitoRare di Uniamo sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia. Bene il Piano nazionale, ma il sistema ancora a doppia velocità
19 Luglio 2023
Rari non significa soli. Anche perché i numeri, volendo andare oltre il concetto di assistenza (sociale, oltre che sanitaria) e quello puramente semantico che definisce come “rara” una patologia con prevalenza inferiore ai 5 casi ogni 10mila persone, parlano di oltre 300 milioni di casi nel mondo e 30 milioni solo in Europa. Secondo l’European Journal of Human Genetics, tra il 3,5% e il 5,9% della popolazione ha una malattia rara. E in Italia? La stima è tra 2,1 e 3,5 milioni di persone, anche se le situazioni certificate nei registri regionali (aggiornati al 2021) sono poco più di 425 mila, con una crescita rispetto ai 377 mila del 2020. Sono malattie rare, certamente, ma non per questo sconosciute: le ricerche scientifiche parlano di quasi 8mila diverse patologie inquadrabili nello schema della rarità, il 72% delle quali ha origini genetiche e il 20% origini ambientali, infettive o allergiche. In 7 casi su 10 insorgono in età pediatrica. E solo per il 5% delle persone esiste una cura. Le malattie rare hanno un andamento cronico, ingravescente e spesso invalidante: ecco perché le medicine, da sole, non possono bastare. È necessario infatti un supporto che comprenda a 360 gradi la sfera socio-relazionale del paziente, come conferma il nono Rapporto MonitoRare di Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia, presentato nei giorni scorsi a Roma. Che certifica un aspetto: dati alla mano, «non è ancora possibile affermare, purtroppo, che le persone con malattie rare inserite nei registri regionali corrispondano effettivamente a quelle presenti nella popolazione e quindi le 425.266 registrate non possono essere considerate tutte le persone con malattia rara presenti in Italia, se non altro perché manca completamente il dato di una regione, la Calabria, e perché non è contemplato nel calcolo il fenomeno della mobilità sanitaria».
Malattie rare: un sistema a doppia velocità
La federazione è una rete di oltre 180 associazioni che rispondono ai bisogni della comunità di malati, pazienti, caregiver, associazioni, professionisti della salute, operatori socio-sanitari ed enti tenendo accesi i riflettori sulle persone con malattia rara. E secondo il suo Rapporto MonitoRare, la regione che conta il maggior numero di persone con malattie rare è la Lombardia (93.155), mentre quella con il numero minore in termini assoluti è la Valle d’Aosta (277). Ma in rapporto al totale della popolazione residente sorprende l’incidenza dell’1,08% di persone con malattie rare (PcMR) del Piemonte (cresciuto dallo 0,90% del 2019 e dallo 0,94% del 2020), dello 0,90% di provincia autonoma di Bolzano e Toscana e dello 0,86 del Lazio. Rimangono dunque fuori dai conteggi tutte le persone che hanno delle malattie rare che non rientrano nella lista delle patologie “esenti”, condizione stabilita da fattori quali la rarità, la gravità clinica, il grado di invalidità e l’onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo dell’intervento assistenziale. Uniamo offre un’immagine sicuramente di forte impatto per inquadrare la portata del fenomeno: mettendo insieme tutte le persone con malattia rara presenti in Italia, si riempirebbe una metropolitana di 175 km, ma anche 25 volte lo stadio di San Siro, 7 volte Piazza San Pietro e 90 volte l’Arena di Verona.
Il Piano nazionale Malattie Rare 2023-2026
Il punto di vista di partenza, quello cioè che sta alla base della ricerca, è del paziente. La collaborazione con attori istituzionali e privati, inoltre, garantisce affidabilità e accuratezza dei dati. Analizzandoli emerge subito una considerazione: il sistema italiano è considerato un’eccellenza in Europa, avendo avuto un ruolo da protagonista del percorso comunitario di inquadramento legislativo del fenomeno e avendo già identificato nel Piano Sanitario Nazionale del 1998 quella delle malattie rare come «una priorità della sanità pubblica». L’Europa è arrivata alle stesse conclusioni solamente un anno dopo, con la decisione 1295/1999/CE. In una norma italiana del 2001, anche questa in anticipo rispetto ad altre nazioni, il nostro Paese ha istituito la rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare, definendo una prima lista ufficiale delle malattie obbligando le regioni a istituire un sistema di monitoraggio. Eppure, questo sistema viaggia a diverse velocità. Da una parte si è arrivati, dopo tre anni di lavoro, a un Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026 (ancora da attuare, sono a disposizione 50 milioni di euro) e al tema è dedicata una legge alla quale però manca la definizione dei provvedimenti attuativi (10 novembre 2021 n.175 “Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione di farmaci orfani”), oltre al fatto che gli studi clinici autorizzati sul totale delle sperimentazioni cliniche sono saliti dal 31,5% del 2018 al 35,3% del 2022. D’altra parte, va osservato come il rapporto tra l’assistenza sanitaria e il supporto sociale alle persone malate sia contrastante, e spesso aggravato dalla separazione delle competenze tra Ministero della Salute e Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con fondi non integrabili ma soprattutto con una mancanza di interscambi strutturati. Ci si dimentica, poi, di tutto il resto: il sostegno psicologico, l’inclusione scolastica, la formazione, senza considerare le croniche disomogeneità territoriali nell’accesso alle cure, tali da creare un’Italia sempre più spaccata tra Nord e Sud (7 regioni non hanno alcun centro partecipante alle reti di riferimento internazionali che coinvolgono prestatori di assistenza sanitaria in tutta Europa, le ERN, e 2/3 degli ospedali che partecipano ad almeno una ERN si trova nelle regioni settentrionali). Nel 2021 sono state erogate 8,4 milioni di dosi di farmaci orfani, vale a dire appena lo 0,03% del consumo farmaceutico totale.
Rapporto MonitoRare: le questioni ancora aperte
Il Rapporto MonitoRare cita, inoltre, altre grandi questioni irrisolte. Una tratta il percorso diagnostico: ancora troppo lungo. Per arrivare a una diagnosi servono, in media, 4 anni. E le terapie? Insufficienti: oggi sono disponibili solo per il 5% delle patologie. Nel rapporto emergono delle significative differenze per età: in Italia un malato su 5 ha meno di 18 anni e nei bambini/ragazzi il 40% delle malattie rare sono ascrivibili al gruppo delle “Malformazioni congenite, cromosomopatie e sindromi genetiche”, il cui peso si riduce a meno del 9% negli adulti; per i più grandi la classe modale risulta essere, viceversa, il gruppo delle “Malattie del sistema nervoso centrale e periferico” (di poco inferiore al 18%). Il Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) potrebbe comunque trasformarsi in uno strumento utile a colmare le lacune esistenti, con particolare riferimento agli aspetti di ricerca, informativi e comunicativi. Sono cinque gli obiettivi già dichiarati: 1) produrre nuove conoscenze scientifiche sulle malattie rare; 2) supportare le reti di assistenza e facilitare le attività cliniche e di presa in carico; 3) promuovere l’integrazione a livello regionale e nazionale con i flussi informativi correnti; 4) favorire l’accesso l’accesso ai dati ai ricercatori e alle associazioni; 5) garantire l’integrazione con altri flussi e basi di dati provenienti da realtà europee, come i registri ERN e quelli di patologia internazionale. «Molto è stato fatto e molto altro rimane ancora da fare» ha spiegato Annalisa Scopinaro, la presidente di Uniamo. «La federazione è motore propulsivo e farà la sua parte», ha aggiunto, «Il rapporto è dedicato sia a tutte le persone con malattia rara, che alle tante persone e alle loro famiglie che ogni giorno dimostrano, con la loro vita e il loro operato all’interno delle Associazioni, che una malattia rara che irrompe nel quotidiano è una delle tante occasioni che la vita ci dà per migliorare questo mondo e renderlo più equo e giusto per tutti». A questo link il Rapporto MonitoRare completo.