BENI CONFISCATI: AMMINISTRAZIONI PIÙ TRASPARENTI, GRAZIE AI CITTADINI

Amministrazioni pubbliche più trasparenti solo grazie ad una comunità monitorante di 100 volontari. Il Lazio unica regione assegnataria di beni confiscati a non pubblicare nulla insieme alla Calabria. La terza edizione del Rapporto RimanDATI

di Laura Badaracchi

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«Fornire una lettura aggiornata dello stato dell’arte sulla capacità, da parte degli enti territoriali, di garantire la trasparenza in relazione ai beni confiscati loro trasferiti. Una lettura che, a distanza di 3 anni dalla sua prima sperimentazione, è fatta finalmente più di luci che di ombre. Certo, c’è ancora qualche sacca di resistenza, ma è innegabile che oggi, in oltre 65 casi su 100, a cittadini e cittadine che abbiano voglia di accedere alle informazioni sui beni confiscati presenti nei loro territori, è garantito un soddisfacente diritto di conoscere». Lo evidenzia Riccardo Christian Falcone, del settore Beni confiscati di Libera, nella terza edizione del rapporto RimanDATI, report nazionale che indaga sullo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati, pubblicato dall’associazione Libera in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di culture, politica e società dell’Università di Torino con il prezioso contributo – da quest’anno – dell’Istat.

Grazie ad una comunità monitorante aumentano i Comuni trasparenti

Rapporto RimanDATI
Rapporto RimanDATI

Grazie al lavoro di una rinnovata comunità monitorante, composta da oltre 100 volontari e volontarie «che hanno partecipato a un percorso di formazione e di confronto finalizzato sui Comuni di tutt’Italia», è emerso che su 1.100 Comuni 504 pubblicavano già l’elenco dei dati sui beni confiscati presenti nel loro territorio; agli altri è stata inviata la domanda di accesso civico ed è stato richiesto di rendere noti o aggiornare gli elenchi. «La seconda fase del monitoraggio ha interessato tutti i Comuni che hanno risposto alla domanda di accesso civico semplice. Alla fine di questa azione abbiamo registrato un notevole miglioramento: si è passati infatti dai 504 enti rilevati con la prima ricognizione ai 724 rilevati con la seconda, con un incremento della percentuale di circa 20 punti, dal 45,5% al 65,2%. Un importante balzo in avanti rispetto al 2022, quando la percentuale era pari 36,5% (392 Comuni su 1073)», rileva il Rapporto. Tuttavia, rispetto agli enti sovracomunali, «su 11 province e città metropolitane destinatarie di beni confiscati, ancora più del 45% non pubblica gli elenchi; delle 6 Regioni italiane destinatarie di beni confiscati, solo la metà adempie all’obbligo di pubblicazione».

Il Lazio tra le Regioni rimandate: non pubblica nulla

Rapporto RimanDATI
Rapporto RimanDATI

Il primato negativo in termini di trasparenza assoluti spetta ai Comuni del Sud, isole comprese: ben 248 Comuni non pubblicano l’elenco, seguiti dal Nord con 87 Comuni e dal Centro con 51. Le Regioni rimandate, con percentuale al di sotto del 50%, sono Basilicata, Calabria, Lazio e Molise. Sono tre le Province assegnatarie di beni confiscati che non pubblicano l’elenco (Crotone, Matera e Messina), mentre fra le Regioni monitorate Calabria e Lazio sono le uniche a non pubblicare nulla. Per quanto riguarda il Lazio, su 378 Comuni 76 sono destinatari di beni confiscati, con un peso della Regione del 6,9% sul totale nazionale, oltre alla Regione Lazio che è destinataria di 33 beni confiscati di cui non pubblica alcun elenco. Tuttavia, ben 39 Comuni non adempiono all’obbligo di pubblicazione dell’elenco, mentre 37 lo fanno, pari al 48,7%. 33 Comuni optano per l’elenco in formato tabellare: «È la tipologia tecnicamente più adatta alla pubblicazione, coerente alla logica degli open data. Questa tipologia di pubblicazione garantisce una maggiore fruibilità dei dati contenuti in tabella e la possibilità della loro elaborazione e lavorazione».

Rapporto RimanDATI: un approccio privatistico al riutilizzo dei beni confiscati

Rapporto RimanDATI
Rapporto RimanDATI

Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, «da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Ai fini della ricerca – che mira a stimolare la pubblicazione di dati pienamente e compiutamente fruibili e dunque in formato aperto– abbiamo considerato, nella percentuale dei comuni che pubblicano, esclusivamente quelli che lo fanno in formato tabellare. Tutte le altre tipologie di pubblicazione, nella valutazione complessiva, vengono associate alla categoria “elenco non presente”», spiega il report. Rispetto alle precedenti edizioni, «si azzera il numero dei Comuni che utilizzano formati totalmente chiusi mentre aumenta nettamente il numero dei Comuni che pubblicano in formato aperto (passando dagli 82 del 2022 ai 238 del 2023) e in formato PDF ricercabile (da 260 del 2022 a 321 del 2023)». Tuttavia, resta alto il numero dei Comuni che proseguono nell’utilizzo di un PDF scansionato. Inoltre il 6,4% dei Comuni non specifica i dati catastali del bene confiscato, «sono il 4% gli enti che non specificano tipologia, il 6% l’ubicazione e ben il 30% non specificano la consistenza (informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato)». Secondo Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni confiscati di Libera, «sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: nel dibattito pubblico si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità che affliggono la materia e si rafforza la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini. Messaggi che convergono su una lettura superficiale e ingiusta, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo ribadiamo con forza e convinzione: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità».

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