RAZZISMO ALL’ITALIANA: NON SI ELIMINA CON IL SAPONE SBIANCANTE
Marilena Delli racconta la sua storia di italo-africana nella Bergamo degli anni novanta. E per fortuna i tempi cambiano
10 Febbraio 2016
Razzismo all’italiana: è il tema del memoir di un’italo-ruandese cresciuta a polenta e razzismo nella roccaforte leghista per eccellenza: Bergamo. Un viaggio che parte da una bambola bianca e prosegue tra chiazze di sangue, intrugli alliscianti, saponi sbiancanti, morti e resurrezioni. Un’identità nera ripudiata, disorientata, nascosta sotto mille strati bianchi. Riuscirà la protagonista a ritrovarla? Basta leggere Razzismo all’italiana. Cronache di una spia mezzosangue (Aracne, 2015), dove Marilena Umuhoza Delli racconta con ironia e freddezza la sua esperienza tragicomica di integrazione in Italia.
Papà italiano e mamma ruandese, Marilena si è laureata in Lingue all’università di Bergamo. A Los Angeles ha studiato teatro e regia. Pur essendo nata e cresciuta in Italia, l’Africa se la porta nel cuore, tant’è che al Continente nero ha dedicato una tesi sul cinema e uno studio sulla tribù Ayao, in Malawi. Regista del documentario “Rwanda’ Mama”, selezionato al Festival del cinema sudafricano nel 2009, ha firmato documentari e video musicali con band dall’Europa, Africa, Asia e Stati Uniti. Tra questi Jovanotti, Malawi Mouse Boys, Tinariwen, vincitore di un Grammy nel 2011, e Zomba Prison Project, nominato ai Grammy’s 2016.
La “Negretta” a Bergamo
Negli anni Ottanta, in una città come Bergamo, uno dei fortini del Carroccio, non è stato facile crescere. All’epoca i primi neri arrivati venivano visti come extraterrestri. A scuola Marilena, più che essere chiamata per nome, aveva un appellativo: “negretta”. Ed è per allontanarsi sempre più da questo nomignolo che Marilena inizia a fare un uso smodato di saponi sbiancanti e prodotti per lisciare i capelli, in modo da poter essere sempre più simile alle sue bianche compagne di scuola. Per questo la scrittura di Razzismo all’italiana nasce più che altro da un’esigenza terapeutica, ovvero quella di lenire una ferita che ha faticato a rimarginarsi. Ma, dopo aver compiuto un lungo percorso, Marilena ce l’ha fatta e non rinnega nulla del suo passato e, soprattutto, non rinnega quelle dolorose esperienze che l’hanno portata ad essere la donna consapevole che è oggi. Razzismo all’italiana, come ha scritto nella prefazione Cécile Kyenge, «è uno scritto pervaso di gentilezza e di affetto verso un Paese che sta mutando e crescendo, che pian piano sta capendo il valore dell’uguaglianza nella differenza». È così? Ne abbiamo parlato con l’autrice.
Marilena, come è nata l’idea di raccontare in un libro la sua esperienza tragicomica di integrazione in Italia?
«L’idea di scrivere questo libro è nata qualche anno fa, quando di ritorno alla mia Bergamo dopo un lungo periodo all’estero, ho trovato una città diversa, più multiculturale. La Bergamo in cui sono cresciuta io, quella degli anni Ottanta e Novanta, non contava lo stesso numero di stranieri. Io e la mia famiglia (mamma ruandese e papà italiano) eravamo l’eccezione, non la regola. Anche le persone erano più intolleranti, meno abituate al diverso, alle persone nere. Da piccola i bambini mi tormentavano all’inverosimile, per loro ero la negretta. Anche gli adulti si accanivano su mia mamma al lavoro, sui mezzi di trasporto, negli uffici pubblici. Oggi, dopo trent’anni, la mia famiglia si è integrata e Bergamo è decisamente più aperta di allora».
In che senso scrivere “Razzismo all’italiana” è stato come una terapia”?
«Scrivere è stata come una terapia, perché mi ha aiutata psicologicamente a liberare il carico di ricordi ed esperienze negative e positive legate al mio essere a metà tra due mondi: quello italiano, a cui apparteneva mio padre e in cui ero nata e cresciuta, e quello africano, a cui apparteneva mamma e che allungava le mie radici a un Paese e Continente completamente diverso. È stata dura. Ho speso una vita a cercare la mia identità, a cercare il luogo in cui metterle quelle radici. In Italia, gli italiani mi hanno sempre vista come una straniera, si stupivano quando sfoggiavo il mio italiano perfetto con una cadenza bergamasca non poco marcata. In Africa, gli africani mi consideravano una bianca, una privilegiata, tutto tranne che africana. Chi ero e dove appartenevo? La risposta nel libro».
Nella prefazione al libro Cécile Kyenge sostiene che l’Italia “pian piano sta capendo il valore dell’uguaglianza nella differenza”. Condivide?
«L’onorevole Kyenge è una persona straordinaria e di estrema intelligenza. Ha supportato il mio libro fin da subito, proprio perché ha capito che la mia storia va di pari passo con un’Italia che sta cambiando, che si sta aprendo alla diversità delle altre culture, abbracciando sempre più gli stranieri che decidono di viverci e fondare le basi di una famiglia: i nuovi italiani. Sono questi italiani che rappresento, presente e futuro. L’Italia sta cambiando dall’interno: sono sempre più gli italiani che come mio padre si sposano con donne straniere, sempre di più gli stranieri con bambini che nascono in Italia, ci crescono, ci lavorano, ci muoiono. Italiani al 100 per cento con in più un incredibile bagaglio culturale che li rende unici, importanti. È su quel bagaglio che dobbiamo costruire per vedere un’Italia più forte e rinnovata».
Nella scrittura quale stato d’animo ha prevalso?
«Il libro nasce da un atto di amore. Amo la terra in cui sono nata, quella che mi ha educata, insultata, rivalutata… Questo è un libro che mi mette tremendamente a nudo, una cosa che richiede un pizzico di coraggio. Ma ho sentito l’esigenza di scriverlo, per me stessa, per la mia famiglia, e quella di tutte le persone come me nate a cavallo di due culture, i nuovi italiani. Non c’è rabbia perché la negatività delle discriminazioni che ho subito ho tentato disperatamente di trasformarla in energia positiva, attraverso il mio lavoro. Sono fotografa e documentarista e ho la fortuna di lavorare soprattutto con artisti di strada, soprattutto dall’Africa. Quest’anno Zomba Prison Project, l’album a cui ho lavorato con mio marito Ian Brennan, è anche nominato ai Grammy’s 2016. Siamo felicissimi».
Un piccolo spot per invogliare i lettori a comprare il suo libro…
«Se siete razzisti, questo è un libro che vi potrebbe uccidere. Se non siete razzisti, questo è un libro che vi potrebbe causare seri traumi celebrali alternati ad allucinazioni e rivelazioni mistiche. La verità è che questo libro è per tutti. Il tono è tra il tragico e il comico, ma di certo non vi lascerà indifferenti. Parola di afroitaliana».
Cosa si augura per il futuro?
«Il futuro è nelle mani dei nuovi italiani. E lo vedo decisamente verde, bianco, rosso, nero, arcobaleno».
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Marilena Delli
Razzismo all’italiana. Cronache di una spia mezzosangue
Aracne 2016
pp. 156, 12 €