REARM EUROPE, L’EUROPA E GLI ARMAMENTI: CHE STA SUCCEDENDO?

Il 6 marzo è stato approvato ReArm Europe, piano per il riarmo europeo da 800 miliardi di euro. Mao Valpiana: «La vera questione è: va bene, dobbiamo difenderci, ma come e da chi?»

di Maurizio Ermisino

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Che cosa sta diventando l’Europa? Si prepara un’Europa armata fino ai denti, lontana da quei principi, quelli di Ventotene, che dovevano essere alla base della sua nascita? E che cosa sta accadendo in Italia, a proposito del riarmo europeo, nel dibattito su pace e armamenti, anche tra soggetti che si pensava stessero dalla stessa parte? Partiamo dall’inizio. Il 6 marzo, il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo ha approvato ReArm Europe, il piano per il riarmo europeo da 800 miliardi di euro per potenziare la difesa comune europea annunciato il 4 marzo dalla Presidente della Commissione Ursula von der Layen. La data dell’annuncio è quella dell’interruzione del supporto all’Ucraina da parte degli Stati Uniti. Da qui l’idea di un’Europa armata, che possa slegarsi dal cappello protettivo degli USA e dalla Nato e che possa proteggersi da sola dalla minaccia di Putin. A sostegno dell’Europa, lo scorso 15 marzo, c’è stata una manifestazione, promossa dall’intellettuale Michele Serra, a Roma, a piazza del Popolo, a sua volta contestata da una frangia dei movimenti pacifisti, che ne hanno organizzata un’altra in alternativa. E lo scorso sabato 5 aprile è andata in scena un’altra manifestazione contro il riarmo europeo, organizzata dal Movimento 5 Stelle. Ma è bene capire cosa stia accadendo realmente. Ne abbiamo parlato con Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento e Francesca Farruggia, segretaria generale di Archivio Disarmo, prima della manifestazione del 5 aprile.

ReArm Europe
Mao Valpiana: «Il Governo Meloni gioca su tre scacchiere: compiacere la von der Layen, farsi compiacere da Trump, due cose in contrasto tra loro, e comunicare con gli elettori italiani»

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Iniziamo dal piano di riarmo da 800 miliardi. «È una richiesta agli Stati membri, che a loro volta devono deliberare su questa» ci ha spiegato Valpiana. «Siamo ancora nell’ambito della propaganda, un po’ di fumo negli occhi per far vedere che l’Europa si muove e che i cittadini devono sentirsi protetti. In concreto questa è una via libera al riarmo tedesco, un semaforo verde al parlamento tedesco di poter agire in deroga alla stabilità di bilancio e fare debiti per il proprio riarmo». I vari Stati dovranno quindi deliberare. Ma che farà l’Italia? «Il Governo Meloni gioca su tre scacchiere: compiacere la von der Layen, farsi compiacere da Trump, due cose in contrasto tra loro, e comunicare con gli elettori italiani» commenta Valpiana. «E sa benissimo che l’opinione pubblica non è d’accordo sulla questione delle armi. Gli ultimi sondaggi europei confermano che oltre il 55% dell’opinione pubblica italiana non ne vuole sapere di spese per le armi e preferirebbe investimenti nel welfare. Ma credo che di tutto questo, in Italia, non se ne farà niente».

Quel 2% del Pil va pesato

Ma, come sappiamo, la tendenza al riarmo non nasce con l’elezione di Trump. «È qualcosa che va avanti da un decennio» spiega Francesca Farruggia. «Sembra una contrapposizione alle uscite degli USA ma fa il verso a quello che gli Stati Uniti chiedono da anni, di adeguare le spese militari al 2% del Pil. Si è passati a una richiesta del 5%, una richiesta assurda: anche gli Stati Uniti sono lontani da quella cifra, a oggi investono il 3,5% del Pil. L’Italia è a un 1,5%. Ma nella narrazione corrente sembra che in questi anni l’Europa non abbia speso una lira: è falso, perché secondo i dati SIPRI tra il 2013 e il 2023 i Paesi che aderiscono alla NATO hanno accresciuto le loro spese militari del 46% e l’Italia del 26%. E l’impulso maggiore è stato dato dalle spese per gli armamenti». «Quanto all’Italia, è vero che spende meno del 2% del Pil» precisa. «Ma un conto è la spesa della Polonia, che raggiunge il 4% del Pil. Ma qual è il suo Pil? Nelle spese in numeri assoluti, tra i Paesi Nato, l’Italia è al quinto posto. Tra i Paesi UE è terza dopo Germania e Francia, quarta se consideriamo l’Europa con il Regno Unito. Questo aspetto è sempre taciuto».

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Farruggia: «Nelle spese in armamenti in numeri assoluti, tra i Paesi Nato, l’Italia è al quinto posto. Tra i Paesi UE è terza dopo Germania e Francia, quarta se consideriamo l’Europa con il Regno Unito. Questo aspetto è sempre taciuto»

ReArm Europe: un esercito europeo

Il punto non è quanto spendere in armamenti ma come. Il vero problema è lo scarso coordinamento tra i vari Paesi europei. «Se uno dovesse pensare a un mondo ideale punterebbe a una totale assenza di spese per la difesa» riflette Francesca Farruggia. «A parte qualcuno che ci fa gli affari, nessuno di noi vorrebbe un mondo in guerra. Ma visto che è impossibile che in futuro ci sia un cessate il fuoco generale ci vuole una riorganizzazione di una difesa europea». Un esercito unico europeo potrebbe essere una risposta? «Già quindici anni fa dicevamo che sull’esercito europeo se ne poteva discutere» aggiunge Mao Valpiana. «Se è un esercito che sostituisce i 27 siamo d’accordo. Se è un esercito che si somma ai 27, cosa di cui si sta in realtà parlando adesso, la cosa non funziona». «L’esercito europeo ha senso solo dopo aver stabilito una politica estera comune, di difesa e cooperazione» continua. «Ma parlarne nel 2025 vuol dire essere fuori tempo massimo. Fare l’esercito europeo per difenderci da Putin? Se lo metti in piedi adesso ti difendi tra 15 anni. È un dibattito ideologico e fuori dalla realtà». «Bisognerebbe pensare a una difesa che sia europea, partendo da una politica estera europea, da un’idea di Europa» fa eco Francesca Farruggia. «Quello che emerge da queste discussioni è che non esiste un’Unione Europea, ognuno va per la sua strada e con grande difficoltà si giunge a una condivisione di obiettivi e di strategia. Il piano ReArm Europe è una risposta a questa mancanza di strategia: proseguiamo così come abbiamo fatto in questi anni».

Le due piazze

Si tratta quindi di entrare nel dibattito. Per questo Movimento Nonviolento, un movimento pacifista, è stato presente nella Piazza “europea”, piazza del Popolo (la manifestazione promossa da Michele Serra). «Il senso di essere lì era quello di porre la vera questione che c’è dietro tutto questo: va bene, dobbiamo difenderci, ma come e da chi?» ci spiega chiaramente Mao Valpiana. «Quando rispondi a queste due domande puoi capire quanti soldi mettere in campo e dove finalizzarli. Neanche i militari stanno seguendo la von der Layen in questo senso: sono i primi a dire che i politici non sanno di cosa parlano. Siamo andati in Piazza del Popolo per non lasciare la bandiera europea in mano solo a quelli che le vogliono mettere l’elmetto. E per rivendicare l’origine dell’Europa, Ventotene, che è un progetto nato contro la guerra». «Siamo un istituto di ricerca» precisa Francesca Farruggia. «Anche se ci mobilitiamo in manifestazioni di advocacy. In questo caso non ci siamo posizionati. La piazza di Michele Serra poneva insieme posizioni molto diverse. Io faccio molta difficoltà a immaginare una pace che si raggiunge con la forza perché storicamente non mai stato così. Il Peace Index, l’indice della pace portato avanti da un istituto internazionale, ci dice che più ci armiamo più è facile che la guerra si faccia. Quando le armi ce le hai è difficile che non le usi. Solo l’arma nucleare ha funzione di deterrenza, le altre no».

 

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