REFERENDUM CITTADINANZA. COME PARTECIPARE E PERCHÉ

Fino al 30 settembre si può firmare il referendum per la cittadinanza italiana. Un limbo che coinvolge 2 milioni e mezzo di persone nate o residenti in Italia senza esserne cittadini. SiMohamed Kaabour: «Allineare l’Italia ai principali Paesi europei»

di Antonella Patete

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Con un’iniziativa dal basso che vede al centro le associazioni delle persone con un background migratorio lo scorso 4 settembre è stato depositato il quesito referendario per ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia necessario a richiedere la cittadinanza italiana. Un progetto ambizioso, visto che c’è tempo solo fino al 30 settembre per raccogliere le firme, quello sostenuto dalla campagna Referendum Cittadinanza, promosso da quattro organizzazioni impegnate per la difesa dei diritti delle cosiddette nuove generazioni: CoNNGI-Coordinamento Nazionale delle Nuove Generazioni Italiane, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, IDEM Network e Dalla Parte Giusta della Storia. «Abbiamo deciso di lanciarci in un’iniziativa dai tempi davvero stretti sollevare il tema della cittadinanza senza andare a ricasco della politica», commenta SiMohamed Kaabour, primo firmatario per conto di IDEM Network, una rete civica, nata per promuovere la partecipazione politica dal basso e oggi formata soprattutto da attivisti e amministratori politici di cui molti con background migratorio. «C’è bisogno di tenere aperta la discussione prima con la società civile e solo secondariamente con la politica, che ha un’attenzione intermittente verso questo tema che, peraltro, non incontra mai la disponibilità dell’intero arco parlamentare».

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La rete CoNNGI al seminario Protagonisti! Le nuove generazioni italiane si raccontano tenutosi lo scorso maggio a Milano

Cittadinanza dopo 5 anni: un ritorno al futuro

La proposta arriva, infatti, al termine di un dibattito nato lo scorso agosto all’interno dello stesso governo, quando il segretario di Forza Italia e vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, aveva rilanciato sullo ius scholae, per poi bocciare tutti gli emendamenti al ddl Sicurezza proposti dalle opposizioni, compreso quello che proponeva l’acquisizione della cittadinanza per i figli di persone immigrate dopo un ciclo scolastico di 10 anni. «Chiediamo di riportare a 5 anni il termine di residenza legale nel territorio della Repubblica, com’era previsto dalla legislazione prima del 1992, in una sorta di ritorno al futuro che allineerebbe l’Italia con i principali Paesi europei», dice ancora SiMohamed Kaabour, che oggi ha 42 anni e vive a Genova, dove è insegnante di arabo ed educazione civica in un liceo linguistico. Kaabour è arrivato da Casablanca in Italia con un ricongiungimento familiare all’età di 11 anni, ed è qui che ha seguito la maggior parte del suo ciclo scolastico. «Il mio impegno associativo è cominciato tra il 2005 e il 2006 quando ho messo a fuoco, per la prima volta, la mia identità», racconta di sé. «In Italia mi avevano sempre fatto sentire “il marocchino”, ma in Francia, dove ero andato a studiare, venivo considerato “l’italiano”. Allora ho capito che quella veste da “marocchino” mi andava stretta, perché nel frattempo ero cambiato. Così, una volta tornato in Italia ho fondato l’associazione Nuovi Profili, poi sono stato uno dei fondatori e il primo presidente del CoNNGI, il Coordinamento nato nel 2017 in seno al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che oggi riunisce 44 associazioni. Infine, ho proseguito il mio impegno come consigliere comunale a Genova e oggi faccio parte dell’associazione IDEM Network».

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Annalisa Ramos, Consigliera CoNNGI

Due milioni e mezzo di italiani senza cittadinanza

SiMohamed Kaabour è arrivato a Genova nel 1992, ma ha ottenuto la cittadinanza solo nel 2009. «Nel 2006 avevo presentato domanda per le supplenze al Provveditorato e avevo cominciato la mia carriera di insegnante, ma quando hanno scoperto che non ero italiano mi hanno allontanato dalla scuola. Ci sono voluti 3 anni di battaglie legali per tornare in cattedra e avere la cittadinanza». È, invece, ancora in attesa di diventare cittadina italiana Noura Ghazoui, presidente CoNNGI. Trentaquattro anni, nata e cresciuta ad Albenga (Savona), oggi vive a Genova e fino a questo momento non è riuscita a districarsi nell’inferno burocratico che la separa dalla cittadinanza. «Tutto colpa di un cavillo», racconta. «Perché tra i 6 e gli 11 anni mio padre decise di portarci in Marocco per imparare l’arabo e familiarizzarci con la nostra cultura. Poi siamo tornati in Italia, dove ho terminato la scuola. Ma quando, al compimento del diciottesimo anno, ho presentato la domanda di cittadinanza è arrivata l’amara scoperta: non avevo il requisito della residenza ininterrotta per 10 anni». La storia di Noura Ghazoui è più frequente di quel che potrebbe sembrare: secondo le stime, infatti, sono circa 2 milioni e mezzo i cittadini e le cittadine di origine straniera nati o residenti in Italia, ma senza esserne cittadini. «Non avere la cittadinanza comporta lunghe file, burocrazia e tanti diritti negati», sottolinea la presidente del CoNNGI: «Come cittadini e cittadine italiani, invece, abbiamo la possibilità di partecipare agevolmente a percorsi di studio all’estero, rappresentare l’Italia nelle competizioni sportive senza restrizioni, partecipare ai concorsi pubblici senza restrizioni. Per non dire che anche noi, come parte integrante del tessuto sociale, contribuiamo attivamente alla vita e alla crescita del Paese in cui viviamo e al quale sentiamo di appartenere».

Come firmare

Il quesito referendario che mira a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 si basa su criteri meno restrittivi rispetto allo ius soli, che riguarda solo chi nasce in Italia (circa 500mila persone all’anno), e lo ius scholae, che comprende solo chi completa un ciclo di studi di 5 anni (circa 135mila persone all’anno). Resterebbero invariati gli altri requisiti già stabiliti dalla normativa vigente, come la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un reddito consistente, l’assenza di carichi penali, l’ottemperanza agli obblighi tributari, la non sussistenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Oltre alle associazioni promotrici, a oggi hanno aderito Libera, Gruppo Abele, Società della Ragione, A Buon Diritto, ARCI, ActionAid, Oxfam Italia, Cittadinanza Attiva, Open Arms, Forum Disuguaglianze e Diversità, Recosol, MAEC, InMenteItaca, Le Contemporanee, InOltre Alternativa Progressista, Forum Disuguaglianze Diversità, ASGI. È possibile firmare il Referendum attraverso il sito.

 

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