RICHIEDENTI ASILO IN ITALIA: 25 ANNI DI IMMIGRAZIONI
Focus su com'è cambiato il campione demografico che chiede di entrare nel nostro paese dal 1990 a oggi
22 Luglio 2016
Sono passati diversi anni da quel lontano 1991 in cui l’Italia, da paese di emigranti, conobbe il fenomeno d’immigrazione di massa durante l’esodo del popolo albanese sulle coste adriatiche. Grazie ai dati estratti dai report messi a disposizione sul sito del Viminale, nella sezione a cura del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, ripercorriamo dunque la storia dei richiedenti asilo in Italia, di quanti sono riusciti effettivamente a ottenere la cittadinanza nel Bel Paese e quanti di loro invece sono diventati clandestini.
Il campione demografico del 1991 mostra che i richiedenti asilo furono furono 28.400, con la sola Albania che copriva il 75% del campione demografico. Sempre dai dati del Viminale, nel ’91 le domande di asilo accolte dallo stato italiano furono 23.464: gli albanesi che dunque poterono permanere sul suolo nazionale furono circa 18.900, con uno scarto tra domanda e accoglienza di 2.500 unità. La risposta a questo calcolo statistico presuppone conseguentemente un’altra domanda: i richiedenti respinti dal governo furono poi effettivamente rimandati nello loro rispettive patrie? Oppure sono rimasti in Italia sfuggendo alle maglie delle istituzioni e diventando di fatto dei clandestini?
I richiedenti asilo alla fine degli anni novanta
Dopo l’emergenza umanitaria del ’91, negli anni successivi i richiedenti asilo in Italia hanno seguito un trend decisamente al ribasso. Trascorre qualche tempo prima che l’Italia incontri di nuovo un’emergenza come quella albanese. Si giunge così al 1999, il tragico anno in cui avvenne il disfacimento della Ex Jugoslavia, che portò numerosi profughi a fuggire in Italia per scappare da guerre e pulizie etniche. In quel periodo, delle 37.318 domande pervenute al Ministero degli Interni, ben il 61% proveniva dai territori balcani, mentre quote minori ma altrettanto significative erano rappresentate da Turchia ( funestata da mortali terremoti) e Iraq (paese sotto embargo NATO e bombardato a Bassora dagli Stati Uniti). Se guardiamo però alle domande accettate dall’Italia nel ’99, notiamo come la forbice tra accolti e respinti sia molto più ampia rispetto al 1991. Dei 37.318 richiedenti, solo 11.838 sono in seguito rimasti sul territorio nazionale. E anche qui sorgono spontanee domande spinose: quanti di questi respinti sono tornati nel loro paese? Quanti cercarono rifugio in altre nazioni europee e infine quanti di loro sono diventati clandestini in Italia?
I numeri degli ultimi anni
Rimanendo con l’amaro in bocca per domande che trovano poche risposte esaustive, concludiamo il nostro focus arrivando alla storia dei giorni nostri. Il fenomeno migratorio dei popoli provenienti dalla Ex Jugoslavia si è progressivamente attenuato negli anni, ma di certo non arrestato, per dare sempre più spazio alle popolazioni africane e mediorientali, le cui zone sono interessate da tragedie umanitarie.
Per citare un esempio simbolo, la crisi politica e religiosa in cui versa la Nigeria dal 2003 a causa di gruppi terroristici islamici come Boko Haram costringe il suo popolo a cercare nuove terre promesse in Europa. Guardando alla situazione migranti in Italia, le richieste pervenute al ministero nel 2015 sono state oltre 83.000, laddove i cittadini nigeriani sono in testa alla fila con oltre un quarto del campione demografico presentatosi al confine con il Bel Paese. Numeri simili, ma impossibili da ignorare, provengono dai popoli del Gambia, Pakistan, Afghanistan e Mali.
Il comune denominatore di tutti questi migranti è sempre lo stesso: fame, povertà, guerre civili, persecuzioni religiose. Ciò che non li abbandona mai è la speranza di un mondo migliore. Il problema di queste richieste d’asilo, però, in Italia rimane sempre lo stesso: oltre il 30% in media delle richieste viene respinto e tante tra queste persone spariscono poi dai radar delle istituzioni per cadere vittime delle mafie e della criminalità organizzata, a volte gestita dai loro stessi connazionali.
Il sistema normativo in Italia
Lo stato italiano regola il flusso migratorio attraverso l’applicazione del Decreto Legislativo n.286/1998, chiamato anche “Testo unico sull’immigrazione“, che pone le condizioni per entrare nel territorio nazionale ai cittadini stranieri. Chi vuole entrare in Italia deve documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenervisi durante il soggiorno, sia per rientrare nel Paese di provenienza, tranne i casi di ingresso per motivi di lavoro. Non è ammesso in Italia chi non soddisfa tali requisiti, o è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale o di uno dei Paesi con cui l’Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne.
I cittadini stranieri riconosciuti clandestini o irregolari devono essere respinti, accompagnati alla frontiera o espulsi (per approfondire consulta questo sito). Succede poi che a molti di loro non vengono applicate subito le sanzioni per vari motivi, che spaziano da quelli sanitari, agli accertamenti delle autorità, alla mancanza di procedure e mezzi di trasporto per accompagnarli al confine. In ultima analisi, il sistema pone anche delle falle normative.
Per la legge italiana, infatti, molti dei migranti che hanno visto la loro domanda respinta possono fare appello in tribunale contro questa decisione, vedendosi le spese legali coperte dall’Italia stessa e prolungando di fatto anche fino a 4 anni la loro permanenza sul territorio nazionale presso appositi centri di permanenza temporanea e assistenza. Questo tempo lunghissimo è dovuto alle annose lungaggini giudiziarie e ai tribunali notoriamente ingolfati di pratiche difficili da smaltire a breve termine. Inoltre la mancanza di fondi, di strumenti di sicurezza e di uomini fanno sì che molti di loro fuggono dalle maglie istituzionali e finiscono per trovare rifugio nelle campagne italiane, cadendo nel lavoro nero, nelle agromafie e nelle braccia della criminalità.