SERVIZIO CIVILE: RIDURRE IL MONTE ORE?
Molti enti e volontari chiedono al Governo di ridurre il monte ore minimo da 30 a 20 ore settimanali. Per un servizio civile più accessibile e universale
16 Gennaio 2017
Ridurre le ore di impiego dei volontari da un minimo di 30 settimanali ad un minimo di 20. Mentre la riforma del servizio civile universale si avvia alle battute finali – con l’ormai prossimo esame del decreto da parte del Consiglio dei Ministri – l’attenzione di enti e volontari è concentrata su uno dei punti più dolenti della riforma ossia la modifica del monte ore richiesto ai volontari durante il servizio.
Ad oggi l’organizzazione del servizio civile prevede un impegno orario che va da un minimo di 30 ad un massimo di 36 ore settimanali, distribuite su almeno 5 e massimo 6 giorni a settimana. Il rimborso spese mensile, qualunque sia l’orario di servizio, è sempre pari a 433,80 euro, invariato dal 2001. Un impegno ritenuto – da molti – eccessivo e che non permette ai volontari di conciliare altre attività come lo studio o il lavoro. Parere accolto – ma non decisivo – è arrivato a metà dicembre dalla commissione Affari costituzionali di Camera e Senato che, dopo aver vagliato lo schema di decreto, si è limitata ad un’ipotesi di riduzione rimandando le valutazioni al Governo.
Insoddisfatti del documento, la Rappresentanza nazionale Volontari Servizio Civile insieme al Forum nazionale Servizio Civile, con una lettera indirizzata a Paolo Gentiloni, hanno chiesto espressamente al Governo di intervenire sulla questione, onde evitare che la riforma venga approvata senza tale modifica. «Siamo convinti – si legge nella lettera – che il servizio civile non possa e non debba essere confuso con un lavoro.
Esso si colloca in una cornice di valori costituzionali che vanno ben oltre l’equilibrio tra ciò che si dà e ciò che si riceve. È pur vero che per crescere e per formarsi un giovane ha bisogno di esperienze e di tempo. Le 30 ore settimanali di servizio civile occupano attualmente quasi due terzi della giornata di un giovane, considerato che la stragrande maggioranza di loro non ha la fortuna di svolgerlo vicino casa. Mentre in un terzo della giornata, chi svolge servizio civile deve studiare, frequentare corsi, lavorare, preoccuparsi della propria vita e, magari, del proprio futuro».
Riforma del Servizio civile: la riduzione del monte ore è uno dei punti più discussi
Ad incoraggiare la modifica del monte ore è stata anche la Cnesc (Conferenza nazionale Enti per il Servizio Civile) che in una nota diramata pochi giorni fa ha affermato che: «la riduzione a 25 ore settimanali dell’orario di servizio fa il passo equilibrato nella direzione di una facilitazione per i giovani a coniugare impegni di vita e impegno nel servizio civile.
Sui progetti nazionali degli ultimi 15 anni, accanto alla sostenibilità delle 30 ore per la gran parte dei giovani, sono stati segnalati casi critici che hanno scoraggiato la scelta del servizio. In considerazione della finalità inclusiva del Servizio Civile Universale si propone per i programmi Italia, di introdurre una flessibilità oraria, fatto salvo il permanere del vincolo dei 5 o 6 giorni settimanali di servizio e dello stesso importo dell’assegno mensile».
Su Twitter, intanto, sono tanti i volontari che stanno pubblicando una loro foto di protesta con il cartello #serviziocivile20ore. «Il #ServizioCivile é una scelta volontaria che non deve essere incompatibile con altre attività come studio e lavoro #serviziocivile20ore» scrive una volontaria. Un altro volontario twitta: «Io ho un sogno: un servizio civile realmente universale cioè aperto a tutti i giovani e compatibile con le loro vite #serviziocivile20ore» e ancora «Ripensare orario #serviziocivile20ore per seguire corsi, fare sport, volontariato, attività politica: momenti di formazione civica dei giovani».
In attesa delle valutazioni del Consiglio dei Ministri è curioso leggere i dati di una delle più recenti indagini sulle motivazioni che hanno spinto i giovani a non candidarsi in progetti di servizio civile. Il 26,9% del campione ha dichiarato di non voler diventare volontario perché iscritto all’Università, il 19,2% perché ha trovato lavoro, l’11,5% perché sta svolgendo un’altra esperienza di stage/tirocinio, mentre la restante parte (19,2%) ha affermato di non avere una motivazione definita. C’è da chiedersi, allora, quanto potrà considerarsi “universale” un servizio civile che non terrà conto di queste reali esigenze dei giovani italiani?