CONTRO IL GIOCO D’AZZARDO PIÙ PREVENZIONE E ZERO PUBBLICITÀ
Nello Year Book 2016 "Rischi da giocare" i numeri e le proposte del CNCA contro un problema che continua a diffondersi
12 Dicembre 2016
In Italia sono quasi 17 milioni le persone che hanno giocato d’azzardo almeno una volta, e di questi oltre 5,5 milioni sono giovani adulti di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Questi sono i primi dati dell’ultimo studio ESPAD®Italia, contenuto nel volume Year Book 2016 Rischi da giocare, pubblicato per presentare il progetto Rischi da Giocare del Cnca, finanziato dal Ministero del lavoro e politiche sociali con fondi della legge 383/2000, che ha preso avvio nel settembre 2015 con una durata di 12 mesi.
Il progetto ha avuto come finalità il contrasto del gioco d’azzardo e la diminuzione del numero di persone esposte al rischio di sviluppare comportamenti problematici e patologici. L’obiettivo era di accrescere e diffondere la cultura della prevenzione e della promozione della salute, attraverso un mix di strategie (comunicative e di sensibilizzazione, d’intervento psicosociale e di sviluppo di comunità) articolate su base territoriale nelle Federazioni regionali del CNCA. Lo Year Book 2016 Rischi da giocare, che ha quindi come suo fulcro centrale una ricerca sui gruppi del CNCA, raccoglie una serie di materiali, elaborati da esperti e con la partecipazione del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), frutto di un’indagine nazionale sul gioco d’azzardo.
Il volume presenta dei contributi ad ampio raggio, che articolano un ragionamento complessivo sul fenomeno in questione fornendo dati, informazioni e strumenti in grado di supportare interventi di prevenzione e implementazione di progetti in questo settore.
L’azzardo tra gli adolescenti
Il CNCA che vive e lavora sui territori, si è trovato negli anni a dover fronteggiare una situazione di nuove dipendenze, con numeri sempre crescenti di richieste di aiuto. Il CNCA già dal 2012 ha dato vita, insieme ad altre organizzazioni, alla Campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo Mettiamoci in gioco, con l’obiettivo di porre un freno, da parte dello Stato, al modello di “liberalizzazione controllata” del gioco d’azzardo in Italia e di chiedere una moratoria rispetto all’immissione di nuovi giochi.
Lo studio ESPAD®Italia, ci dice però che la percentuale di giocatori è cresciuta dal 39% nel 2014 al 42% nel 2015, con un 7% che riferisce di giocare 4 o più volte alla settimana. L’aumento è generalizzato per tutte le fasce d’età, in quasi tutte le aree geografiche e per entrambi i generi: anche se la percentuale più alta resta quella fra i ragazzi, 51% contro 32% delle femmine, l’incremento maggiore è quello di quattro punti registrato fra le ragazze 16-17enni, dal 27% al 31%. Anche il 38% dei minori scolarizzati (15-17 anni), circa 550,000 studenti, riferisce di aver giocato d’azzardo nel 2015 (erano il 35% del 2014).
Il fatturato e la criminalità organizzata
Il fatturato annuo è salito ben oltre gli 80 miliardi di euro. Sotto i nostri occhi il gioco d’azzardo si è moltiplicato in maniera pervasiva declinandosi in molti modi differenti che hanno letteralmente inondato il mercato: slot machine, videolottery, lotterie, scommesse, gratta e vinci, allargando a dismisura la platea dei giocatori, coinvolgendo settori della popolazione tra i più fragili. È cresciuto così il numero di giocatori patologici o ad alto rischio di dipendenza.
Il fenomeno è sempre più oggetto di interesse delle infiltrazioni delle grandi organizzazioni criminali e si può affermare che esiste un legame molto stretto tra il gioco d’azzardo e l’usura. D’altra parte esistono delle lobby che operano pressioni molto forti sulla politica e i proventi provenienti dalla tassazione del gioco rappresentano una tentazione per i vari governi che si sono succeduti.
No alla pubblicità
Così, nuovamente il CNCA, a conclusione del progetto “Rischi da giocare”, e con la pubblicazione dello Year Book 2016 Rischi da giocare, torna a farsi portavoce, con un approccio volto alla promozione di saperi e competenze, di nuove richieste per arginare al più presto la situazione: ciò che viene chiesto è il divieto assoluto di pubblicità del gioco d’azzardo e che i proventi che lo stato ricava dal gioco d’azzardo diminuiscano progressivamente in modo da far ridurre l’offerta di azzardo.
Questo è quanto ha dichiarato il presidente Don Armando Zappolini in un’intervista rilasciata lo scorso 5 dicembre: « Non si può agire solo sull’offerta, ma anche sulla domanda. E quindi, come si è fatto con il fumo, bisogna fermare tutta questa pubblicità. Da più di un anno abbiamo avanzato la proposta per una legge chiara e semplice, di soli tre articoli, per ottenere questo risultato. È stata presentata ai due rami del Parlamento da due diverse forze politiche, ma ancora è tutto fermo ».
I parlamentari Lorenzo Basso del partito Democratico, Giovanni Endrizzi del Movimento 5 Stelle e Paola Binetti dell’UDC, presenti alla presentazione del volume, si sono trovati concordi nel ritenere che il divieto totale di pubblicità e la diminuzione delle entrate statali dall’azzardo siano obiettivo comune e indispensabile nella lotta al gioco d’azzardo.
Per combattere in modo radicale il problema, c’è bisogno comunque di intervenire con approcci che non siano emergenziali, ma che prendano in considerazione i vari livelli presenti sul territorio: il livello politico, che deve porre l’attenzione sulla legislazione, quello dell’impatto territoriale e del ruolo dei comuni, i piani di prevenzione e il sistema di presa in carico e cura alla luce dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) approvati. Può aggiungersi un’ulteriore soggetto, anch’esso fondamentale; la stampa, perché se è vero che il gioco d’azzardo non và pubblicizzato, è vero anche, che di gioco d’azzardo si deve parlare per, citando il presidente Don Armando Zappolini, «creare una forma di obiezione di coscienza e stare sulle questioni vere del paese ».
Prevenzione e cura con Rischi da Giocare
L’esperienza, anche in ambiti più ampi di promozione alla salute, come la prevenzione per le dipendenze e la riduzione dei rischi, ha permesso ai gruppi CNCA di sperimentare diversi modelli preventivi, diversi approcci, diversi interventi trattamentali. Questa varietà d’interventi e di modelli riflette sicuramente, oltre alla cultura e alla professionalità specifica di ciascun gruppo, anche il tipo e l’attenzione dei decisori politici dei diversi comuni/province/regioni. Sicuramente il tema suscita molto interesse e gli sforzi per contrastare o mitigare i danni del comportamento patologico, seppur consistenti, risultano talvolta frammentati e non sempre integrati con le scelte politiche di contrasto.
Un punto critico riguarda gli elementi di valutazione dei singoli interventi, i quali, non sempre, prevedono un sistema di monitoraggio e valutazione che possa consentire prove di efficacia, poiché talvolta gli indicatori non sono misurati con strumenti appropriati. Sicuramente anche in letteratura la questione è controversa, visto che nella maggior parte degli interventi di prevenzione non vengono riportate evidenze dirette della loro efficacia, e sono pochi gli esempi con un’evidenza robusta. Tuttavia, in campi analoghi di prevenzione alla salute, come la prevenzione dell’uso di droghe, alcol e tabacco, la ricerca internazionale fornisce una forte evidenza di cosa funzioni (life skills) e cosa possa addirittura essere dannoso (campagne DO NOT). I gruppi di lavoro hanno osservato inoltre l’utilità dei media per favorire la riflessione e la discussione.
La campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”
La campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, di cui il CNCA è tra i promotori, ha permesso un’organizzazione maggiormente sistematizzata degli interventi, ha messo in rete più organismi al fine di garantire una maggiore sostenibilità all’iniziativa.
L’obiettivo del CNCA è di costruire un’azione progettuale ad ampio respiro, con una rete di soggetti che svolgano sinergicamente tutti i compiti e le funzioni che un progetto di prevenzione ben articolato richiede. In questo ipotetico progetto un’azione chiave dovrebbe essere quella della valutazione poiché permetterebbe di comprendere quali interventi garantiscono efficacia e maggior efficienza, indirizzando così le politiche sociali di prevenzione verso progetti più mirati e rispondenti ai bisogni.