ROMA CITTÀ RIFUGIO: UNA NUOVA ACCOGLIENZA È POSSIBILE

Roma Città Rifugio è un progetto di rete che coinvolge il territorio, l'amministrazione pubblica e la società civile per creare delle città rifugio per difensori dei diritti umani. La proposta è ora in discussione nei Municipi

di Maurizio Ermisino

Per un’Italia che sul tema dei diritti umani e dell’accoglienza sembra voler tornare indietro, c’è un’altra Italia che dimostra di voler andare avanti. E dirci che nuovi percorsi di accoglienza sono possibili. Lo scorso lunedì 22 maggio, presso Zalib, in Via della Penitenza 35, è stato presentato il progetto Roma Città Rifugio, alla presenza della Rete in Difesa Di e Amnesty International, insieme alle consigliere e ai consiglieri che nei Municipi di Roma hanno depositato la mozione e le realtà della società civile che lo supportano. Roma Città Rifugio è un progetto di rete che vede coinvolti il territorio, l’amministrazione pubblica e la società civile per creare delle città rifugio il cui obiettivo è proteggere i difensori dei diritti umani che vedono minacciate le loro vite o la loro integrità fisica, a causa delle attività che promuovono nel loro paese d’origine. Ad oggi le città rifugio sono: Torino, Bologna, Verona, Padova, Trento (più Asiago e alcuni Comuni del Patavino)

Sono undici le articolazioni di Roma Capitale in cui verrà discussa la proposta. Un percorso che, nelle prossime settimane, porterà i consigli locali ad esprimersi su canali di accoglienza per le difensore e i difensori dei diritti umani nella nostra città. I rispettivi Presidenti si sono impegnano ad attivarsi presso il sindaco Roberto Gualtieri per trasformare la capitale in una Città Rifugio, come già avvenuto in altre città italiane. Su spinta del 13mo municipio, la mozione che vorrebbe istituire Roma città Rifugio è stata presentata in 11 municipi. Con 12 voti favorevoli e 6 astenuti, il Municipio Roma IX è il primo ad approvare la mozione per Roma Città Rifugio. Anche il Municipio Roma IV ha appena approvato la mozione. Nelle prossime settimane il resto dei municipi dovrebbe discutere e approvare la mozione. Il passo successivo è farla poi approvare a livello di assemblea capitolina.

Città rifugio: accogliere, tra i sei e i dodici mesi

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Il progetto Roma città rifugio è stato presentato nei giorni scorsi alla presenza della Rete in Difesa Di e Amnesty International, insieme alle consigliere e ai consiglieri che nei Municipi di Roma hanno depositato la mozione e le realtà della società civile che lo supportano

«Rete in Difesa Di e Amnesty International da qualche anno hanno iniziato a lavorare per la creazione di città rifugio in Italia» ci ha spiegato Laura Renzi, campaigner di Amnesty International Italia. «Sono città che possono accogliere, per un periodo tra i sei e i dodici mesi, i difensori e le difensore dei diritti umani che nel mondo stanno affrontando minacce, vessazioni, pericoli. Persone che difendono i diritti umani in altre parti mondo e che hanno bisogno o di fuggire o di venire a riposare per un certo periodo di tempo». Il progetto è partito nel 2016. «Da tempo molte ong italiane stavano constatando con mano la questione della violazione dei diritti dei loro partner, attivisti per i diritti umani nei paesi dove operavano» ci racconta Francesco Martone, portavoce della Rete in Difesa Di. «L’iniziativa è partita dalla ong Un ponte per, che lavorava da tempo con attivisti per i diritti umani in Iraq e ha pensato di proporre un’iniziativa di advocacy nei confronti della Farnesina e dei decisori politici italiani perché attivassero tutti gli strumenti a disposizione del corpo diplomatico per proteggere questi difensori. Erano gli anni del caso di Giulio Regeni. Da questa intuizione partì invece l’idea di una rete più ampia, con realtà che non fossero soltanto di cooperazione, ma che si occupassero di diritti umani, civili, ambientali. Una coalizione che potesse avere la forza necessaria per interloquire con il parlamento e la Farnesina e fare in modo che quello dei difensori dei diritti umani diventasse uno dei temi centrali dell’azione italiana sui diritti umani all’estero».

Una collaborazione tra istituzioni, università e società civile

«In questi anni siamo riusciti a creare delle città rifugio, che sono Torino, Trento, Padova, Verona e Bologna» ci spiega Laura Renzi. «Per farlo abbiamo avviato un dialogo con le giunte comunali e i sindaci e siamo riusciti costruire con loro spazi idonei all’accoglienza dei difensori dei diritti umani. Il Comune mette a diposizione un alloggio e sono coinvolte anche le università, che possono mettere a disposizione master e corsi di formazione. E gli attivisti delle associazioni che fanno parte della rete, che hanno la possibilità di accompagnare il difensore dei diritti umani nella sua permanenza nella città rifugio. Si tratta quindi di un lavoro tra istituzioni, le università e le associazioni della società civile». «Padova e Trento sono diventate città rifugio prima delle altre perché lì lavorano alcune delle ong e delle associazioni che hanno promosso la rete e che hanno costituito dei nodi locali» ci racconta Martone. «Abbiamo pensato di reinterpretare il concetto di città rifugio, che è mutuato dall’esperienza olandese delle Shelter City, provando ad immaginare un approccio più ampio, che prevedesse la possibilità di dare accoglienza temporanea a chi è minacciato o a rischio, ma anche una connotazione più politica, cioè l’impegno dei territori per creare reti di solidarietà e supporto con altri territori. Sulla base di questo, Padova e Trento hanno fatto un lavoro di ricognizione dei vari soggetti che potevano essere interessati. Tra cui le università. È importante il Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova. Sono passate risoluzioni nei consigli comunali, dove esistono assessori alla pace, ai diritti umani e alla cooperazione internazionale».

I problemi: il Covid, il cambio di amministrazioni, i visti

«Questa iniziativa è partita molto bene a Roma» ci conferma Laura Renzi. «E abbiamo l’esperienza di altri comuni che sono diventati città rifugio». «Ci piacerebbe concretizzare anche l’accoglienza vera e propria» precisa però la Campaigner di Amnesty. «Di accoglienze di difensori nelle città rifugio ne abbiamo avute ancora poche. Dipende dalla disponibilità di alloggi, e anche dalla prontezza di risposta e dal reale coinvolgimento delle persone con cui ci confrontiamo all’interno delle giunte comunali. Alcune volte le cose si fermano». «Il percorso è stato interrotto da una serie di ragioni, come il Covid» interviene Martone. «Alcune città hanno deciso di farlo alla fine del mandato amministrativo, per cui ora si deve riaprire un dialogo con le nuove amministrazioni. Trento e Padova lo hanno fatto anni fa, il percorso è già avviato e la conferma di amministrazioni di un certo colore politico ci permette di andare avanti». «E poi c’è stato il problema dei visti» continua. «Non esistono visti per i difensori dei diritti umani. Anche parlando con la Farnesina, abbiamo risolto il problema ancorando l’offerta di periodi di permanenza a possibili partecipazioni a percorsi di formazione universitaria. Speriamo che il problema dei visti si possa risolvere con la presidenza spagnola dell’Unione Europea che ha deciso di mettere all’ordine del giorno il tema di un visto Shengen per i difensori per i diritti umani».

Non sono richiedenti asilo

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«Con la Rete in Difesa Di ci stiamo confrontando con il Ministero degli Esteri per chiedere che prima o poi sia presa in considerazione l’ipotesi di un visto speciale per queste persone»

I difensori, infatti, non sono richiedenti asilo. Si tratta di persone che restano per un periodo di tempo determinato, perché non si vogliono sottrarre capacità dai territori e dai movimenti locali.  «Può essere che al termine della permanenza desiderino fare richiesta di asilo» spiega Laura Renzi. «Ma non è una caratteristica con cui arrivano. L’obiettivo è avere un tempo di riposo che permetta loro di riprendere le loro campagne una volta rientrati. Possono venire qui con un visto di studio, perché abbiamo messo a loro disposizione dei corsi di formazione. Con la Rete in Difesa Di ci stiamo confrontando con il Ministero degli Esteri per chiedere che prima o poi sia presa in considerazione l’ipotesi di un visto speciale per queste persone».

Il percorso a Roma

A Roma il progetto della città rifugio sembra essere partito bene. «Se da una parte è importante una spinta dal basso, dall’altra, mentre si sta creando questa massa critica, i Municipi possono già operare per conto loro, cominciando ad adottare a distanza difensori dei diritti umani, facendo risoluzioni di sostegno, facendo conoscere la loro situazione» commenta Martone. «Al Comune di Roma il percorso potrebbe essere complicato dalla mancanza di un assessorato alla cooperazione internazionale, alla pace e ai diritti umani. E dal fatto che il Tavolo Cooperazione decentrata è ancora in fieri». Il percorso a Roma è sostenuto da amministratrici e amministratori municipali di Aurelio in Comune, Democrazia Solidale – DEMOS Roma, Europa Verde – Verdi di Roma, Lista Civica Gualtieri Sindaco, Partito Democratico, Roma Futura, Sinistra Civica Ecologista Roma e Volt Roma. Per approfondire è possibile seguire questo link e questo link.

Immagini progetto Roma Città Rifugio

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