ROMA, DISABILITY PRIDE 2022. CORPI DIFFERENTI, MENTI DIVERGENTI, STESSI DESIDERI

Conclusa a Roma l'ottava edizione del Disability Pride, tra il villaggio dell’inclusività allestito con il supporto di CSV Lazio al Parco Shuster e la parata ufficiale in via del Corso. Urgente l'approvazione dei PEBA, i Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche

di Ermanno Giuca

«Davanti ad una città che ogni giorno ti da uno schiaffo e sembra volerti dire “non ti voglio”, rispondiamo che siamo orgogliosi dei nostri corpi diversi e che continueremo a chiedere un Paese a misura di tutti». Con questo grido si è chiusa a Roma l’ottava edizione del Disability Pride, la manifestazione nazionale che celebra l’orgoglio delle persone con disabilità: una due giorni che ha visto il coinvolgimento di cittadini, associazioni, istituzioni locali ed esperti sui temi della parità dei diritti e dell’inclusione diffusa. Due anche i luoghi di questa edizione 2022: il villaggio dell’inclusività allestito con il supporto del CSV Lazio presso il Parco Shuster del quartiere San Paolo e la centrale via del Corso, lungo la quale sabato 24 settembre si è svolta la parata ufficiale.

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Una parte del villaggio dell’inclusività allestito a Parco Shuster con il supporto di CSV Lazio, nel quale numerose associazioni attive sul tema hanno portato sport, dimostrazioni e momenti di confronto, accanto a musica e spettacoli inclusivi

Disability Pride Network: approvare i PEBA

Il primo semaforo rosso è sempre lo stesso: rendere accessibili a tutti i luoghi che ogni cittadino frequenta. Da qui l’urgenza di far approvare i PEBA (Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche) il più delle volte rimbalzati tra progettisti, tecnici e commissioni edilizie. Su questo tema le linee guida della Regione Lazio del 2019 hanno sciolto diversi nodi di interpretazione ma spesso, ciò che manca, è un processo di programmazione. «Approvare un PEBA non è affatto facile» spiega Isabella Bronzino, vice-sindaca e assessore alle opere pubbliche di Monterotondo, uno tra i Comuni virtuosi che ha avviato questo percorso. «Per un progettista è semplice aprire Google Maps e mappare tutti i punti critici di contatto tra un ufficio e l’altro. Ma spesso il tecnico manca del punto di vista della persona disabile ecco perché è necessario aprirsi e ascoltare anche la società civile. Come Comune abbiamo anzitutto sottoposto un questionario ai cittadini, chiedendo di esprimere le loro esigenze, dall’illuminazione della città alla praticità di una fermata dell’autobus».

Alla carenza delle figure professionali risponde Alice Buzzone, consigliere dell’Ordine degli Architetti di Roma. «L’obiettivo anche per noi tecnici è quello di superare il concetto di progetto lasciando spazio a quello di processo, superare l’assistenzialismo confrontandoci con gli attori che vivono questo tipo di barriere. Un’iniziativa che sembra andare in questa direzione solo le PIU, Passeggiate Inclusive Universali, (qui una delle passeggiate, organizzata al Pigneto alla fine del 2021) , in cui vengono messi a disposizione di cittadini e amministratori sedie a rotelle, bende e bastoni bianchi chiedendo loro di provare per pochi minuti le difficoltà che quotidianamente subiscono tante persone. Questo è solo uno degli strumenti agili utili per formarsi e immedesimarsi nel loro vissuto».

Scacciare lo stigma è responsabilità di tutti

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Valentina Perniciaro, portavoce Fondazione Tetrabondi «Siamo impegnati in un lavoro culturale, che portiamo avanti anche proponendo lo sport adattato, aperto anche ai corpi “non conformi”»

Scacciare lo stigma delle disabilità è anche responsabilità dell’opinione pubblica, chiamata a superare il pietismo, valorizzando le risorse e punti di forza di questi cittadini. Lo ribadisce Valentina Perniciaro, portavoce della Fondazione Tetrabondi «Siamo impegnati in un lavoro culturale, cercando di modificare l’approccio e le parole che solitamente si usano per inquadrare il mondo della disabilità. Lo facciamo con eventi materiali, come il tentativo di portare negli spazi il pubblici lo sport adattato, aperto anche ai corpi appunto “non conformi”. Operando principalmente in campo pediatrico, cerchiamo di modificare il concetto di bambino speciale, ribaltandolo sul bisogno speciale a cui la società deve essere in grado di riconoscere a cui deve dare una risposta. Come la piccola Gaia che oggi è salita con me sul palco: una bambina portatrice di tracheostomia che da due anni non va a scuola perché non viene trovata una figura professionale (nel suo caso un’infermiera) che può assisterla 6 ore al giorno. Anche questo è parlare e difendere i diritti civili delle persone».

No ad un’unica rappresentazione della disabilità

Il tema di questa ottava edizione, Corpi differenti, menti divergenti, stessi desideri, sottolinea come non possa esistere una sola rappresentazione della disabilità. Sono tante le sue sfumature soprattutto quelle ancora non riconosciute come le patologie croniche invalidanti quali l’epilessia, la schizofrenia, l’endometriosi e tante altre che tutto il Disability Pride NetWork chiede alle istituzioni locali e nazionali di riconoscere.

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Carmelo Comisi, ideatore del Disability Pride: «Questa grande manifestazione è nata per creare un ponte con la società civile, perché siamo convinti che le barriere si possono abbattere  formando una cultura dell’inclusione e questo può avvenire solo dal basso»

«L’obiettivo rimane sempre quello di far venir fuori quelle persone che molto spesso si chiudono nelle quattro mura delle loro abitazioni, dando voce alle loro istanze e richieste» spiega Carmelo Comisi, ideatore del Disability Pride. «Questa grande manifestazione che portiamo avanti da otto edizioni, è nata per creare un ponte con la società civile, perché siamo convinti che le barriere si possono abbattere  formando una cultura dell’inclusione e questo può avvenire solo dal basso. Nel  passato si è preferito creare gruppi autonomi per patologie che dialogavano con le istituzioni attraverso i loro portavoce. Il Disability Pride Network ha voluto mettere in rete tutti questi attori con lo scopo di rivendicare un modo più inclusivo per tutti».

Immagini di: Martina Cristiano, Ermanno Giuca, Maria Topputo

 

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