ROMA. QUANDO IL DIGITALE ESCLUDE DALL’ACCESSO AI SERVIZI

La digitalizzazione e il divario di competenze e risorse escludono intere fasce di popolazione dall’accesso ai servizi. A Roma Casa dei Diritti Sociali dà supporto digitale a persone vulnerabili. Laura Bisegni: «Il Covid ha dato un forte impulso alla digitalizzazione e le richieste sono diventate sempre più costanti»

di Massimiliano trulli

6 MINUTI di lettura

ASCOLTA L'ARTICOLO

Quante sono le cose che prima implicavano un viaggio ed una fila in un ufficio e che ora facciamo facilmente con lo smartphone? I bonifici, le iscrizioni dei figli a scuola, la richiesta di un bonus INPS sono solo alcuni esempi. Ma come fa chi non ha competenze informatiche, come anziani ed analfabeti, o chi non ha telefono e computer, come chi è senza dimora? Sono sempre di più i servizi pubblici a cui si accede esclusivamente con procedure digitali e la fascia di popolazione più emarginata e povera di risorse materiali e intellettuali rischia di rimanere esclusa da una serie di prestazioni e dai diritti a cui queste dovrebbero dare accesso. La digitalizzazione dei servizi ha finito per creare una nuova forma di discriminazione che si somma ai meccanismi di esclusione ormai storici e consolidati. Ne parliamo con Laura Bisegni, responsabile dello sportello che Casa dei Diritti Sociali gestisce a Roma in via Giolitti, tra la stazione Termini e Piazza Vittorio. Un intervento storico, con oltre 30 anni di esperienza nell’assistere le persone vulnerabili di Roma, ma che, negli ultimi anni, si dedica sempre di più anche all’assistenza digitale.

assistenza digitale
Lo sportello che Casa dei Diritti Sociali gestisce a Roma in via Giolitti, tra la stazione Termini e Piazza Vittorio

Come nasce il servizio di assistenza digitale gratuita?
«Abbiamo iniziato ad occuparci di assistenza digitale con l’aumento delle richieste da parte delle persone in varie situazioni di fragilità, che sono i nostri destinatari. All’inizio sporadiche, negli ultimi anni sono diventate sempre più costanti e quotidiane e l’assistenza digitale ha finito per diventare una parte consistente del nostro lavoro. Il Covid ha dato un forte impulso alla digitalizzazione dei servizi, così le persone vulnerabili si sono trovate in difficoltà perché non riuscivano più a chiedere la residenza, un appuntamento per la carta di identità, lo sconto per l’abbonamento ai mezzi pubblici. Noi le supportiamo svolgendo le procedure digitali necessarie ad accedere a tutte queste prestazioni.
Ormai l’assistenza digitale costituisce l’8-10% dei servizi del nostro sportello, che sono tanti e comprendono supporto legale, supporto nel rinnovo dei documenti di identità, aiuto materiale alle persone senza dimora, e così via».

Chi è, secondo la vostra esperienza, chi chiede assistenza digitale?
«A causare esclusione digitale sono, da una parte, le competenze – molti nostri destinatari non hanno competenze digitali e, più in generale, un livello di solarizzazione molto basso -, dall’altra la possibilità di accedere materialmente agli strumenti digitali necessari: alcuni anziani hanno il cellulare ma non lo smarthpone e molte persone senza dimora non hanno affatto il telefono, tanto meno un computer o l’abbonamento a internet. In termini anagrafici, le richieste sono trasversali, segnale che l’esclusione digitale non riguarda solo gli anziani. Quanto alla condizione sociale sono tre le tipologie principali di persone che chiedono assistenza digitale: i migranti vulnerabili sono i più numerosi, avendo anche un problema di comprensione linguistica quando devono svolgere procedure on line in un italiano tecnico. E poi gli anziani soli con poca dimestichezza con il digitale e le persone senza dimora – le più difficili da aiutare – che non riescono ad avere lo SPID senza la residenza e la carta di identità, per la quale occorrono mesi. Si creano, insomma, circoli viziosi e bisogna attivare percorsi che durano anche 6-8 mesi. E quando finalmente arriva l’appuntamento non sappiamo dove contattare la persona senza dimora, che non ha telefono e si sposta spesso».

assistenza digitale
Bisegni: «La lista di procedure digitali cresce in continuazione e l’assistenza digitale è diventata una fetta importante dei nostri interventi»

Quali sono gli interventi più richiesti?
«La lista di procedure digitali cresce in continuazione. Le più frequenti riguardano lo SPID e il recupero della password, così come è frequente l’assistenza sulla piattaforma Sirgat della Regione Lazio per le agevolazioni tariffarie sul trasporto pubblico, oltre alle prestazioni sul sito di INPS, per le quali una volta bastava un PIN, mentre ora va usato lo SPID.
Sempre on line sono le procedure per la richiesta di vari certificati come casellario giudiziale e carichi pendenti, necessari ad esempio per la richiesta del permesso per gli stranieri soggiornanti di lungo periodo. In molti ci chiedono aiuto anche per cose che potrebbero sembrare banali come la creazione della casella email, obbligatoria per accedere a un gran numero di siti e portali. E ancora la prenotazione di appuntamenti su Agenda CIE per la carta di identità elettronica o le richieste di codice fiscale e tessera sanitaria sul portale dell’Agenzia delle Entrate. Assistiamo i cittadini anche nell’accesso ai servizi finanziari, dai conti correnti on line alle carte prepagate e così via. Accanto allo SPID, altra richiesta assai frequente riguarda la PEC, necessaria, ad esempio, per l’iscrizione anagrafica presso i municipi di Roma. Peraltro, da questo punto di vista, il rischio di esclusione è particolarmente grave per le persone senza dimora, che possono chiedere l’iscrizione presso una residenza fittizia, via Modesta Valente, per accedere a documenti e servizi, ma, con l’attivazione di una PEC, il meccanismo si inceppa. Chi dorme per strada non ha dispositivi digitali e connessione internet, senza contare che il necessario pagamento elettronico richiede un bancomat. Solo alcuni municipi hanno recepito il problema e attivato una procedura alternativa mediante sportello fisico. Così usiamo la PEC dell’associazione o dei nostri avvocati volontari».

Sicuramente la crescente richiesta di assistenza digitale ha un impatto sulle risorse. Riuscite a lavorare per l’autonomia delle persone?
In effetti l’assistenza digitale è diventata una fetta importante dei nostri interventi. Nel 2023 abbiamo supportato 539 persone, quasi il 10% dei 5.825 utenti complessivi dello sportello, e nel 2024 367 su 4.955. Sui numeri pesa la disponibilità di risorse che nel 2024 ci ha costretti ad aprire 4 giorni a settimana invece di 5. La nostra risorsa principale sono i volontari, che hanno compiti diversi: gli avvocati offrono consulenze legali, i giovani in servizio civile accolgono i destinatari e danno il primo orientamento, i mediatori facilitano la comprensione, e poi ci sono gli operatori sociali professionisti come me, che coordinano l’intervento e seguono le procedure più complesse. Abbiamo donatori che ci sostengono da anni come l’Ufficio Otto per Mille della Chiesa Valdese, la Fondazione Charlemagne e la Fondazione Haiku Lugano. Lavoriamo per rendere le persone autonome e cerchiamo di affiancare all’assistenza un’educazione digitale, ma questo richiede competenze minime di base, per cui riusciamo più spesso con i destinatari più giovani o determinati».

Come puntare a superare l’esclusione digitale? Il volontariato fa tanto, cosa dovrebbero fare le istituzioni?
«Secondo me ci sono tre strade possibili, da perseguire in modo integrato. In primo luogo servirebbero percorsi di educazione digitale di base pensati per l’autonomia delle persone più vulnerabili. In secondo luogo per i servizi pubblici essenziali non è possibile pensare ad un accesso esclusivamente digitale, occorre prevedere luoghi fisici per chi non ha competenze digitali. Infine nei Comuni, nelle ASL, nelle scuole dovrebbero esserci sportelli di assistenza nelle procedure digitali, servizio gratuito e garantito a tutti».

ROMA. QUANDO IL DIGITALE ESCLUDE DALL’ACCESSO AI SERVIZI

ROMA. QUANDO IL DIGITALE ESCLUDE DALL’ACCESSO AI SERVIZI