SAIDA, IL PROGETTO CHE AIUTA LE DONNE MIGRANTI AD ACCEDERE ALLE CURE

Roma. Lo porta avanti Medici Senza Frontiere nella Asl RM2. Perché l'accesso alle cure è difficile, soprattutto in alcune realtà a più alto indice di esclusione sociale

di Laura Badaracchi

Il diritto alla salute non è mai scontato per i migranti, a motivo di barriere linguistiche e burocratiche. Per facilitare e garantire il loro accesso alle cure sanitarie e ai consultori, nell’area est della Capitale dallo scorso maggio l’organizzazione Medici senza frontiere ha avviato in collaborazione con la Asl Rm2 Sa.i.da. (Salute integrata donne), un progetto tutto al femminile che durerà due anni nei Municipi IV, V e VI. Nei primi tre mesi una équipe formata da un’ostetrica, una psicologa, una promotrice della salute, un’operatrice socio-legale e una mediatrice culturale ha già assistito 92 donne con necessità mediche e socio-legali, e raggiunte altre 400 con attività di informazione e promozione della salute.

Il bambino di Adenike

Si va dall’orientamento all’assistenza e follow-up per la tutela di gravidanza e maternità, dallo screening per la prevenzione del tumore del collo dell’utero alle mutilazioni genitali femminili e alla violenza di genere, inclusa quella sessuale subita dalle vittime di tratta. Succede nei quartieri della metropoli che registrano gli indicatori più elevati di esclusione sociale, disagio economico, occupazioni abitative e dov’è più alta la presenza di comunità straniere: stabili occupati, ex alberghi o stabilimenti industriali che si sono trasformati in alloggi precari per centinaia di famiglie.

Foto di Simone Zivillica

Fra loro Adenike (nome di fantasia), eritrea 22enne: «L’abbiamo conosciuta quando è venuta in consultorio al terzo mese di gravidanza, il suo primo controllo. Oggi vive in un’occupazione abitativa in una cameretta singola con il figlio, la zia e il cugino. La nostra visita si è rivelata fondamentale, perché abbiamo facilitato l’ecografia che ha evidenziato una grave patologia legata al cordone ombelicale. Se non fosse stata diagnosticata in tempo, avrebbe portato alla morte del bambino e probabilmente della mamma. Grazie a questo intervento è stato possibile riferirla in una struttura ospedaliera che l’ha presa in carico e dove suo figlio è nato il 3 maggio», racconta Sara Radighieri, responsabile medico del progetto e coordinatrice sanitaria dei progetti Msf in Italia.

Per l’accesso alle cure

Con il team di Msf la dottoressa sta supportando la giovane mamma nelle pratiche per la richiesta di residenza: «È importante tenere sempre a mente non solo i bisogni medici, ostetrici e ginecologici, ma anche quelli psicologici e sociali in contesti difficili, dove le condizioni di esclusione sociale sono maggiori. E mettiamo a loro disposizione anche la nostra esperienza maturata all’estero. Il nostro lavoro si svolge per tre giorni a settimana sia all’interno di tre consultori della Asl Rm2, affiancando e integrando le figure già presenti dello staff sanitario, sia sul territorio».

Quindi il progetto «vuole garantire a tutte le donne che ne hanno bisogno, attraverso una presa in carico multidisciplinare, un effettivo accesso alle cure mediche e alla salute. Troppo spesso l’accesso ai servizi è ostacolato, in particolare per la popolazione straniera e quella delle abitazioni informali, da diverse difficoltà, come mancanza di informazioni o barriere linguistiche e culturali. Gli operatori di Msf raggiungono le persone nei luoghi di abitazione, di ritrovo o di prima accoglienza, per individuare i bisogni di salute o di sostegno sociale», puntualizza Francesca Zuccaro, responsabile del progetto di Msf a Roma.

Ecco gli orari e gli indirizzi dei consultori, da raggiungere dopo aver preso appuntamento chiamando il numero 338.7287941:

  • via H. Spencer 282, tutti i martedì dalle ore 14:30 alle 17;
  • via San Benedetto del Tronto, tutti i mercoledì dalle 9 alle 13;
  • via Manfredonia 43, tutti i giovedì dalle 11 alle 13.

 

 

SAIDA, IL PROGETTO CHE AIUTA LE DONNE MIGRANTI AD ACCEDERE ALLE CURE

SAIDA, IL PROGETTO CHE AIUTA LE DONNE MIGRANTI AD ACCEDERE ALLE CURE