SALUTE MENTALE: VERSO IL TAVOLO TECNICO
Il Tavolo tecnico partirà il 26 Giugno. Trincas: «Abbiamo una grande responsabilità sul destino della salute mentale: la politica va sollecitata da più fronti»
24 Giugno 2019
Promossa e sostenuta da un numero elevatissimo di realtà di tutta Italia, tra organizzazioni dell’associazionismo e del terzo settore, nazionali e locali, e sindacati, la Conferenza nazionale per la Salute Mentale è stato un momento di confronto per il rilancio delle politiche e dei servizi per la salute mentale nazionale. Giunta a conclusione di un lungo percorso fatto di oltre 30 iniziative organizzate lungo lo stivale, «la Conferenza auspica il coinvolgimento attivo del Parlamento, del Governo, delle Regioni, delle Provincie autonome e dei Comuni», come si legge nel testo dell’appello. «Intende valutare», si legge, «lo stato delle politiche e dei servizi per la salute mentale, la necessità di un aggiornamento dei LEA e la formulazione di un Nuovo Piano Nazionale». (Qui l’appello completo)
Dopo la Conferenza – e a due giorni dal Tavolo di lavoro sulla salute mentale istituito dal Ministero della Salute che partirà il 26 Giugno – abbiamo cercato di fare un bilancio e di capire quali sono le aspettative future sul tema con Stefano Cecconi, responsabile Politiche della Salute Cgil nazionale; Maria Grazia Giannichedda, sociologa, presidentessa della fondazione Franca e Franco Basaglia e Gisella Trincas, Presidente UNASAM.
Molti e complessi sono stati temi al centro della Conferenza nazionale per la salute mentale: servizi e integrazione socio-sanitaria, risorse, ruolo dell’associazionismo, domiciliarità, protagonismo dei familiari esperti, formazione. Qual è il bilancio?
Stefano Cecconi. «Mi preme sottolineare anzitutto la partecipazione: moltissime persone si sono date appuntamento alla due giorni di Roma, in più di 600 hanno popolato la Conferenza. Non solo un fatto numerico, ma un elemento di grande ricchezza. A Roma si sono ritrovate persone di provenienze e storie diverse, molti operatori del settore, dei servizi pubblici, della cooperazione sociale, molti utenti e familiari. Una ricchezza di storie ed esperienze unite in un nuovo percorso per la salute mentale . Poi è da sottolineare la qualità del dibattito. Dalla Conferenza è emersa forte la denuncia delle gravi carenze del sistema dei servizi per la salute mentale, carenze di risorse e personale, che squalificano e peggiorano i servizi, ma anche la forte denuncia di un arretramento della cultura di salute di comunità e inclusione sociale alla base della riforma basagliana, che ha fatto proprio l’obiettivo di scongiurare ogni forma di esclusione, rappresentata nella sua massima espressione dal manicomio. Bisogna lavorare ad una salute mentale del territorio, su centri di salute mentale che non abbiano soltanto il compito di somministrare farmaci, ma prendano in carico le persone, organizzando percorsi complessivi di recupero della persona; centri di salute mentale aperti al territorio, che incontrano la comunità. E in questo nel nostro Pese ci sono ancora zone in difficoltà.
Dalla Conferenza è emersa l’idea che, grazie a mille pratiche buone, sia possibile rilanciare il nesso tra diritti e libertà e tra questi e i servizi, nesso che è il motto della Conferenza stessa. Servono servizi forti sul territorio: la Conferenza lancia un messaggio fortissimo alle istituzioni, al Governo, alla Conferenza delle Regioni, ai Comuni. Al centro delle politiche, della programmazione, dei finanziamenti deve esserci la salute mentale di comunità. E l’inclusione al posto dell’esclusione».
Maria Grazia Giannichedda. «Dal nostro punto di vista – che è di un vasto movimento di associazioni, operatori, esperti, familiari – il bilancio è sicuramente positivo. C’è una quantità di associazioni e persone impegnate quotidianamente e concretamente affinchè i principi della riforma basagliana e le nuove acquisizioni culturali siano fatti concreti: il fatto che, a livello di base, ci sia un movimento impegnato e concreto che ha voglia di parlare e farsi ascoltare è positivo. Dall’altra parte c’è, tuttavia, un certo silenzio delle istituzioni, sia del governo nazionale, sia, ancora più importante, delle Regioni.
Siamo in una situazione in cui le voci contro i principi che noi agiamo per affermare e ribadire sono poche e isolate, non sono queste voci a preoccupare. Ciò che preoccupa realmente è un fenomeno vecchio, lo scarso interesse al tema della salute mentale delle politiche pubbliche. Troppo spesso, infatti, le scelte di Regioni ed Asl sembrano orientate a dar ragione ai piccoli poteri locali, sembrano orientate ad approcci profit. Il numero eccessivo di residenze, l’indebolimento dei servizi di salute mentale e della domiciliarità: la scelta, per noi dirimente, di un maggior numero di servizi domiciliari e di un minor numero di residenze le Regioni non la fanno o fanno quella opposta, quella dell’istituzionalizzazione, delle residenze, più pericolosa per i diritti, ed anche più costosa. Anche in questo senso il terzo settore dovrebbe fare un grande esame di coscienza: c’è un terzo settore che crede nelle piccole residenze, nei diritti, nell’aiuto ad abitare nella propria casa e nel proprio contesto o, comunque, nella piccola dimensione. C’è, tuttavia, quella parte di terzo che maschera forme di istituzionalizzazione non diverse da quelle del profit. Ecco, è questo un terreno difficile, in cui addentrarsi e fare delle differenze».
Gisella Trincas. «Il bilancio non può che essere positivo. Anzitutto per la partecipazione delle organizzazioni: attorno alla questione salute mentale siamo riusciti a convogliare un gran numero di organizzazioni, nazionali e locali. Le questioni che ruotano attorno al tema salute mentale – questioni di interesse ed impatto nazionale , che toccano da vicino la vita di tante persone – escono, quindi, dall’ambito ristretto dei servizi. Inoltre, è da sottolineare l’alto numero di interventi in Conferenza, compresi gli oltre duecento nelle sessioni di lavoro, che hanno portato alle dieci proposte contenute nel documento conclusivo. Proprio sulla base delle proposte finali, abbiamo aperto un’interlocuzione con le istituzioni, che abbiamo già nuovamente sollecitato. Ai Ministeri coinvolti, all’Anci, alla Conferenza delle Regioni abbiamo inviato in questi giorni il documento insieme alla richiesta di aprire tavoli di confronto, per poi avviare il percorso nelle regioni: da subito sono previsti i primi incontri, a partire dalla Puglia, dove apriremo interlocuzioni con i Comuni e le organizzazioni del territorio. Resta l’idea forte del gruppo promotore della Conferenza, che seguirà tutte le fasi del confronto: ci vedremo già domani prima dell’apertura del Tavolo di lavoro tecnico per capire come andare avanti».
Il 26 Giugno si riunirà per la prima volta il Tavolo di lavoro tecnico istituito dal Ministero della Salute. Quali sono le aspettative?
Stefano Cecconi. Abbiamo chiesto che il Tavolo non sia una foglia di fico, un luogo in cui pochi eletti discutono per milioni di persone. È indispensabile un’ampia partecipazione con specifici momenti di confronto. Anche al Tavolo arriva e arriverà la voce di una Conferenza partita a dicembre 2018, frutto di 31 tappe territoriali e dell’apporto di migliaia di persone. Persone che si aspettano un Tavolo in grado di aprirsi ad accogliere le idee e le proposte di chi vive in prima persona le esperienze e i problemi della salute mentale. In queste ore stiamo raccogliendo gli interventi di chi ha partecipato alla Conferenza: non vogliamo un archivio burocratico, ma un giacimento di idee, proposte ed esperienze. Per il 25 è prevista una riunione del coordinamento della Conferenza in cui si parlerà di come proseguire per non disperdere la ricchezza arrivata da questa cavalcata per l’Italia e la due giorni romana».
Maria Grazia Giannichedda: «Credo sia necessario dalle istituzioni un lavoro di raccordo tra esperienze locali e regionali e livello nazionale, quindi ben venga questo Tavolo. La speranza è che non si finisca per produrre il solito documento destinato a rimanere lettera morta perché, poi, a livello di decisori regionali e Asl non si fa nulla. I nostri rappresentanti al Tavolo sono persone combattenti, noi faremo di tutto per tenere viva l’attenzione sul tema. In apertura della Conferenza, Dévora Kestel, direttore del Dipartimento Salute Mentale e uso di sostanze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha ricostruito un quadro mondiale che ci rende orgogliosi di quanto raggiunto finora in Italia rispetto a paesi più ricchi che con investimenti maggiori hanno raggiunto risultati minori. La strada, però, resta lunga: la cultura del manicomio, il sapere che dal manicomio è nato ed è ancora radicato, ha trecento anni. Quarant’anni non bastano per sradicarlo. Ma alla Conferenza c’erano molti giovani: è a loro che contiamo di passare il testimone».
Gisella Trincas. «Sarò al tavolo per Unasam, che rappresenta associazioni di familiari impegnate in tutte le regioni italiane: ho la grande responsabilità di portare al Tavolo le difficoltà che si vivono realmente sul territorio, ma anche le proposte. Sono fiduciosa, penso che troveremo buoni interlocutori. Al Tavolo siederanno rappresentanti dei Ministeri dell’istruzione, del lavoro, della salute; l’associazione dei Comuni italiani e rappresentanti delle Regioni, delle comunità scientifiche, delle associazioni di familiari: non ho motivo per non essere fiduciosa che il Tavolo produrrà indirizzi e proposte chiare per il Ministero. In tanti abbiamo una grande responsabilità sul destino della salute mentale nel nostro paese: se ognuno facesse la sua parte potremmo raggiungere risultati maggiori. La politica, che ha in questo senso responsabilità maggiori, va sollecitata e da più fronti. È un richiamo alle responsabilità istituzionali delle Regioni: non possiamo essere l’unico fronte a farlo, la situazione è molto grave».
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Una risposta a “SALUTE MENTALE: VERSO IL TAVOLO TECNICO”
Molto interessante. Spero che i tavoli tecnici di confronto e progettazione, aperti ad associazioni, UTENTI e familiari partano al più presto in tutte i territori.
Francesco