SEA-WATCH 3: UN FILM CI RACCONTA COM’È ANDATA DAVVERO
Il documentario sulla Sea-Watch 3, sarà presentato al Festival dei Popoli di Firenze il 2 novembre. Per due ore ci porta sulla nave...
31 Ottobre 2019
Se ne è parlato tanto. Ne hanno parlato tutti. A volte anche per partito preso, senza sapere cosa sia davvero accaduto in quei giorni di giugno, come siano andate le cose. Ora abbiamo la possibilità di vedere tutta la storia. Sea-Watch 3, di Jonas Schreijäg e Nadia Kailouli, è il documentario che racconta quello che è accaduto sulla nave di soccorso prima dell’arrivo a Lampedusa. L’occasione per vedere il film, in anteprima italiana, è il Festival dei Popoli di Firenze, dal 2 a 9 novembre. La proiezione di Sea-Watch 3 è sabato 2 novembre, alle 21.00, al cinema La Compagnia di Firenze (via Cavour, 50/r)
NON È UN FILM SU CAROLA RACKETE. «Non è un documentario su Carola Rackete, come risulta evidente a chi ha avuto modo di vedere il film», ha tenuto a precisare Alberto Lastrucci, direttore del Festival dei Popoli, in occasione della conferenza stampa di lancio della kermesse. «Si tratta invece di un documentario corale che, con attenzione cinematografica, documenta le vicissitudini di bordo, dando spazio e voce ai profughi, al personale di bordo e, evidentemente, a chi in quel momento era al comando, vale a dire la capitana Rackete». Gli autori di Sea-Watch 3 non prendono posizioni: è già l’equipaggio della Sea-Watch, quando la situazione lo richiede, a prendere una posizione netta. I registi si limitano a mettere in scena la fredda cronaca, con grande lucidità e grande dono della sintesi. E non è poco. Danno voce ai volontari e anche ai rifugiati.
La storia di Sea-Watch 3 inizia con il messaggio di un pescatore, che dice di aver visto un gommone con dei migranti. Le operazioni di soccorso partono immediatamente, e ci stupisce la calma e il controllo della situazione da parte della squadra di soccorso, la sua preparazione. Appena raggiungono un gommone in pericolo, si preoccupano di fare le prime raccomandazioni, perché il salvataggio vada a buon fine. «Uno alla volta, non aggrappatevi alla nave». Assistiamo all’accoglienza ricca di umanità da parte dell’equipaggio. «Benvenuto a bordo, sono felice che tu sia qui». I volti dei migranti sono tra il felice e l’incredulo, partono degli spontanei olè olè olè da stadio. Avvengono i primi soccorsi, con la priorità alle donne con bambini, ai malati. «Abbiamo effettuato il salvataggio, come impone il diritto marino», sentiamo dire a Carola Rackete. Che riceve e legge un’e-mail dalla guardia costiera libica che suggerisce all’equipaggio di fare rotta verso Tripoli. Ma Tripoli non è assolutamente un porto sicuro. E l’idea è di fare rotta verso Lampedusa.
LA LIBIA, L’INFERNO. La decisione è netta, decisa, non è mai stata in dubbio. Queste persone, una volta soccorse, non verranno riportate in Libia. Quella di essere riportati a Tripoli è la paura più grande dei migranti: la Libia è un vero e proprio inferno da cui scappare e al quale è preferibile la morte. Mentre il racconto della Sea-Watch 3 prosegue, ascoltiamo le testimonianze di alcune donne. Sono storie di crudeltà, cose che non si riescono nemmeno a immaginare. Una donna racconta di essere stata lì un anno. Era incinta, ed è stata accerchiata, insieme a un’altra, da 7 libici che volevano stuprarle; un uomo, che ha tentato di difenderle, è morto. Un’altra donna è stata in Libia due anni: appena arrivata è stata vendute come schiava, e costretta a prostituirsi. Al suo rifiuto, è stata riempita di botte. Altre persone sono bruciate vive, altre torturate con l’acqua e l’elettricità. Raccontate tutto questo, nel contesto della storia della Sea-Watch 3, è fondamentale, perché ci permette di capire tutto quello che c’è prima un viaggio in mare disperato su un gommone.
LA SEAWATCH 3 E IL GOVERNO. La nave è il posto dove si svolge l’azione. Ma, dai discorsi tra i membri dell’equipaggio, e tra loro e le persone soccorse, riusciamo a “vedere” anche tutto quello che si sta muovendo là fuori, in Italia. Dai discorsi esce la volontà politica del governo italiano di allora, il famoso decreto sicurezza. Assistiamo ai momenti, degni di un thriller, in cui, in piena notte (sono le 3.22) la Guardia Costiera italiana sale a bordo, per consegnare una comunicazione firmata dall’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini. La sanzione per le azioni di questo tipo può arrivare fino a 50mila euro e al sequestro della nave. Carola Rackete e il suo equipaggio avranno ancora a che fare con le forze dell’ordine, una volta arrivati in prossimità di Lampedusa. Sono momenti carichi di tensione, anche se si svolgono con la maggiore cordialità e gentilezza possibile. «Noi eseguiamo gli ordini», dicono a più riprese i rappresentanti delle forze dell’ordine.
STAY HUMAN. Restiamo umani: non è un hashtag nato per caso. La chiave di tutta la storia è proprio questa. A un certo punto del film, Carola Rackete spiega che gran parte delle persone sulla nave non sono in pericolo di morte. Ma si chiede: «Qual è il confine per tenere qualcuno in queste condizioni?». L’acqua non è infinita, e bisogna limitare le docce. Per gran parte delle persone la notte si tratta di dormire su un fianco, su un pavimento di lamiera. Tra le persone che sono state soccorse, dopo il sollievo dei primi momenti, cominciano ad esserci sguardi dubbiosi e incredulità, manifestata sempre con civiltà. Anche quando si annuncia la decisione di fare appello alla Corte Europea per i diritti umani. «Quante probabilità abbiamo di farcela?» chiedono. «Ci avete promesso di non rispedirci in Libia». È ascoltando tutto questo, insieme ai racconti di quello che è successo in Libia, che capiamo le motivazioni dell’equipaggio della Sea-Watch 3.
LA FORZA DELLE DONNE. È un equipaggio davvero speciale, quello che vediamo finalmente da vicino in questo documentario. Ci sono soprattutto donne, e sono giovanissime. E queste donne, ma questa è una cosa che accomuna tutto l’equipaggio, hanno una calma e un controllo totale della situazione, che va dalle operazioni di soccorso, alla gestione della delicata situazione dei rifugiati a bordo, fino agli altrettanto delicati rapporti con le autorità e le forze dell’ordine. Se il volto di Carola Rackete ormai è noto, ci resteranno impressi anche tanti dei volti dell’equipaggio e delle persone soccorse. Volti sempre fieri, intensi, anche nel momento in cui si rendono conto che uscire da quella situazione non sarà facile. In questa storia, per poco, visto che per chiari motivi hanno lasciato presto la nave, ci sono anche due bambini: il più piccolo, di pochi mesi, salutato con un “cinque” da una delle dottoresse al momento di lasciare la nave. E quello un po’ più grande, forse un paio d’anni, che abbiamo visto, per qualche ora, giocare tranquillo con un orsetto. Le didascalie alla fine del film ci raccontano come è andata a finire la storia. Anche se è una storia che non è ancora finita: la seguiremo da lontano, attraverso i media.
Sea-Watch 3, però, è un documento unico, che ci permette di stare davvero, per due ore, su quella nave.
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