ROMA. SECONDE GENERAZIONI, PER UNA RIFORMA DELL’ACCESSO ALLA CITTADINANZA
Di residenza e cittadinanza si è parlato in un seminario all'interno di "Liberazioni", la Festa dell'Esquilino. Tailmoun: «La Giunta comunale si impegna a rivedere l’applicazione della normativa. Vorremmo un tavolo di discussione»
27 Aprile 2022
«Ai figli di immigrati non arrivano le lettere per la richiesta di cittadinanza: nel Comune di Roma ne vengono spedite circa un migliaio all’anno, durante la pandemia anche meno. Ci è stato risposto che la causa è la scarsità di dipendenti negli uffici preposti. Ma per usufruire di questo diritto fondamentale ci sono modalità ancora ottocentesche», denuncia Mohamed Tailmoun, rappresentante della Rete G2 Seconde generazioni, organizzazione nazionale apartitica fondata nel 2005 da figli di immigrati e rifugiati nati o arrivati in Italia da piccoli. E lo ha fatto martedì 26 aprile, alla facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre, nell’ambito del seminario Seconde Generazioni. Residenze – Cittadinanze, organizzato dal Laboratorio di ricerca “Transizioni” del Dipartimento di Scienze della Formazione in collaborazione con Rete G2 Seconde Generazioni e Black Lives Matter. L’evento è inserito in “Liberazioni”, la Festa dell’Esquilino, dieci giorni, dal 21 al 30 aprile, di assemblee, proiezioni, giochi, musica, dibattiti e concerti per festeggiare la nascita di Poleis, il Polo dell’Esquilino per l’Innovazione Sociale. organizzata e promossa da Poleis con la collaborazione con CSV Lazio.
«In una mozione la Giunta comunale nella persona del sindaco si impegna nel rivedere l’applicazione della normativa. Noi vorremmo aprire un tavolo di discussione su questa questione, per raccontare le seconde generazioni che vivono nel Comune di Roma: stiamo parlando di numeri importanti», ha sottolineato Mohamed.
«La società civile va più veloce su questi temi rispetto alla politica, dal passo più lento. Questi problemi da tanto tempo non si affrontano: vogliamo prenderci cura dei figli e delle figlie di questa nostra città. Proporrò un tavolo operativo soprattutto con gli uffici anagrafici», ha rilevato Barbara Funari, assessora alle Politiche sociali e alla Salute di Roma Capitale.
«Sono circa 1 milione e mezzo gli individui che, nonostante le difficoltà, hanno acquisito la cittadinanza italiana. Non sono pezzi marginali ma una fetta importante della società italiana; non è una questione che riguarda piccoli gruppi. Un Paese in cui vivono oltre 5 milioni di migranti deve passare a una dinamica strutturale della presenza migratoria», ha osservato Michele Colucci, ricercatore in Storia delle migrazioni presso il Cnr – Istituto di studi sulle società del Mediterraneo. «L’estrema politicizzazione della questione della cittadinanza e della residenza» ha rallentato l’aggiornamento delle normative, «inserito ora in un discorso straordinario e non nella normalità».
Seconde generazioni: rendere la cittadinanza più accessibile
Quindi oltre 5 milioni di persone immigrate vivono in Italia, «di cui il 50% est-europei e il 20% africani, seguono la componente asiatica e quella latinoamericana», ha snocciolato il professor Salvatore Strozza, docente di demografia all’Università di Napoli Federico II, in libreria con “Nuovi cittadini. Diventare italiani nell’era della globalizzazione”, edito da Il Mulino e scritto con Silvia Conti ed Enrico Tucci, ricercatori dell’Istat. «In base ai dati Istat fino al gennaio 2020, oltre ai 5 milioni 200mila stranieri residenti (di cui 1 milione 200mila da oltre 15 anni), oggi vivono stabilmente in Italia più di 1 milione e 500 mila nuovi cittadini, cioè persone straniere alla nascita che sono poi diventate italiane. Poi ci sono 1 milione di stranieri non residenti, poi ci sono i figli nati in Italia e quelli delle coppie miste: arriviamo a più di 8 milioni. Quindi la componente della presenza migratoria è strutturale». Tuttavia «non c’è attenzione specifica sul radicamento del territorio e sul grande contributo fornito dagli stranieri nonostante gli ostacoli, a parte le medaglie olimpiche conseguite da connazionali di origine straniera. Nella percezione della gente c’è la focalizzazione sugli sbarchi e l’idea che gli stranieri rappresentino un terzo della popolazione».
In prospettiva, «anche le acquisizioni di cittadinanza delle seconde generazioni aumenteranno; a mio parere la regola per avere la cittadinanza dovrebbe essere di avere 5 anni di residenza, norma che ci avvicinerebbe agli altri Paesi europei», anticipa il professor Strozza. «Molti ragazzi immigrati si sentono già italiani. Anche se l’approccio nei loro confronti volesse essere egoistico, i giovani sono la risorsa del futuro: la fecondità è a 1,3 figli per donna e le nascite sono scese a 400mila all’anno, fra i quali i figli degli immigrati». Tuttavia «rendere la cittadinanza più accessibile va in contrasto con il trattamento dei migranti in questi anni. La battaglia per la cittadinanza è maledettamente dura: è come se le istituzioni dicessero che concedendola si avveleni la società», ha osservato Josef Tewlde del movimento associativo Black lives matter Roma.
Immagini: Rete G2