SFRATTI ALLE ASSOCIAZIONI: DOPO LA SENTENZA DEL TRIBUNALE È IL MOMENTO DELLA RIFLESSIONE
Dichiarato illegittimo lo sfratto dell'Associazione Dinamo, dal Comune ci si aspetta una prospettiva politica e un riconoscimento del ruolo sociale delle associazioni
21 Marzo 2017
Il 26 marzo il Tribunale del riesame ha annullato il provvedimento di sequestro dell’immobile assegnato al centro sociale Brancaleone in via Levanna, accogliendo il ricorso degli avvocati Arturo Salerni ed Alessandra Scarnati, e disponendone la restituzione agli assegnatari. La sentenza segue quella analoga del 13 marzo che riguardava l’Associazione di Dinamo.
La battaglia culturale e giuridica delle associazioni sfrattate e dei movimenti offre strumenti alla politica per affrontare la questione del riordino del patrimonio, grazie alla sentenza di illegittimità di riacquisizione degli immobili disponibili del Comune di Roma.
Si riparte dalla sentenza del Tribunale Ordinario di Roma del 13/03/2017, emessa dal Giudice Ettore Favara, che dichiara la nullità, per carenza assoluta di potere, della Determinazione dirigenziale n.192 del 25 marzo 2016 , con la quale veniva ordinato all’Associazione Dinamo (Centro Sociale Auro e Marco) il rilascio immediato dell’immobile alla scadenza della concessione e veniva avviata la procedura di sgombero in sede di autotutela esecutiva. La determinazione, infatti, veniva dichiarata illegittima data «la natura non demaniale e disponibile dell’immobile».
La sentenza del Tribunale
A vincere la battaglia legale affianco dell’associazione è lo studio dell’Avvocato Libutti, che ieri, in una conferenza stampa organizzata da Sinistra per Roma, PD e Action e con la presenza delle forze politiche di maggioranza ed opposizione in Campidoglio, ha riaperto il controverso dibattito sulla “malagestione” politica del Patrimonio del Comune di Roma e sulle sedi delle associazioni.
Infatti la strategia difensiva dell’avvocato Libutti dimostra come sia illegittima in regime di autotutela la richiesta di riacquisizione degli immobili dichiarati disponibili, dati in concessione dal Comune di Roma, conseguente alla Deliberazione di Giunta capitolina n. 140 del 2015, che si poneva come obbiettivo il riordino del Patrimonio immobiliare capitolino.
Questa vittoria rimette quindi nelle mani del Consiglio Comunale degli strumenti importanti di riflessione politica e di riapertura del dibattito sulla fondamentale funzione e responsabilità di indirizzo che l’Amministrazione ha, rispetto alla gestione amministrativa e contabile del patrimonio: con la pressione della Corte dei Conti e la paura della minaccia costante del danno erariale, la gestione contabile l’ha fatta da padrone, a danno della tutela attiva della collettività, data dalla funzione sociale e culturale svolta dalle associazioni presenti nei territori.
Molte quindi possono essere le associazioni presenti nel territorio romano – tra le 860 a cui è già stata presentata l’ordinanza di sgombero e di risarcimento – che potranno ridefinire la loro posizione rispetto alla concessione degli immobili, ma soprattutto riaprire il dibattito sul valore sociale del loro lavoro sui territori.
Una strategia politica, prima del regolamento
Dopo questa sentenza, ha dichiarato un portavoce dell’associazione Dinamo in conferenza stampa, «è fondamentale rimettere al centro le comunità che fanno rivivere questi spazi, riaprire la riflessione sui beni comuni urbani ed un tavolo di lavoro con il Comune su una nuova delibera sul riordino del patrimonio pubblico, attraverso percorsi condivisi con la cittadinanza attiva», ( come furono quelli della delibera 26/94 sull’assegnazione ad uso sociale e culturale di spazi e strutture di proprietà del Comune).
Non soddisfa infatti la posizione della maggioranza del M5S, che ad oggi non propone una strategia politica, ma solo, con la delibera 19 del 22 febbraio 2017, una indicazione sulla priorità puramente cronologica di sfratti e sgomberi, dichiarando di partire dalle realtà che fanno prevalentemente attività commerciale. Nessuna soluzione o indicazione politica sul valore e la funzione dell’attività sociale delle associazioni che occupano questi spazi, ma la dichiarazione di una scrittura di un fantomatico regolamento che anche e solo da un punto di vista giuridico non dà soluzioni praticabili, soprattutto rispetto alle procedure amministrative o sui provvedimenti avviati dalla magistratura contabile.
Sedi delle associazioni: serve una delibera
Si chiede quindi nuovamente a gran voce, alla luce di questi nuovi fatti, una posizione forte da parte della politica, una ripresa reale della questione patrimonio, attraverso un censimento degli immobili, ed una conoscenza più dettagliata e profonda della storia e le realtà associative che la abitano e che dovrebbero essere quindi alleati dell’amministrazione pubblica sui territori, riconoscendone il valore umano e sociale.
Da questa base è il momento di iniziare a riscrivere insieme, associazioni, movimenti, cittadini ed amministrazione una delibera comunale sul riordino del patrimonio pubblico di Roma, che la rappresenti e riconosca come è sempre stata, città aperta, accogliente e solidale.