SFRATTI ALLE ASSOCIAZIONI: LA CORTE DEI CONTI FA CADERE LE ACCUSE
Sono ormai 22 le sentenze favorevoli ai funzionari che avevano firmato le concessioni. Restano i danni per associazioni e cittadini
21 Settembre 2017
Le sentenze sugli affitti alle associazioni sono assolutorie e i magistrati della Conte dei Conti sembrano decisi a lasciar decadere progressivamente la cause contro i funzionari comunali, che negli anni scorsi avevano firmato le concessioni di sedi ad associazioni ed enti non profit a prezzo agevolato e che di conseguenza si erano visti accusare di danno erariale. Dovrebbe essere una svolta definitiva, anche se non è chiaro che cosa succederà alle associazioni che nel frattempo hanno ricevuto lo sfratto e, in qualche caso, lasciato le sedi e già pagato gli arretrati richiesti.
LA STORIA. Sotto la fuorviante etichetta di “affittopoli”, dal 2015 in poi erano finite anche una serie di realtà non profit, che avevano sede e svolgevano le proprie attività in locali concessi dal Comune ad un canone scontato dell’80%. Il viceprocuratore regionale della Corti dei Conti Patti aveva visto in queste situazioni elementi di illegalità e di conseguenza aveva contestato ai funzionari comunali il danno erariale e chiesto i conseguenti rimborsi. Cifre importanti, richieste a 7 funzionari finiti sotto processo attraverso 300 cause, di cui 200 già arrivate a procedimento; 100 milioni il danno ipotizzato dalla procura.
Di conseguenza era partita un raffica di sfratti alle associazioni e di richieste di arretrati, che in qualche caso hanno raggiunto anche il milione di euro.
LE ASSOLUZIONI. Le sentenze sugli affitti alle associazioni sono però assolutorie nei 22 procedimenti arrivati a conclusione. Ieri è stata assolta in appello anche l’unica funzionaria che in primo grado aveva ricevuto una condanna. E le assoluzioni portano tutte le stesse motivazioni: si trattava di beni “indisponibili”, dunque non collocabili sul mercato; c’erano delibere e regolamenti che legittimavano le concessioni a canone agevolato; le onlus svolgevano attività che avevano un valore sociale o culturale. Se anche i locali fossero stati riacquisiti, comunque, avrebbero dovuto essere concessi ad altre onlus.
In più, la sentenza di ieri aggiunge una considerazione sulla “inarrestabile riduzione del del personale”, che ha ingolfato i procedimenti per le concessioni provvisorie e, più in generale, la gestione dell’«abnormità del patrimonio del comune».
IL VALORE SOCIALE. Nelle sentenze sugli affitti alle associazioni, la Corte dei Conti ha quindi riconosciuto le motivazioni e le istante portate avanti, tra l’altro, dal Coordinamento Valore Sociale-9 marzo, che già nel marzo scorso aveva presentato una richiesta di deferimento del viceprocuratore Patti alla Commissione disciplinare, proprio con le motivazioni su cui poi si sono fondate le sentenze assolutorie.
In tutta questa vicenda degli sfratti alle associazioni spiccano alcuni elementi solo apparentemente collaterali: il silenzio degli eletti al Campidoglio nei confronti tanto dei funzionari quanto degli enti non profit: né gli uni né gli altri sono stati difesi; l’incapacità, da parte loro, di individuare soluzioni e vie d’uscita, a parte una delibera rimasta lettera morta.
Alla base c’è il mancato riconoscimento del valore sociale di queste realtà, guardate con sospetto e pregiudizio, nonostante siano da anni una parte fondamentale del capitale sociale della metropoli. Su pieno di riconoscimento del valore sociale il Coordinamento continuerà a lavorare, perché se non c’è un rapporto di fiducia tra Pubblica Amministrazione e mondo non profit, non è possibile alcuna collaborazione.
Speriamo che i rappresentanti dei cittadini in Campidoglio trovino soluzioni per gli enti che – a causa di tutto questo – rischiano di chiudere.