GIOVANI E VOTO: CON IL SERVIZIO CIVILE SI SCOPRE LA PARTECIPAZIONE

È un'esperienza che forma e che fa riscoprire il senso di appartenenza alla comunità. Ma servono percorsi che avvicinino i giovani alla politica

di Elpidio Ercolanese

Servizio civile e partecipazione: le due cose vanno d’accordo? Reti Solidali ha realizzato un piccolo sondaggio, che non pretende di avere valore scientifico, su un campione di giovani in servizio civile nel Lazio, per capire se da parte loro ci sia o meno una sensibilità diversa rispetto al voto, forma minima ma allo stesso tempo importante di partecipazione politica. Lo spunto è arrivato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che durante il discorso di fine anno ha invitato i ragazzi nati nel 1999, che quest’anno compiono 18 anni, ad andare a votare. Mattarella, nel formulare l’invito, ha ricordato che si rischia di dimenticare «che viviamo nel più lungo periodo di pace», visto che un secolo fa i diciottenni di allora vennero mandati in trincea per la Grande Guerra e molti morirono. Da allora, sono stati pubblicati diversi sondaggi, che indicano percentuali di astensionismo molto alte tra i giovani.

Hanno partecipato al sondaggio di Reti Solidali 30 giovani in Servizio Civile nel Lazio, di questi ventisette (19 donne e 8 uomini) hanno dichiarato che andranno a votare, due che non andranno («tanto non cambia niente») e uno ha dichiarato di essere indeciso perché «non ancora informato».

Abbiamo chiesto di commentare i risultati del sondaggio su servizio civile e partecipazione a Claudio Tosi del CESV e Francesca Amadori di SPES: scelgono di fare servizio civile i giovani che hanno già una propensione alla partecipazione, oppure è il servizio civile che fa riscoprire il valore della partecipazione?

Secondo Tosi, «il servizio civile rappresenta un’attivarsi anche nel campo della cittadinanza. È un volere partecipare nel proprio piccolo a una scelta. Potrebbe essere che fare servizio civile ti dà un’indicazione verso la partecipazione. In un paio di motivazioni c’è scritto: “Vado a votare anche per rispetto alla fatica che è stata fatta per darci questa possibilità”. C’è un’idea della conquista, un’idea che la società questo strumento se lo è dato, quindi c’è stata una lotta per averlo. Questa è un’interessantissima proiezione verso un’appartenenza a una comunità che costruisce le proprie regole del gioco. Se l’effetto del servizio civile è questo, è una cosa interessante».

 

servizio civileSERVIZIO CIVILE E PARTECIPAZIONE. Ma da cosa nasce questa indicazione verso la partecipazione? Secondo Amadori dalla formazione sulla cittadinanza che viene proposta ai giovani in servizio civile nel Lazio e dal fatto che «Il servizio civile crea un contesto: all’improvviso ti ritrovi proiettato in una comunità. Cioè è un luogo nel quale sei spinto a riflettere sul mondo che ti circonda e lo fai sia con persone più grandi di te, sia con persone che per la maggior parte sono tuoi pari. Ti trovi in un contesto in cui sei qualcuno, quantomeno».

«Penso che la voglia di votare possa essere dovuta non solo alla formazione che il servizio civile dà», aggiunge Tosi, «ma proprio al fatto che il volontariato, all’interno del quale questi ragazzi fanno formazione, è un contesto attivo nell’ambito di una comunità. Quindi nelle associazioni sperimentano un dibattito o un’appartenenza».

Quanto alla poca propensione ad andare a votare, Amadori propone una distinzione importante: «Una cosa è dichiarare di non votare e quindi prendere una posizione. Altra cosa sono quelli che non ci vanno solo perché quel giorno non ne avevano voglia. Per questi ultimi c’è proprio una lontananza dall’idea di partecipazione. Quelli che invece consapevolmente scelgono di non votare stanno protestando: è una protesta molto basica, però c’è una scelta, una posizione».

 

EPOCA DELLE PASSIONI TRISTI. I giovani sembrerebbero sfiduciati dalla politica, ma il problema, come sottolineano Tosi e Amadori, non è solo la mancanza di fiducia. C’è dell’altro, c’è un mix di fattori che non permette di appassionarsi più di tanto alla vita politica del proprio Paese. «Più che sfiducia, penso che sia importante cosa vedono i giovani in chi vota. Ormai anche si reca alle urne lo fa in base a una “passione triste”, come dicevano Benasayag e Schmit. Vuol dire: “vado a votare per non sconfermare le mie idee, quando ci credevo votavo e adesso continuo a farlo, ma in fondo non ci credo più”. Questa passione triste però non può coinvolgere i giovani, a meno che non sei collegato a dei gruppi particolarmente infervorati», afferma Tosi. Inoltre, aggiunge, «tra i giovani c’è l’idea che questo è un “sistema di potere adulto”, e quindi non votano per reazione, non vogliono partecipare a un mondo che non gli appartiene». C’è anche «un’incapacità di orientamento. La politica parla con un linguaggio che i giovani – e anche molti adulti – non riescono a comprendere».

 

L’INDIVIDUALISMO. La lontananza dei giovani rispetto alla politica è però inquadrabile in un contesto più ampio. In un cambiamento della società, dove l’individuo agisce per soddisfare i propri interessi e non si preoccupa più di tanto del bene comune. Come sottolinea Amadori, «la protesta non si aggrega più per costruire un cambiamento. La voglia di cambiamento, quando c’è, è sempre operata a livello individuale. Non c’è più una sfera in cui ognuno di noi investe qualcosa per cambiare l’insieme, ma si preferisce dire “faccio tante piccole cose, che mi identificano”».

 

servizio civile e partecipazioneLA CONCRETEZZA, I giovani vogliono partecipare a cose dove sono sicuri di poter incidere in qualche modo. È quanto sostiene Tosi, che afferma: «Chi si dà da fare, mette al mondo qualcosa che gli piace con il gruppo col quale l’ha pensata. cerca una concretezza, una possibilità di agire nel qui e ora della relazione. Per i giovani, rinunciare alla cosa che stanno facendo e di cui governano anche il risultato, per cercare un risultato più grande di cui non hanno certezza, è inaccettabile. Cosa ben diversa, invece, è l’agire dentro un contesto – sia pure limitato – che garantisce una relazione e un risultato verificabile».

«Effettivamente», aggiunge Amadori, «ci sono poche strutture di partecipazione che ti garantiscano il fatto che il tuo piccolo atto di partecipazione sia in grado di propagarsi. Per questo anche nasce la disaffezione. È come se tu cogliessi che non c’è nulla che si propaga, che porta dei risultati. Qualche decennio fa, invece, questo non avveniva: le organizzazioni erano a cerchi concentrici: partivi da un impegno concreto e mano mano ti allargavi».

 

AVVICINARE I GIOVANI.Per avvicinare i giovani alla partecipazione, non solo di tipo politico, andrebbero creare delle occasioni di scambio e confronto tra pari e con gli adulti. Il servizio civile è un esempio, che da solo però non basta, come sottolinea Amadori. «È necessario avvicinare i giovani a delle esperienze che incidano su di loro. In questo modo si sentiranno come appartenenti a una società, nella quale rappresentano un elemento che può fare la differenza e che deve assumersi le proprie responsabilità. Si potrebbe trasformare l’alternanza scuola-lavoro in una tappa di un percorso di partecipazione. Vanno creati dei percorsi che insegnino a diventare cittadini», ha concluso Amadori.

Con l’occasione, Reti Solidali invita tutti i giovani in Servizio Civile nel Lazio, oltre a recarsi al voto per le Elezioni politiche del 4 marzo, a partecipare all’elezione dei loro delegati regionali. I volontari in servizio al 15 dicembre 2017, possono partecipare dal 19 al 22 febbraio 2018 all’elezione diretta online dei Delegati regionali, i quali a loro volta eleggeranno i rappresentanti nazionali.

GIOVANI E VOTO: CON IL SERVIZIO CIVILE SI SCOPRE LA PARTECIPAZIONE

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