CANCELLARE I FONDI PER IL SERVIZIO CIVILE PER I RIFUGIATI: CHE SENSO HA?
Licio Palazzini: se ci sono fondi europei che devono servire per i rimpatri e non per le politiche di integrazione, il messaggio è chiaro
08 Novembre 2018
Niente più Servizio Civile per i rifugiati o richiedenti asilo. Pochi giorni fa il Ministero dell’Interno ha ritirato lo stanziamento europeo di 18 milioni di euro destinato al progetto “Integr-Azione” che avrebbe permesso a 3.000 giovani titolari di protezionale internazionale e umanitaria di vivere, insieme ai loro coetanei italiani, un anno da volontari.
LA SPERIMENTAZIONE. La possibilità di far presentare ladomanda anche ai giovani che avevano concluso il periodo di accoglienza nei circuiti Sprar, era stata introdotta nell’agosto 2017 grazie ad un accordo tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’Interno, sottolineando il «valore inclusivo dell’esperienza, in linea con le finalità del Piano nazionale d’integrazione dei titolari di protezione internazionale». Tutto ciò grazie al contributo economico del FAMI, ovvero il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione, uno strumento finanziario europeo nato con l’obiettivo di promuovere l’asilo e l’integrazione dei fenomeni migratori.
Ad oggi, però, saranno solo 192 i volontari che potranno prendere parte al progetto (quelli già selezionati nel bando 2018), visto che lo stanziamento è stato interamente azzerato anche per i prossimi anni. «Una sperimentazione che viene fatta decadere pochi mesi dopo il suo avvio non è altro che uno spreco di risorse e di energie che mina ulteriormente la credibilità delle istituzioni, soprattutto da parte dei giovani», afferma Licio Palazzini, presidente CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile). «Già da diversi anni il Servizio Civile è aperto ai cittadini stranieri residenti e l’abbinamento a questa sperimentazione rivolta a quei giovani che avevano terminato il percorso negli Sprar sarebbe stato un secondo elemento concreto di costruzione positiva e coesione. È vero che la sperimentazione poteva anche dare esito negativo (perché troppo complessa o macchinosa nel realizzarsi) ma qui siamo davanti allo scenario del “chiudiamo subito”».
L’INTEGRAZIONE VOLONTARIA. Il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione nel 2014 hanno definito incostituzionale l’esclusione dei cittadini stranieri dal Servizio Civile, favorendo così la partecipazione ai regolarmente residenti nel nostro Paese. In uno dei suoi ultimi rapporti, la fondazione Migrantes ha evidenziato l’incremento esponenziale delle domande presentate da giovani stranieri negli ultimi anni: 610 nel 2014, 2.583 nel 2015 e 3.247 nel 2016. Inoltre – fa notare la ricerca – tra tutti gli stranieri che hanno presentato domanda, circa il 70% è risultato idoneo allo svolgimento del Servizio Civile. L’estensione di questa esperienza anche a quei migranti che terminano il loro percorso di accoglienza negli Sprar, rappresentava un ulteriore tassello di crescita ed integrazione.
«Un ulteriore elemento di positività», ribadisce Palazzini, «è il fatto che la candidatura al Servizio Civile per i rifugiati è volontaria, quindi avremmo avuto cittadini stranieri che volontariamente avrebbero scelto se presentare o meno la domanda. Evidentemente questa linea non è piaciuta al Ministero dell’Interno che ha prontamente deciso di ritirare un fondo che avrebbe incentivato l’integrazione volontaria di questi giovani all’interno delle nostre comunità».
I FONDI PER I RIMPATRI. A pochi giorni dalla rottura dell’accordo, il Viminale ha pubblicato un avviso relativo ad un nuovo stanziamento di 12 milioni di euro per «interventi destinati favorire il rimpatrio volontario e assistito (RVA) di almeno 2.700 destinatari nei Paesi di origine. Interventi che», si legge nella nota del Ministero, «comprendono assistenza pre-partenza, organizzazione del viaggio e assistenza personalizzata nel Paese di ritorno finalizzata alla realizzazione di piani individuali/familiari di reintegrazione sociale ed economica».
Un importante incentivo economico che – seppur orientato a politiche di gestione del fenomeno migratorio – appare tutt’altro che casuale, pochi giorni dopo l’azzeramento del progetto “Integr-Azione”. «L’input che è arrivato», conclude Palazzini, «è che se ci sono fondi europei questi devono servire per i rimpatri e non per le politiche di integrazione per cittadini che vogliono integrarsi. Quanto lungimirante sia questa scelta lo lascio dire a chi ha preso questa decisione, noto solo come sia curioso l’uso che si fa dell’Europa: da una parte la si attacca e condanna e dall’altra si orientano i fondi su alcune priorità rispetto ad altre».
Un’opportunità sprecata che avrebbe concretizzato maggiormente i valori sui quali si basa per legge il Servizio Civile ovvero la pace e la solidarietà, tra tutti.