SERVIZIO CIVILE: PERCHÈ COSÌ TANTE RINUNCE?

I ragazzi decidono di fare il servizio civile ma poi non si presentano ai colloqui oppure rinunciano in corsa. Le analisi di Amesci e Arci Servizio Civile. Claudio Tosi, CSV Lazio: «Sembra una situazione frutto di una comunicazione sempre più confusa»

di Laura Badaracchi

Decidono di fare il servizio civile, presentano domanda ma sono assenti ai colloqui di selezione dei candidati: come mai?
Le principali reti di servizio civile nazionale – Arci Servizio Civile e Amesci – hanno proposto un’analisi sull’andamento delle domande. La Fondazione Amesci (Associazione Mediterranea per la promozione e lo sviluppo del Servizio Civile) è andata a fondo per comprendere le motivazioni di questa alta dispersione, e lo ha fatto con cognizione di causa: finora ha realizzato 1.451 progetti in Italia e in 45 Paesi esteri, per un totale di 27.151 giovani coinvolti e 147 milioni di euro di contributi, pubblici e privati, a loro assegnati.

Anche il CSV Lazio ha registrato dati interessanti sul fenomeno: per l’anno di servizio civile 2022 ha ricevuto 1.670 domande su 750 posti disponibili. I ragazzi che non si sono presentati ai colloqui sono stati ben 552, quasi uno su tre; sui 750 selezionati si sono verificate 183 tra rinunce e interruzioni, per cui si è dovuto lavorare ai subentri. «Sembra una situazione frutto di una comunicazione sempre più confusa», commenta Claudio Tosi, responsabile Servizio Civile CSV Lazio. «Una parte dei giovani si aspetta di trovare nel servizio civile una forma di lavoro di sostegno e questo comporta una minore capacità di attesa in quanto facilmente si gioca su tutte le linee per prendere la risposta più immediata. Chi al contrario aggancia il servizio civile a una propria progettualità lo sceglie con una consapevolezza maggiore e chiede a questa esperienza la funzione formativa e civica che la caratterizza».

Amesci. Serve una comunicazione adeguata

Secondo l’indagine promossa dalla Fondazione Amesci, il tasso di assenteismo dei giovani che si erano candidati al bando di selezione record da 64.331 posti disponibili (nel 2021 erano 55.793), il più grande nella storia del servizio civile, chiuso il 9 marzo scorso è pari al 30%. Complessivamente erano 3.289 i progetti da realizzare in Italia (3.090) e all’estero (199). Già le domande di partecipazione avevano subito un calo dell’11%, passando dalle 125.286 presentate nel 2021 a 112.008, di cui 66.873 donne (63%) e 41.441 uomini (37%). Nel dettaglio, sono 105.098 (1,7 domande per ogni posto disponibile) le domande presentate dai giovani tra i 18 e 28 anni per i progetti in Italia e 3.595 (3,1 domande per ogni posto disponibile) per quelli all’estero.

Sul 30% di assenti ai colloqui di selezione (in totale 6.505 di cui il 57,9% donne e il 42,1% uomini), per partecipare ai 166 progetti in Italia e i 15 progetti all’estero, si è concentrata la ricerca della Fondazione Amesci, somministrando un questionario online a un campione di 1.908 giovani (836 uomini e 1.072 donne) che non si erano presentati. Di questi, hanno risposto 504 ragazzi (63,9% femmine, 36,1% maschi); il 66,5% degli intervistati è in possesso di diploma di scuola superiore, il 16,1% di laurea triennale e l’8,7 di laurea magistrale, mentre il 7,5% di licenza di scuola media inferiore. Il 38,3% si dichiara studente, il 16,5% studente-lavoratore e il 22% lavoratore, il 18,8% è disoccupato in cerca di lavoro.

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Tra i motivi di assenza al colloquio soprattutto lo studio e il lavoro.

Per i motivi di assenza a colloquio, il 41,7% ha indicato lo studio (15,7%) e il lavoro (26%), il 16% motivi personali (6,4%), di salute (4,4%) e di famiglia (5,2%). Il 22,6% dichiara di non aver ricevuto comunicazioni relative al colloquio, sebbene il bando chiarisse che l’obbligo di informazione è assolto attraverso la pubblicazione sui siti degli enti titolari dei progetti. Il 4,2% ha cambiato idea: il 26,5% perché ha trovato lavoro (26,5%) e il 17,7% per aver valutato l’incompatibilità con altri impegni. Infine, l’80,9% ha risposto che ripresenterebbe domanda di partecipazione (sì: 59,1%, forse: 21,8%), il 7,3% non la ripresenterebbe e l’11,7% non sa se la ripresenterà.

Dai dati emerge che «il 38% di quelli che non si presentano ai colloqui già lavora o è uno studente/lavoratore studio, il che significa che il servizio civile è un’opportunità che interessa molto i giovani, ma non sempre è conciliabile con i loro impegni e in molti casi lo scoprono dopo aver avanzato la candidatura», ha sottolineato Enrico Maria Borrelli, fondatore e presidente della Fondazione Amesci.

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Il 22,6% dichiara di non aver ricevuto comunicazioni relative al colloquio

«Non emergono elementi sufficienti a ritenere queste assenze ai colloqui una criticità del servizio civile, anche perché risulta essere conforme ai dati degli altri concorsi pubblici. Ma è sicuramente necessario che il Dipartimento realizzi, in occasione della pubblicazione dei bandi di selezione, una comunicazione adeguata al Servizio Civile, strumento unico per lo Stato di educare alla cittadinanza attiva e ridurre così la distanza con le istituzioni», ha auspicato Borrelli, che è anche presidente del Forum nazionale servizio civile. Convinto che il problema della dispersione non sia dovuto a una mancata comunicazione o a scarse informazioni ricevute, «quanto piuttosto di consapevolezza della scelta e di attenzione alle informazioni: l’80% dei giovani dichiara di non essere a conoscenza della possibilità di recuperare l’eventuale assenza, pur essendo tale opportunità chiaramente indicata nella medesima comunicazione con la quale sono stati informati della data del colloquio». Non solo: «Sono mutate in realtà le motivazioni per le quali i giovani scelgono di fare servizio civile: meno voglia di impegnarsi per l’altro e più attenzione alla propria formazione e alle proprie motivazioni personali. Per loro rappresenta da sempre un’esperienza di partecipazione e di servizio al Paese, un’occasione per dare il proprio contributo alla comunità in un’età di crescita e di formazione alla vita adulta. Sono queste le caratteristiche sulle quali concentrare la comunicazione istituzionale del servizio civile, per non correre il rischio che sia invece visto e vissuto dai giovani come un’esperienza prevalentemente formativa, al pari di altre e, da questo punto di vista, meno conveniente in termini di impegno e durata».

Arci Servizio Civile. Per non perdere un’altra generazione di giovani

Gli ultimi due anni hanno ulteriormente aumentato la marginalità sostanziale dei giovani nella capacità di pesare nelle scelte politiche e economiche, generando nuovi comportamenti; si sono accresciute alcune difficoltà e tardano impatti positivi del PNRR. Così Arci Servizio Civile in una nota diffusa in questi giorni, dopo i lavori dell’assemblea del 20 Luglio scorso. In quella occasione il presidente Arci Servizio Civile Licio Palazzini aveva sottolineato come tale marginalità giovanile sia evidenziata nelle varie ricerche nazionali e internazionali e come si sia riflessa anche nel servizio civile universale: «Complice la dilatazione dei tempi del ricorso avvenuti durante il bando, alcuni alert già presenti in precedenza si sono accentuali. La generazione Z –  che rappresenta il nostro riferimento – sta cambiando i paradigmi con cui si mette in relazione con la società, e necessita di approcci diversi per non diventare una generazione esclusa».

«A maggio abbiamo iniziato un percorso di riflessione sull’evoluzione dell’approccio dei giovani al servizio civile, partendo dai numeri dell’ultimo bando e dagli esiti dei colloqui, segnati da un numero di assenze più alto del recente passato. Ora, con i progetti avviati e gli operatori volontari in servizio, ci siamo confrontati sui trend sociali in atto, sulle risposte che arrivano dai giovani e le sfide che abbiamo di fronte come istituzioni e organizzazioni. Essere una associazione con circa 1000 organizzazioni aderenti, presenti sull’intero territorio nazionale, ci offre una lettura multiforme dell’Italia giovanile e riusciamo a vedere, come in un prisma, le tante diverse facce di quest’epoca», ha continuato Palazzini.

Come si legge nella nota Arci Servizio Civile, in assemblea Elisa Simsig, responsabile di un monitoraggio che dal 2009 ha coinvolto quasi 20mila giovani ha proposto – attraverso le 2mila risposte raccolte nel 2022 – le visioni dei giovani per un servizio civile per loro più sostenibile e motivante. Inoltre, Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, che coordina il Rapporto giovani dell’Istituto G. Toniolo, la principale indagine italiana sulle nuove generazioni, ha illustrato i dati raccolti. Di particolare interesse per un servizio civile che promuove il protagonismo dei giovani, si spiega nella nota, quelli che dicono della caduta, fra il 2020 e il 2022 di tre indicatori delicati: l’idea positiva di sé passa dal 53,3% al 45,9%, la motivazione e l’entusiasmo nelle proprie azioni dal 67,5% al 57,4%, perseguire un obiettivo precipita dal 67% al 60%. Nel testo Arci Servizio Civile sottolinea come i dati dimostrino ce siamo pienamente dentro il rischio di una generazione chiusa in se stessa, stizzita verso le istituzioni, disincantata verso l’impegno civico e l’intraprendenza economica e sociale.

«I giovani vogliono impegnarsi, ma si sentono esclusi e non vedono provvedimenti strutturali», ha ribadito Palazzini.  «Cercano nuove strade e utilizzano nuovi linguaggi che noi – enti del terzo settore – dobbiamo saper intercettare e con i quali dialogare». E ha concluso: «Come Arci Servizio Civile stiamo dando avvio a una riflessione molto ampia, che oltrepassa il nostro perimetro d’azione, ma di cui sentiamo la responsabilità di metterla in agenda, perché il Servizio Civile Universale può essere la risorsa per tenere insieme risposte ai bisogni delle persone e evitare la perdita di un’altra generazione di giovani. Anche questo è difesa civile e non armata della patria. Adesso che siamo in campagna elettorale, consegniamo ai partiti questa opportunità».

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