PRECARI IN VENDITA PER 1000 EURO
“Due giorni, una notte”, l’ultimo film dei Fratelli Dardenne racconta di una donna in lotta per il posto di lavoro, in un mondo dove la solidarietà è sparita. A colloquio con i registi belgi di lavoro, solidarietà ed Europa
27 Gennaio 2015
Il prezzo è fissato. Mille euro. Per questa cifra siamo tutti in vendita. O, almeno, lo sono un gruppo di operai di una piccola azienda belga. È quello che ci raccontano i Fratelli Dardenne, maestri del cinema belga, nel loro ultimo film, Due giorni, una notte. Sandra (Marion Cotillard), assistita dal marito, cerca con tutte le sue forze di mantenere il proprio posto di lavoro. Dopo essere stata assente per depressione, viene licenziata. Può essere riassunta, certo, ma gli altri dipendenti perderebbero il bonus di mille euro che il capo ha promesso loro. E la maggioranza di loro ha votato contro la riassunzione. Sandra così ha due giorni e una notte per andare a convincere uno a uno i dipendenti prima di una nuova votazione. Mille euro una tantum, si badi, non al mese. Ma tant’è. Non giudicate. Vi ci dovreste trovare. Ognuno di loro infatti ha una buona ragione per avere bisogno di quei soldi. E la stessa Sandra, che è come loro, lo capisce. Il film di Jean-Pierre e Luc Dardenne è come la sua protagonista, non giudica nessuno ed è un impietoso ritratto della condizione di “homo homini lupus”, che è diventato il mondo del lavoro, del gioco perverso a cui siamo sottoposti oggi nel momento in cui ci accingiamo a fare il nostro lavoro.
Un terreno sociale selvaggio
Un tempo forse sarebbe stato diverso? Le lotte sindacali le ricordiamo tutti. Ma qui parliamo di piccole aziende, posti con sedici dipendenti. Dove è più difficile essere uniti. E tutelati. I sindacalisti non sono previsti. E così nasce la “tutela fai da te”, i rapporti personali a cui aggrapparsi, la forza di volontà per convincere i colleghi, la corsa al voto che seguiamo con il cuore in gola, tenendo i conti dei voti pro e contro. Fino al sorprendente finale. Ma dov’è finita la solidarietà che c’era naturalmente tra i lavoratori un tempo? «Come siamo arrivati fin qui? È la situazione economica che lo consente», risponde Luc Dardenne. «Naturalmente non bisogna essere pessimisti al cento per cento, la solidarietà è un valore che esiste da secoli, costruito dalle organizzazioni sindacali e con il sistema fiscale, con la possibilità di fornire l’assistenza sociale. Ma è vero che oggi siamo in un territorio sociale piuttosto selvaggio: il timore di sanzioni, di perdite e licenziamenti fa sì che la solidarietà venga meno. E la tendenza di ciascuno, in situazioni di difficoltà come questa, è quella di pensare di potercela fare da solo, con escamotage di tutti i tipi». «Il percorso di Sandra è proprio quello di ricreare la solidarietà: non è una militante politica, è una persona in difficoltà, ma arriva a cambiare lo stato delle cose», aggiunge il regista.
“Sono felice”
Riesce a cambiare le cose, Sandra, in parte. È uno dei barlumi di ottimismo che fanno capolino in un film duro. L’altro viene dall’altra solidarietà possibile, quella che avviene in famiglia. Il marito e i figli sono i primi sostenitori di Sandra, i suoi “coach”. Mentre, di solito, con i licenziamenti le famiglie si sfaldano. «La storia è costruita in antitesti con la realtà», spiega Luc Dardenne. «In questa coppia c’è una storia d’amore profonda. Abbiamo voluto creare una finzione perché volevamo che fosse un segnale di speranza. La realtà ci rende già abbastanza disperati». Due giorni, una notte è forse il film più ottimista dei Dardenne, è l’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione. «È la prima volta che un nostro personaggio dice: sono felice», sorride Jean-Pierre Dardenne.
Una storia vera
Ma volevamo saperne di più sul perverso meccanismo in cui si trovano i lavoratori del film. È tratto da una storia vera? «È una situazione che è avvenuta in Francia ad averci ispirato, ma poi abbiamo scoperto che è accaduta anche in Belgio», racconta Luc Dardenne. «Accade nelle piccole imprese, quelle che non hanno l’obbligo di avere una rappresentanza sindacale. Oppure, in Belgio, può accadere che se un’impresa decide di ristrutturare può licenziare i dipendenti senza problemi. Ci sono stati invece dei casi a cui si è chiesto di scegliere tra un bonus annuale e la riassunzione di una persona. Quando il nostro film è uscito in Belgio, la tv ha fatto un reportage, raccontando tre aziende come quella della nostra storia: in due casi tra i dipendenti non c’è stata la rinuncia al bonus annuale, ma la volontà di abbassarsi il salario per evitare il licenziamento di un collega. Mentre nel terzo caso il collega è stato licenziato».
Ci salva l’empatia
Nella realtà, come nel film, seppur a fatica, seppur parzialmente, una minima solidarietà di classe prende corpo. «Nel film viene detta più volta una frase fondamentale: mettiti al mio posto», spiega Jean-Pierre Dardenne. «La capacità di empatia, di mettersi al posto di un altro, è quella che fa risorgere la solidarietà. Il film non ha l’approccio di un’aula di tribunale, la poveretta contro sedici carogne che vogliono farla fuori. Ciascuno dei colleghi di Sandra ha le sue ragioni, è un essere umano con le sue motivazioni. E Sandra non li giudica mai. Chiede solo di mettersi al suo posto. Alcuni possono, altri no. E questo è anche il riscontro che abbiamo tra gli spettatori: ognuno si domanda cosa avrebbe fatto al posto di Sandra, o al posto dei suoi colleghi. Ed è questa l’importanza che può avere un film, che uno entri in sala, e che esca, se non cambiato, con dei dubbi».
La vera Europa
Il film dei Dardenne, come detto, non giudica nessuno, mette solo la macchina da presa in mezzo agli anni che stiamo vivendo. Sono quelli di un’Europa che si sta americanizzando, che sta andando verso un mercato del lavoro sempre più liberalizzato e sempre meno tutelato. Qual è il suo futuro? «Io sono europeista, ma credo che l’Europa non sia abbastanza un’Europa sociale», riflette Luc Dardenne. «La vera Europa esisterà quando il livello sociale sarà equiparato, quando ognuno di noi pagherà le stesse tasse, quando ci saranno scioperi e manifestazioni in Italia e in Spagna perché in Lituania sono stati licenziati dei lavoratori. Credo che sia importante che l’Europa diventi più sociale, altrimenti arriveremo a smantellare una serie di servizi pubblici, come la sanità e l’istruzione».