SISMA CENTRO ITALIA, GLI PSICOLOGI D’EMERGENZA SONO FONDAMENTALI
Lo spiega la responsabile del Centro Alfredo Rampi, una delle associazioni che si sono attivate per le emergenze che continuano a colpire il centro Italia
06 Febbraio 2017
Le regioni del centro Italia continuano a restare in ginocchio mentre scosse sismiche, valanghe di neve e – non per ultimo – il rischio idrogeologico stanno mettendo a dura prova istituzioni e abitanti del posto.
Accanto al prezioso lavoro di soccorritori e medici se ne affianca un altro, altrettanto importante, essenziale per supportare i cittadini nelle ore successive agli eventi. Stiamo parlando delle associazioni di psicologi di emergenza, al cui interno operano professionisti formati per accompagnare coloro che sopravvivono a catastrofi naturali o eventi estremi. Tra queste anche il Centro Alfredo Rampi, che dai giorni successivi al 24 agosto è subito intervenuto per sostenere i cittadini coinvolti dalla violenta scossa. Ho raggiunto Rita Di Iorio, psicologa delle emergenze ambientali e civili e responsabile del centro.
In questo momento che tipo di interventi sono in atto nel centro Italia?
«Come centro, su mandato della Regione e del Dipartimento di Protezione civile, stiamo operando su Amatrice e sulle zone limitrofe. Pochi giorni dopo il sisma del 24 agosto abbiamo attivato degli interventi diretti con la popolazione (individuali o di gruppo) e lavorato anche all’interno delle scuole. L’emergenza stava lentamente rientrando, ma con la nuova sequenza di scosse stiamo già valutando come operare anche nelle nuove zone colpite. Il Dipartimento nazionale ci ha comunicato che per ora possono operare esclusivamente i soccorsi operativi. Solo successivamente, in accordo con la Regione Abruzzo, potremmo essere attivati per partire».
Chi è lo psicologo di emergenza e che tipo di formazione possiede?
«Conoscere i tipi di emergenza in cui ci si può trovare ad operare, le metodologie di intervento e anche il tipo di approccio che si deve avere con le persone travolte da questi eventi: la formazione di questi professionisti avviene attraverso un corso di psicologia dell’emergenza riconosciuto dall’albo regionale. Per coadiuvare le associazioni, l’Ordine degli Psicologi del Lazio, lo scorso anno, ha anche stilato delle linee guida rivolte proprio a coloro che si trovano ad operare in questi contesti critici (le Best Practice per gli interventi degli psicologi dell’emergenza)».
Come intervenite?
«Una delle regole essenziali è che non ci si muove mai da soli: tutti gli psicologi di emergenza vengono coordinati in squadra dalla loro associazione di appartenenza e diventano operativi solo nel momento in cui l’ente preposto (Regione o Protezione Civile) li attiva. Arrivati sul posto ci troviamo davanti a persone che stanno vivendo diverse reazioni emotive (shock, paura, impotenza), quindi il nostro compito è quello di diventare il loro garante, aiutandole a ritrovare quelle capacità di resilienza per poi poter pian piano cominciare a camminare con le proprie gambe. Come è necessario che intervenga un medico per curare le ferite fisiche, è altrettanto necessario che arrivi anche uno psicologo per curare quelle dell’anima».
Chi sopravvive ad un forte terremoto, o viene estratto vivo – dopo giorni – da una slavina, che tipo di supporto deve ricevere?
«Queste ultime tragedie che hanno travolto il centro Italia sono state particolari: si è creata una situazione in cui chiunque, nella comunità, aveva perso minimo qualcosa (oggetti, casa, macchina) e minimo un conoscente. Ci sono state famiglie distrutte in cui le reazioni sono forti da sostenere e controllare.
Lo psicologo dell’emergenza accompagna la persona e cerca di contenere quanto più possibile lo stato di sconforto e shock che il soggetto sta attraversando. Lo step successivo è individuare delle possibilità per affrontare la situazione, sforzarsi a trovare un minimo di risorse per reagire».
Quanto tempo può durare l’intervento?
«Le tempistiche di intervento sono differenti: noi lavoriamo in una situazione di emergenza quindi di affiancamento nelle ore successive all’evento. Nei giorni a seguire cerchiamo di creare un rapporto con la persona, ma sarà poi lei stessa a decidere se continuare e fino a quando. Ad esempio il riconoscimento delle vittime da parte dei familiari è un momento estremamente di prova, in cui veniamo spesso interpellati».
Perché è importante formarsi per fronteggiare queste situazioni di crisi?
«Psicologi dell’emergenza non ci si improvvisa. Proprio perché abbiamo a che fare con civili che stanno affrontando un momento di estrema fragilità, è necessario sapere con chi operare e con quali modalità. Sin dal terremoto dell’Aquila le associazioni specializzate in questi eventi insieme all’Ordine regionale hanno intrapreso un percorso per fornire alte competenze a questa figura. E per ribadire che davanti a queste tragedie medico e psicologo partono insieme».
Immagini Centro Alfredo Rampi