SMILE HOUSE. IL SORRISO È SOLO L’INIZIO
Fondazione Smile House nei suoi 5 centri, uno a Roma, aiuta i bambini a ritrovare il sorriso. La storia di Giorgia, che ha deciso di studiare Infermieristica per aiutare chi ha la labiolapalatoschisi
28 Aprile 2023
Ogni anno in Italia nascono circa 600 bambini (1 ogni mille) con malformazioni del volto come la labiopalatoschisi, che senza cure tempestive e continuative fino al termine della crescita rischiano gravi conseguenze per la salute psicofisica. A denunciarlo è la Fondazione Smile House che, nei suoi cinque centri italiani, negli ultimi 10 anni ha realizzato oltre 40mila visite e oltre 4mila interventi chirurgici su più di 2milapazienti, seguiti da team multidisciplinari di specialisti, dalla diagnosi prenatale all’età adulta.
Smile House ETS lancia, fino al 29 aprile, la campagna solidale Il sorriso è solo l’inizio per curare e sostenere, dalla nascita all’età adulta, i pazienti nati con malformazioni cranio-maxillo-facciali, come la labiopalatoschisi.
Dei cinque centri italiani di Smile House, due, quelli di Roma e Vicenza, sono classificati come Hub chirurgici, dove viene concentrata massimamente l’attività chirurgica. Gli altri tre, Ancona, Cagliari e Taranto, sono classificati come Spoke ambulatoriali, dove si effettuano tutte le terapie multidisciplinari previste dal percorso di cure, con eccezione della chirurgia.
Trovare sempre il lato positivo nelle cose
Giorgia Tucci, 21 anni, romana è stata una delle prime pazienti della Smile House di Roma. «Sto facendo il percorso per diventare volontaria infermiera della Fondazione. Ho conosciuto Smile House nel 2017, da un po’ di tempo volevo risolvere il mio problema estetico dovuto alla labiopalatoschisi. Il destino volle che mi arrivasse l’opuscolo di Smile House a casa, andai nel loro centro di Roma e conobbi tutto il team. Mi misero in lista per l’intervento. A febbraio 2018, a 16 anni», racconta Giorgia, «feci l’ultima operazione (l’unica estetica) a Roma, all’ospedale San Filippo Neri. Quel giorno conobbi i volontari di Smile House e mi resi conto di quanto fosse importante il loro supporto per noi operati e per tutti i nostri genitori. Anche le settimane successive, quando andavo in ospedale a fare i controlli, mi sentivo di voler intraprendere il percorso di volontaria: ho visto quanto aveva fatto bene a me e volevo essere di aiuto per i pazienti, piccoli e grandi, e per i loro genitori. Voglio condividere la mia esperienza per far capire che bisogna sempre trovare il lato positivo nelle cose, si vive molto meglio. Il fatto di passare del tempo con me, giocando a carte, chiacchierando, mi ha tolto un po’ di ansia, il loro sostegno è stato fondamentale anche per capire quanto quest’operazione sia stata importante. Ai tre interventi precedenti ero stata sottoposta da piccola, fino a 4 anni, non ne avevo memoria, non sapevo cosa aspettarmi. Nel 2019 sono stata sottoposta ad un altro intervento, in questo caso ortodontico, la labiopalatoschisi mi ha portato (come spesso accade) molti problemi ai denti e continuo ad essere seguita da Smile House anche per queste cure».
“Non sorridevo mai”
Nulla accade per caso, la scelta di Giorgia di studiare Infermieristica è nata dall’incontro con la Fondazione. «Al liceo ho studiato Lingue, non ero proiettata in questo mondo. Poi mi sono resa conto che volevo essere di aiuto: il fatto che avessero aiutato me, mi ha fatto sentire così tanto bene, completa, da decidere di studiare per diventare infermiera. Penso che se non avessi avuto questa patologia non starei terminando gli studi di Infermeria e non sarei così felice di quello che faccio. Smile House mi ha accolta a 360 gradi, io e i miei genitori prima dell’ultima operazione eravamo ansiosi ma in senso positivo, curiosi di vedere come sarebbe diventato il mio volto. I volontari, prima dell’operazione, mi dicevano sempre che dopo sarei stata ancora più bella e di non dimenticarmi come ero prima. In effetti, dopo l’operazione il mio impatto con lo specchio e sulla mia vita è stato forte. Dopo l’intervento, avevo anche paura di medicarmi e di lavarmi i denti. La disponibilità dei volontari, soprattutto di Alessia Frani (che ora affianco nella formazione), e la presa in carico totale mi ha fatto sentire quasi come una figlia. Io sono molto soddisfatta di come sono, ho sempre convissuto bene con il mio problema estetico. Fino a quando mi sono operata non avevo idea di quanti problemi comportasse la mia malformazione: non portavo mai il rossetto, non legavo i capelli per paura di scoprire il volto, tendevo sempre a coprirmi la bocca, nelle foto non sorridevo mai».
Più formazione e informazione
Di labiopalatoschisi non si parla abbastanza. «Mi sono resa conto di quanto fossi disinformata, nonostante fosse la mia patologia. Ho scoperto che c’è un mondo dietro, anche l’ortodontista che mi seguiva prima di Smile House, ad esempio, non era ferrata in materia», dice Giorgia, «bisogna farsi seguire sempre da specialisti. Sto quasi terminando il mio percorso di studi infermieristici all’Università La Sapienza di Roma, il fatto che in tre anni non abbia mai affrontato il tema della labiopalatoschisi mi fa riflettere, bisogna studiarla di più: in Italia nasce un bambino su mille con questa malformazione, non è così rara. Penso che anche nei centri pre nascita e nei laboratori di diagnosi andrebbe fatta più formazione e informazione. Anche i media dovrebbero parlarne». Questa malformazione ora si può diagnosticare prima della nascita, con una diagnosi prenatale, nella maggior parte dei casi è risolvibile se si è seguiti bene. «Quando sono nata io, invece, non c’era ancora la possibilità di diagnosticarla prima e i miei genitori non sapevano della mia malformazione prima della mia nascita. Il fiore all’occhiello della Fondazione Smile House è la presa in carico totale e continua, sia del paziente sia della sua famiglia. Una volta finiti gli interventi funzionali, sono stata lasciata a me stessa, nessuno si è più preoccupato della mia salute fino a che non ho incontrato la Smile House». A Roma oggi, venerdì 28 e domani, sabato 29 aprile, il Centro Smile House del San Filippo Neri ospita un “Weekend Clinic”, in cui saranno concentrati vari interventi chirurgici per “restituire” il sorriso ai piccoli pazienti e avviare un percorso di cura mirato a un concreto inserimento sociale perché le malformazioni del volto sono malattie estremamente invalidanti che pregiudicano una dignitosa vita sociale.