
SONO ANCORA QUI. I DESAPARECIDOS IN BRASILE NELLA NARRAZIONE DI CHI È RIMASTO
La storia di Eunice Facciolla Paiva e il dramma dei desaparecidos in Brasile. Così Marcelo Rubens Paiva mantiene viva la memoria storica di un Paese sconvolto da violenze e ingiustizie e la pellicola ispirata al libro è miglior film internazionale agli Oscar 2025
03 Marzo 2025
4 MINUTI di lettura
ASCOLTA L'ARTICOLO
Io sono ancora qui è il primo film brasiliano ad aggiudicarsi un Oscar come miglior film internazionale. Il libro che lo ha ispirato è stato tradotto in italiano dal portoghese e pubblicato da La nuova frontiera. Sono ancora qui è una storia vera che tira fuori dal passato il dramma dei desaparecidos in Brasile analizzando la vicenda di una famiglia, i Paiva, scritta da Marcelo Rubens Paiva. Il 20 gennaio 1971 il padre Rubens, ingegnere civile, ex deputato e oppositore della dittatura militare che dal 1° aprile 1964 al 15 marzo 1985 governò il Brasile nel contesto della Guerra fredda, viene sequestrato dalla sua casa a Rio de Janeiro e portato in un centro di detenzione: di lui non si saprà più nulla. Eunice Facciolla Paiva – che si era sposata con lui quando aveva 23 anni e allora ne aveva 41 – rimane sola con cinque figli, ma non si arrende al dolore: riprende gli studi, si laurea in Legge e diventa un’attivista per i diritti civili, in prima linea nel lungo processo di democratizzazione del Paese, insegnando ai figli a lottare a testa alta e con il sorriso contro le ingiustizie e i soprusi del regime. Decenni dopo, si ammala di Alzheimer e il figlio – classe 1959, diventato scrittore, drammaturgo e sceneggiatore – decide di fissare su carta i ricordi per amore verso i genitori, ma anche per mantenere viva la memoria storica di un Paese sconvolto da violenze e ingiustizie.

Sono ancora qui: una vicenda universale e contemporanea
«Non ha mai provato dispiacere per sé stessa. Né voleva che noi provassimo dispiacere per lei. Non ha mai chiesto aiuto. Di recente, una nuova frase piena di significato è entrata nel suo repertorio, soprattutto quando un turbinio di emozioni la travolge, come rivedere una figlia che vive in Europa o tenere in braccio mio figlio, una frase che esprime una gioia e un monito, nel caso qualcuno non lo avesse notato: Io sono ancora qui. Sono ancora qui», scrive Marcelo Rubens Paiva a proposito della madre, di origini italiane, scomparsa il 18 dicembre 2018 a 89 anni. Ed evidenzia il clima che si respirava in casa loro, paragonando il loro vissuto a quello di tanti altri: «La nostra era una famiglia felice distrutta dalle circostanze della storia, come avviene oggi in molti posti del mondo». A riprova che quella dei Paiva è una vicenda universale e contemporanea, che tristemente si ripete laddove ci siano repressione violenta, conflitti, persecuzioni, guerre.
Il punto di vista di chi è rimasto
«Quando ho letto per la prima volta Sono ancora qui mi sono commosso profondamente. La storia dei desaparecidos, le persone strappate alle loro vite dalla dittatura brasiliana, veniva raccontata per la prima volta dal punto di vista di coloro che erano rimasti. L’esperienza di una donna, Eunice Paiva, madre di cinque figli, conteneva sia una storia di sopravvivenza al lutto sia lo specchio di una nazione ferita», ha dichiarato Walter Salles, regista di Io sono ancora qui (Ainda estou aqui), che sta facendo incetta di premi: all’81° Mostra del cinema di Venezia si è aggiudicato quello per la migliore sceneggiatura, mentre la protagonista Fernanda Torres (che interpreta Eunice Facciolla Paiva) si è aggiudicata il Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico. E agli Oscar 2025 si aggiudica la statuetta come Miglior film internazionale. La lavorazione del film è durata 7 anni: da ragazzo il regista – che ha diretto “Central do Brasil” (1998) e “I diari della motocicletta” (2004) – aveva frequentato la famiglia Paiva, istaurando un rapporto di amicizia con i figli; dopo aver letto il libro, è rimasto così colpito da decidere di realizzarne un adattamento cinematografico.

Recuperare la memoria
I temi sociali affrontati dal libro e dalla pellicola sono di peso e intramontabili: dalla violazione dei diritti umani e civili al carcere, dalla elaborazione (e sopravvivenza) al lutto alla ricerca di un impegno sociale al posto di una pur legittima chiusura per il dolore di una perdita senza neppure la consolazione di una sepoltura, dalla forza di una famiglia che non si disgrega sotto il peso di una sofferenza priva di risposte all’arrivo dell’Alzheimer che rischia di minare i ricordi più cari e per 15 anni eroderà progressivamente la memoria di Eunice, ma non potrà cancellarla perché il figlio Marcelo aveva già fatto tesoro dei racconti materni. Una narrazione prima di pietismo e sentimentalismo, anzi densa di ironia e realismo pragmatico, di chi cerca la verità, di chi lotta per la giustizia, di chi ama senza riserve. Per questi accenti universali la vicenda dei Paiva conquista ed è facile identificarsi o comunque partecipare emotivamente alla loro storia.
Marcelo Rubens Paiva
Sono ancora qui
La nuova frontiera
pp.288, € 18,00
