“SORRY WE MISSED YOU”, IL FILM CHE RACCONTA COME AMAZON CI RUBA VITA E DIRITTI
Il nuovo film di Ken Loach sulle condizioni disumane di lavoro che la nuova economia sta creando, impedendo anche la vita familiare e di relazione
02 Gennaio 2020
Quanti di voi, in occasione di questo Natale, hanno comprato i propri regali di Natale on line, su Amazon? Non è per farvi sentire in colpa, ma quando vedrete il nuovo film di Ken Loach, “Sorry We Missed You“, in uscita in Italia il 2 gennaio, non riuscirete a guardare più i corrieri che vi hanno portato i pacchi allo stesso modo. Il film del più politico dei cineasti inglesi racconta un nuovo mondo del lavoro: quello che l’economia globalizzata delle grandi aziende on line ha messo in piedi. Un mondo fatto di orari e condizioni disumane, una nuova schiavitù travestita da libertà.
Ti dicono «Non lavori per noi, ma lavori con noi. Non vieni assunto, ma vieni inserito». Ricky (Kris Hitchen), padre di famiglia con una vita da operario nell’edilizia, si lancia con entusiasmo nel suo nuovo lavoro da autotrasportatore. È uno dei corrieri che distribuiscono i pacchi per colossi dell’economia come Amazon, Apple, Samsung. In teoria lavora in proprio, con un mezzo di sua proprietà, ed è solo affiliato all’azienda di spedizioni. In teoria è padrone di se stesso. In pratica è sottoposto a orari di lavoro sfiancanti (fino a 14 ore al giorno), a non avere mai pause, a non avere diritto a permessi o giorni liberi non previsti. Per ogni imprevisto, o giorno di lavoro saltato, paga multe salatissime, che gli fanno perdere velocemente molto denaro. A volte non può neanche fermarsi per fare la pipì, e risolve con una bottiglia di plastica.
La storia si svolge a Newcastle, Inghilterra, ma tutto questo avviene anche qui e ora. Sui social network abbiamo letto la storia di un corriere di Amazon, qui a Roma, stremato, che ha raccontato di dover fare 200 consegne in 400 minuti…
COMANDANO I GRANDI. «Spero che il film comunichi la sensazione che tutto questo è qualcosa di intollerabile, qualcosa che non possiamo sopportare», ha dichiarato Loach. «Sono le esigenze delle grandi imprese a far sì che le cose possano essere così, e il manager del deposito lo spiega nel corso del film. C’è concorrenza tra questo deposito e tutti gli altri depositi, e il lavoro verrà dato a chi è più veloce, più economico e più affidabile. Il costo di tutto questo è una classe operaria che è sfruttata oltre ogni limite. Sappiamo che il capo di Amazon è l’uomo più ricco al mondo. E questa diseguaglianza così marcata è qualcosa che non si può sopportare».
Ma il problema non è solo la tutela di chi lavora, ma anche la tutela del nostro pianeta. «Non è solo la diseguaglianza, è la distruzione del pianeta», fa notare il cineasta inglese. «Ciascuno di quei furgoni non fa che bruciare combustibili fossili. Ogni pacchetto viene trasportato da un furgone che brucia benzina. E questo colpirà i figli dei borghesi tanto quanto colpirà quello dei figli della working class».
IL NOSTRO TEMPO RUBATO. A Ken Loach interessano le giornate di Ricky, e lo segue con una macchina da presa nervosa che coglie tutta la sua ansia, quel vivere nella completa impossibilità di fare il minimo passo falso, di non potersi permettere neanche una piccola caduta. Ma a lui interessa anche quanto tutto questo si riversi sulla sua famiglia. La moglie Abbie (Debbie Honeywood) è senza macchina, perché l’ha venduta per comprare il furgone di Ricky, lavora nell’assistenza domiciliare, ed è costretta a coprire lunghe distanze con i mezzi, per lavorare; il figlio più grande ha difficoltà tra le assenze da scuola e piccoli furti e atti vandalici, e soffre più di tutti l’assenza del padre a casa e accanto a lui. Alla figlia più piccola manca semplicemente il suo papà. E lui non può neanche portarla con sé sul furgone, perché la ditta non lo permette.
Quello che emerge da “Sorry We Missed You”, è una delle chiavi del mondo del lavoro di oggi: rubare completamente il nostro tempo, ogni possibile attimo libero, ogni doverosa attenzione ai nostri affetti. «È proprio il tempo, che ci viene rubato», riflette Ken Loach. «La gente lavora per avere dei bei momenti di vita con la famiglia e gli amici, ma questo diventa sempre più impossibile. E questo vale anche per i dirigenti, non solo per le persone che lavorano ai livelli più bassi». «La tecnologia oggi fa sì che le persone siano reperibili continuamente», aggiunge. «La tecnologia è neutrale, il problema è: chi la possiede? Ricky è governato dalla tecnologia all’interno del suo furgone. Ma potremmo utilizzarla per rendere migliore la nostra vita. Il partito laburista ha detto semplicemente: utilizzeremo la tecnologia per ridurre l’orario di lavoro settimanale. E punteremo ad avere una settimana lavorativa di 32 ore in futuro. Sono stati derisi e ridicolizzati. Eppure è una cosa di buon senso. Ma questo è un esempio delle cose che li hanno portati a perdere le elezioni».
Sorry We Missed You è la scritta standard sul bigliettino, che i corrieri lasciano quando non trovano il destinatario, che vuol dire «ci spiace non ti abbiamo trovato». Ma la frase vuol dire anche «ci dispiace, ci sei mancato», che potrebbe essere un messaggio a Ricky da parte dei suoi cari.
I SINDACATI E LA GENTE. Ken Loach aveva colto i cambiamenti nel mondo del lavoro già nel 2007 con “In questo mondo libero”, la storia di due donne che aprono un’agenzia di lavoro interinale, per reclutare lavoratori nei Paesi dell’Est Europa e iniziano ben presto a sfruttarli, in fondo per la loro sopravvivenza. Già allora ci raccontava di una condizione hobbesiana di homo homini lupus, in cui non si lavora con chi abbiamo vicino, ma contro di lui. Le dinamiche, in parte, sono le stesse anche in questa storia: quella di una guerra tra poveri.
Il paradosso del mondo di oggi, che “Sorry We Missed You” evidenzia in modo inequivocabile, è che, a differenza di altre storie, la tragedia qui non è la disoccupazione, ma il fatto di continuare a lavorare, ma senza sosta, senza tutela, senza respiro. È un mondo del lavoro completamente nuovo. E allora come possono organizzarsi i lavoratori? «Credo che i sindacati debbano riscoprire i loro metodi originali» riflette Loach. «Quando sono stati creati i sindacati la gente viveva in questa situazione. Per esempio i muratori andavano individualmente presso un cantiere e chiedevano di essere assunti. I portuali si riunivano intorno alla banchina agitando il loro cartellino, cercando di farsi assumere, ed erano uno conto l’altro. I sindacati non hanno bisogno di uffici grossi e costosi, ma di persone che siano in grado di organizzare i lavoratori, che scendano tra la gente». Quelli che vediamo nel film sono tutti autisti o ex autisti. E anche l’attore protagonista ha lavorato come idraulico e ha passato spesso le sue giornate su un furgone.
QUALE EUROPA? La Gran Bretagna ora è fuori dall’Europa. Ma chiediamo a Ken Loach se l’Europa riuscirà a mettere un freno a un mercato e un mondo del lavoro, che stanno prendendo la deriva che abbiamo visto in questo film. «Il problema dell’Unione Europea visto da sinistra è un paradosso», commenta amaro Loach. «Vogliamo mostrare solidarietà con le persone e i lavoratori di tutti i Paesi europei, ma non possiamo farlo in un’unione economica basata sul libero mercato. Questo è nei principi guida dell’Unione Europea. E questo è il sistema che produce la crudeltà che abbiamo cercato di mostrare nel film. Per cui: sì all’Unione Europea, ma non a questa».
Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org