LA BATTAGLIA PER IL CLIMA COMINCIA DALLA SPESA. RESPONSABILE.
Venerdì 28 settembre sarà il primo Saturday for Future. Ne abbiamo parlato con Enrico Giovannini, presidente di Asvis
di Paola Fabi
24 Settembre 2019
I giovani il venerdì in piazza per chiedere ai governanti di impegnarsi per salvare il pianeta e i genitori, il sabato, al supermercato con una spesa responsabile nel carrello. È questa l’idea lanciata da Next e Asvis che hanno fissato il primo appuntamento dei “Saturdays for Future” il 28 settembre prossimo (il giorno dopo il terzo sciopero globale per il clima) per sensibilizzare consumatori, produttori e industrie ad acquisti sostenibili per l’ambiente e i lavoratori. Consumare in modo consapevole e responsabile, spiega a “Reti Solidali” il portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis) Enrico Giovannini, «significa evitare gli sprechi, ridurre i rifiuti, riciclare e scegliere responsabilmente i prodotti guardando alla sostenibilità del nostro modello di sviluppo». Un cambio di abitudini che potrebbe determinare un processo virtuoso «rendendo le aziende più responsabili verso l’ambiente, ma anche verso i propri lavoratori».
Perché è stato scelto il sabato come giorno?
«I ragazzi che organizzano i “Fridays for Future” hanno acceso l’attenzione sui temi della lotta al cambiamento climatico e della protezione dell’ambiente in maniera straordinaria. E allora mi sono chiesto: ma perché dobbiamo salvare il pianeta solo il venerdì? Dovremmo farlo tutta la settimana e possiamo iniziare il giorno dopo la manifestazione del venerdì, cioè il sabato che è il giorno in cui oltre il 50 per cento degli italiani va a fare la spesa, che speriamo diventi sempre più una spesa responsabile. Sarebbe bello che, tornando a casa dopo lo sciopero globale, un ragazzo dicesse ai genitori “il futuro dipende anche da come farai la spesa domani”. L’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030, che parla di consumo e produzione responsabili, chiama tutti a un cambiamento degli stili di vita e quindi anche della produzione. Consumare in modo consapevole e responsabile vuol dire evitare gli sprechi, ridurre i rifiuti, e scegliere in modo responsabile i prodotti che si acquistano, guardando alla sostenibilità del nostro modello di sviluppo».
Gli italiani sono sensibili a queste tematiche?
«C’è una crescente sensibilità dei consumatori italiani, soprattutto sul chilometro zero, ma anche su altri aspetti della sostenibilità. Certo, quello del 28 settembre è un inizio, ma poi sarà necessario proseguire nell’opera di sensibilizzazione che, ribadisco, non riguarda solo i consumatori, ma anche i produttori e le catene della distribuzione».
E stanno rispondendo?
«Sì. Molte associazioni di consumatori e della grande distribuzione, riunite all’interno dell’Asvise nel “Consumers forum”, hanno iniziato a collaborare per spiegare a tutti i distributori come sensibilizzare i consumatori, ma anche i produttori. Inoltre, con alcune catene di supermercati abbiamo cominciato a evidenziare le caratteristiche dei prodotti che espongono, rispetto alla dimensione di sostenibilità sociale a ambientale. L’informazione su questi temi spinge a cambiare lo stile di vita: lo abbiamo visto chiaramente nei flashmob organizzati da Next durante il Festival italiano per lo sviluppo sostenibile e nei supermercati, quando all’ingresso vengono indicati i rating sociali e ambientali delle varie società. Le persone riorientano decisamente i propri consumi verso chi ha comportamenti più responsabili».
La spesa responsabile quindi è una questione di informazione oltre che di educazione?
«Certamente. Il “Saturdays for Future” è solo il primo passo verso uno stile di vita diverso, ma serve il coinvolgimento dei produttori, ed è necessario un cambiamento profondo. Ci sono già molte novità in questo senso come, per esempio, i Qcode che forniscono molte informazioni agli utenti, ma serve anche una riflessione a livello internazionale, per far sì che le etichette parlino e raccontino quali sono gli impegni del produttore verso l’ambiente e la sostenibilità».
Ci sono però molte famiglie che, per problemi economici, non possono permettersi di fare una spesa responsabile.
«È vero, molti hanno difficoltà a scegliere prodotti che sono realizzati nel rispetto ambientale e dei lavoratori, perché costano di più. Ma questo non è sempre vero e le alternative ci sono: ad esempio, si possono scegliere prodotti con meno imballaggio, oppure si può risparmiare energia, acqua, ecc. In questo caso si risparmia, anche in modo significativo. Il comportamento responsabile è quello che serve a tutti i livelli. I nostri consumi, del resto, sono fatti in ogni momento e sono parte di una catena, quindi anche coloro che hanno dei vincoli possono porre attenzione a questi aspetti e magari scoprire che in molti casi è possibile coniugare il risparmio e la sostenibilità».
Sostenibilità che riguarda anche il tema sociale e quello dei lavoratori sottopagati?
«Molto spesso è così. Un prodotto a basso costo è stato realizzato da un lavoratore pagato male. Purtroppo, la globalizzazione ha portato al commercio internazionale di prodotti realizzati senza le regole di tutela non solo dell’ambiente, ma anche del lavoro. Adesso però anche le multinazionali stanno cambiando, anche perché i mercati, grazie anche ai social media, puniscono con severità le imprese che vengono “beccate” a non comportarsi bene».
E le istituzioni rispondono, e come, a queste sollecitazioni che arrivano dalla società civile?
«Possono fare tantissimo. Faccio un esempio: la ristorazione collettiva (asili nidi, mense aziendali, ecc.) possono essere motori formidabili del cambiamento. Così come negli appalti pubblici si può utilizzare molto di più il green public procurement, che è previsto dall’ordinamento italiano. Ma al di là della regolamentazione, nei comportamenti quotidiani della pubblica amministrazione si può fare molto. Il Presidente Conte ha risposto rapidamente all’articolo con cui Leonardo Becchetti (presidente del comitato scientifico di Next) e io abbiamo lanciato questa idea e quindi, visto che è ancora presidente del consiglio, chiederemo a lui e al ministero per le Pubblica amministrazione di assumere degli impegni concreti su questi aspetti. Il 28 si comincia e poi si prosegue».
Dalle linee programmatiche del governo ci sono accenni alla sostenibilità?
«Per la prima volta nell’agenda di un governo si parla dell’Agenda 2030. Si cita spesso lo sviluppo sostenibile, non solo per la protezione dell’ambiente – finalmente – ma anche per la riorganizzazione del sistema produttivo italiano».
Perché finalmente?
«Perché l’Agenda 2030 non riguarda solo l’ambiente, ma anche l’economia, la società e le istituzioni e richiede un cambiamento profondo del sistema produttivo, economico e sociale. Nel programma del governo ci sono una serie di proposte che sono chiaramente provenienti dall’Asvis: l’inserimento in Costituzione del principio dello sviluppo sostenibile che è un principio di giustizia, e l’introduzione di un’agenda urbana sostenibile. Adesso ogni città è lasciata a se stessa nell’affrontare questioni colossali, come la mobilità sostenibile, la gestione delle periferie, la lotta all’inquinamento, e questo non è efficiente, né efficace».
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