SPORT E DISABILITÀ: A RIETI VINCE L’INCLUSIONE
L’associazione Atletica Sport Terapia Rieti avvia allo sport ragazzi con disabilità intellettiva. E così si batte il record dell’integrazione
20 Giugno 2014
Uno di loro ha stabilito il nuovo record nazionale nel lancio del giavellotto. Altri hanno ottenuto un bell’esordio stagionale agli ultimi Giochi regionali di Bocce. Partecipano a trofei interprovinciali, competizioni regionali e, quando si riesce, nazionali. Sono i ragazzi seguiti dall’associazione sportiva dilettantistica Atletica Sport Terapia Rieti, che organizza attività di avviamento allo sport per ragazzi con disabilità prevalentemente intellettiva, dai 6 ai 45 anni.
«La nostra associazione, che aderisce ai programmi dello Special Olympics ed è affiliata alla Federazione italiana Sport Disabilità intellettiva relazionale, ha più di vent’anni», ricorda Giuseppe Sidoti, consigliere, che cura tra l’altro i rapporti con le famiglie, «ed è nata un po’ per gioco, grazie anche allo stimolo di professori di ginnastica che hanno inserito nell’attività fisica anche i ragazzi disabili. Poi con il tempo si è evoluta, perché i familiari hanno capito che l’attività sportiva fa bene ai ragazzi, impegnati a raggiungere degli obiettivi, sia a livello fisico che psicologico». Il gioco delle Bocce, inserito in un secondo momento un po’ per scommessa, è piaciuto subito anche ai familiari. «È molto impegnativo, per tutti quanti» spiega Sidoti, «ma lo facciamo tutti volentieri. Chi può sta con i ragazzi durante l’attività, abbiamo istruttori Isef che li seguono, quando resta qualche soldo si fa una gita. E poi ci sono i familiari».
La risorsa famiglia
E proprio i familiari per l’associazione sono una risorsa preziosa. «A Rieti mancano strutture per i ragazzi disabili, la maggioranza sta in casa e per noi è dispendioso contattarli e coinvolgerli. Ora ce ne sono circa 15, che abbiamo raggiunto con il passaparola, ma sono pochi. Le difficoltà non mancano: Rieti non è una grande città, i piccoli centri intorno sono montuosi e poco collegati. Abbiamo qualche ragazzo che andiamo a prendere e riportiamo a casa con un pulmino, che, però, ha solo 9 posti e per noi è un costo, anche in termini di tempo, perché le distanze sono ampie». Per questo, poter contare sul sostegno dei familiari dei ragazzi è importante, sia per il contributo economico all’associazione sia nel rapporto con i ragazzi: «Per Natale o Pasqua usavamo organizzare una cena al ristorante per stare insieme, ma da un paio di anni la cena la prepariamo noi familiari e mettiamo quello che si spendeva al ristorante, autofinanziando l’associazione. Ma non solo, il familiare agevola anche la comprensione di alcuni meccanismi che possono sfuggire nello scambio con i ragazzi. Quello che manca, forse, è il supporto di uno psicologo, ma ora non ce lo possiamo permettere».
Capire le risorse
Lo sport, certo, è solo una parte delle attività che favoriscono l’integrazione delle persone con disabilità, come sottolinea Glauco Perani, presidente di Atletica Sport Terapia Rieti, alla quale «ne andrebbero affiancate altre per raggiungere una integrazione reale, come quella scolastica e, possibilmente, quella lavorativa, oltre alla partecipazione alla vita della collettività. Noi privilegiamo attività integrate con i ragazzi normodotati, il che consente anche di educare questi ultimi. Attività che vengono arricchite anche dagli incontri con le scuole proprio per favorire la conoscenza e l’accettazione di una diversità che è di tutti noi».
Nonostante tutte le difficoltà, quando Marino ha battuto il vecchio record nazionale al giavellotto è stata una soddisfazione, racconta Sidoti, «non solo per noi. Ottenere un record nazionale con un disabile è una cosa a cui non penseresti mai e lui se ne è reso conto, ne è orgoglioso, lo racconta, si è fatto anche la foto con il Sindaco di Rieti». Il metodo, in questo è semplice, ma importante. «Da noi non trovi i ragazzi che fanno i cento metri in nove secondi, ognuno corre a modo suo però ce la fanno tutti a far tutto. Bisogna capire le possibilità del ragazzo, perché facendo fare una cosa in cui non riesce si crea la sconfitta e lui non va avanti. I ragazzi che vengono a fare attività devono giocare, devono uscire stanchi e allegri, non demoralizzati». E quando si fa una gara si premia anche l’ultimo arrivato. Perché si può sempre riprovare la prossima volta, ma bisogna sentirsi incoraggiati. Ed è così che, coinvolgendo i familiari, mettendo insieme qualche risorsa, impegnandosi e divertendosi, si arriva anche a battere i record.